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Modello Organizzativo

Parte Generale

1. IL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231, IN MATERIA DI RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE, DELLE SOCIETA’ E DELLE ASSOCIAZIONI ANCHE PRIVE DI PERSONALITA’ GIURIDICA

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, che, in attuazione della Legge Delega 29 settembre 2000, n. 300, ha introdotto in Italia la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, si inserisce in un ampio processo legislativo di lotta alla corruzione ed ha adeguato la normativa italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune Convenzioni Internazionali precedentemente sottoscritte dall’Italia (in particolare la Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari della Comunità Europea, la Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997 sulla lotta alla corruzione di funzionari pubblici sia delle Comunità Europee che degli Stati membri e la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche ed internazionali).

Il D. Lgs. n. 231/01 stabilisce, pertanto, un regime di responsabilità amministrativa (equiparabile sostanzialmente alla responsabilità penale), a carico delle persone giuridiche, che va ad aggiungersi alla responsabilità della persona fisica che ha realizzato materialmente il singolo reato e che mira a coinvolgere, nella punizione dello stesso, gli Enti nel cui interesse o vantaggio tale reato è stato compiuto.


L’art. 4 del D. Lgs. n. 231/01 precisa, inoltre, che nei casi ed alle condizioni previsti dagli artt. 7, 8, 9 e 10 c.p., sussiste la responsabilità amministrativa degli Enti che hanno sede principale nel territorio dello Stato per i reati commessi all’estero dalle persone fisiche a condizione che nei confronti di tali Enti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto criminoso.

I punti chiave del D. Lgs. n. 231/01 riguardano:
a) l’individuazione delle persone che, commettendo un reato nell’interesse o a vantaggio dell’Ente, ne possono determinare la responsabilità. In particolare, possono essere:
(i) Soggetti Apicali, cioè le persone fisiche che rivestono posizioni di vertice (Amministratori, Direttori e Responsabili di Funzione o direzione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale) o persone che esercitano, di fatto, la gestione ed il controllo;
(ii) i Soggetti Sottoposti, cioè le persone fisiche sottoposte alla direzione o vigilanza di uno dei Soggetti Apicali.

Secondo gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali formatisi sull’argomento, non è necessario che i Soggetti Sottoposti abbiano con l’Ente un rapporto di lavoro subordinato, ma è sufficiente che tra tali soggetti e l’Ente vi sia un rapporto di collaborazione.

Appare, quindi, più opportuno fare riferimento alla nozione di “soggetti appartenenti all’Ente”, dovendosi ricomprendere in tale nozione anche “quei prestatori di lavoro che, pur non essendo “dipendenti” dell’ente, abbiano con esso un rapporto tale da far ritenere sussistere un obbligo di vigilanza da parte dei vertici dell’ente medesimo: si pensi ad esempio, agli agenti, ai partners in operazioni di jointventures, ai c.d. parasubordinati in genere, ai distributori, fornitori, consulenti, collaboratori”.

a) la tipologia dei reati previsti e, più precisamente:
b) reati commessi in danno della Pubblica Amministrazione, di cui agli artt. 24 e 25 del D.Lgs. n. 231/01, per come modificati dalla Legge n. 69/2015 dalla Legge n. 3/2019, dal D. Lgs. n. 75/2020 e da ultimo dalla Legge n. 25/2022;
c) delitti informatici e trattamento illecito di dati, introdotti dall’art. 7 della Legge n. 48/2008, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art.24-bis, e modificati dai D. Lgs. n. 7 e 8 del 2016 e da ultimo dalla Legge n. 133/2019;
d) delitti di criminalità organizzata, introdotti dall’art. 2, comma 29 della Legge n. 94/2009, come modificati dalla Legge 69/2015, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 e modificato l’art. 24-ter;
e) reati in tema di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valoriin bollo e in strumenti o segni di riconoscimento, introdotti dall’art.6 del D.L. n. 350/2001, convertito dalla Legge n. 409/2001, come modificati dalla Legge n. 99/2009, che ha inserito nel D. Lgs. n.231/01 l’art. 25-bis, e successivamente modificati dal D. Lgs. n. 125/2016;
f) delitti contro l’industria ed il commercio, introdotti dalla Legge n.99/2009, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-bis.1;
g) reati in materia societaria, introdotti dall’art. 3 del D. Lgs. n.61/2002, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 e modificato l’art.25-ter, da ultimo modificati dalla Legge n. 3/2019 e dal D. Lgs. n.19/2023;
h) delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico,introdotti dall’art. 3 della Legge n. 7/2003, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-quater;
i) pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, introdotti dall'art. 8 della Legge n. 7/2006, che ha inserito nel D. Lgs. n.231/01 l’art. 25-quater.1;
j) delitti contro la personalità individuale, introdotti dall’art. 5 della Legge n. 228/2003, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-quinquies;
k) reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato, previsti dalla parte V, titolo I-bis, capo II, del testo unico di cui al D.Lgs. 58/1998, introdotti dall’art. 9 della Legge n. 62/2005, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-sexies;
l) reati previsti e puniti dagli artt. 589 e 590 c.p., inerenti, rispettivamente, all’omicidio colposo ed alle lesioni colpose gravi o gravissime, qualora siano stati commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, così come introdotti dall’art. 9 della Legge n. 123/2007, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-septies;
m) reati previsti e puniti dagli artt. 648, 648 bis, 648 ter e 648 ter.1 c.p., inerenti, rispettivamente, a ricettazione, riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio, così come introdotti dall’art. 63 del D. Lgs. n. 231/2007 e dalla Legge 186/2014, che hanno inserito nel D. Lgs. n. 231/01 e modificato l’art. 25-octies;
n) delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dal contante,introdotti dal D. Lgs. 184/2021, che ha inserito nel D. Lgs. n.231/01 l’art. 25-octies.1;
o) delitti in materia di violazione del diritto d’autore previsti dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633, introdotti dalla Legge n. 99/2009, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01, l’art. 25-novies;
p) reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, introdotto dalla Legge n.116/2009 di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-decies;
q) reati ambientali, introdotti dall’art. 2 del D. Lgs. n. 121/2011, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-undecies, da ultimo modificati dal D. Lgs. n. 116/2020;
r) impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, introdotto dalla Legge 109/2012 che ha inserito nel D. Lgs. 231/01 l’art.25-duodecies, , per come successivamente modificato dalla Legge n. 161/2017, che ha introdotto i commi 1-bis e 1-ter;
s) reati di razzismo e xenofobia, introdotti dall’art. 5 della Legge n.167/2017 che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-terdecies, come modificati dal D. Lgs. 21/2018 che ha abrogato l’art. 3, comma 3-bis, della Legge n. 654/19753;
t) reati di frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d'azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati, introdotti dalla Legge n. 39/2019, che ha inserito nel D. Lgs.n. 231/2001 l’art. 25-quaterdecies;
u) reati tributari, introdotti dalla Legge n. 157/2019, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/2001 l’art. 25-quinquesdecies, da ultimo modificato dal D. Lgs. n. 75/2020 e dal D.Lgs. n. 156/2022;
v) reati di contrabbando, introdotti dal D. Lgs. n. 75/2020, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/2001 l’art. 25-sexiesdecies;
w) delitti contro il patrimonio culturale, introdotti dalla Legge 9 marzo 2022, n. 22, che ha inserito nel D. Lgs. n. 231/2001 gli artt. 25-septiesdecies e 25-duodevicies;
x) reati aventi carattere transnazionale4, previsti e puniti dagli artt.416, 416 bis, 377 bis e 378 c.p., dall’art. 74 del D.P.R. 309/1990 e dall’art. 12 del D.Lgs. 286/1998, introdotti dalla Legge 146/2006.
Per una descrizione dei reati presupposto e delle sanzioni previste dal D. Lgs. n. 231/01 in caso di loro commissione si rinvia all’allegato Allegato (a).
È da tenere presente, inoltre, che la norma di cui all’art. 26 del D.Lgs. n. 231/01, dettata in tema di delitti tentati, prevede esplicitamente che: “ Le sanzioni pecuniarie e interdittive sono ridotte da un terzo alla metà in relazione alla commissione, nelle forme del tentativo, dei delitti indicati nel presente capo del decreto. L'ente non risponde quando volontariamente impedisce il compimento dell'azione o la realizzazione dell'evento”.
a) l’aver commesso il reato nell’”interesse” o a “vantaggio” dell’Ente.
In merito, va tenuto in considerazione che, secondo gli orientamenti giurisprudenziali espressi in materia, l’interesse viene definito come la semplice “intenzione” psicologica dell’autore del reato, valutabile ex ante dal Giudice. Per vantaggio, invece, si intende qualunque beneficio derivante dal reato commesso, valutabile ex post dall’autorità giudiziaria.
b) il non aver adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
In considerazione di quanto indicato ai punti a), b), c) e d) che precedono e che costituiscono i presupposti della responsabilità in commento, la Società ha scelto di predisporre ed efficacemente applicare il modello, come illustrato al successivo paragrafo 5.

2• Sanzioni

Le sanzioni previste per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:
(a) Sanzione amministrativa pecuniaria;
(b) Sanzioni interdittive;
(c) Confisca;
(d) Pubblicazione della sentenza di condanna.
(a) La sanzione amministrativa pecuniaria
La sanzione amministrativa pecuniaria, disciplinata dagli artt. 10 e seguenti del D. Lgs. n. 231/01, costituisce la sanzione “di base”, di necessaria applicazione del cui pagamento risponde l’Ente con il suo patrimonio o con il fondo comune.

La sanzione amministrativa pecuniaria, disciplinata dagli artt. 10 e seguenti del D. Lgs. n. 231/01, costituisce la sanzione “di base”, di necessaria applicazione del cui pagamento risponde l’Ente con il suo patrimonio o con il fondo comune. Il Legislatore ha adottato un criterio innovativo di commisurazione di tale sanzione, attribuendo al Giudice l’obbligo di procedere a due diverse e successive operazioni di apprezzamento, al fine di un maggiore adeguamento della sanzione alla gravità del fatto ed alle condizioni economiche dell’Ente. Con la prima valutazione il Giudice determina il numero delle quote (non inferiore a cento, né superiore a mille, fatto salvo quanto previsto dall’art. 25-septies “Omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro” che al primo comma in relazione al delitto di cui all’articolo 589 c.p. commesso con violazione dell’art. 55, 2° comma, D. Lgs. 81/2008 prevede una sanzione pari a mille quote), tenendo conto:
1. della gravità del fatto;
2. del grado di responsabilità dell’Ente;
3. dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.
Nel corso della seconda valutazione il Giudice determina, entro i valori minimi e massimi predeterminati in relazione agli illeciti sanzionati, il valore di ciascuna quota (da un minimo di Euro 258,23 ad un massimo di Euro 1.549,37) “sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente allo scopo di assicurare l’efficacia della sanzione” (art. 11, 2° comma, D. Lgs. n. 231/01).
Come affermato al punto 5.1 della Relazione al D. Lgs. n. 231/01, al fine di accertare le condizioni economiche e patrimoniali dell’Ente, ”il giudice potrà avvalersi dei bilanci o delle altre scritture comunque idonee a fotografare tali condizioni. In taluni casi, la prova potrà essere conseguita anche tenendo in considerazione le dimensioni dell’ente e la sua posizione sul mercato. (…) Il giudice non potrà fare a meno di calarsi, con l’ausilio di consulenti, nella realtà dell’impresa, dove potrà attingere anche le informazioni relative allo stato di solidità economica, finanziaria e patrimoniale dell’ente”.
L’art. 12 del D. Lgs. n. 231/01 prevede una serie di casi in cui la sanzione pecuniaria viene ridotta. Essi sono schematicamente riassunti nella tabella sottostante con indicazione della riduzione apportata e dei presupposti per l’applicazione della riduzione stessa.

Riduzione 1/2 (e non può comunque essere superiore ad Euro 103.291,38)
-L’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e
l’Ente non ne ha ricavato un vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo; oppure
-Il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.

Riduzione da 1/3 a 1/2
[Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado]
-L’Ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguen ze dannose o
pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; oppure
-È stato attuato e reso operativo un modello organizzativo idono a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Riduzione da 1/2 a 2/3
[Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado]
-L’Ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; e
-È stato attuato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

(b) Le sanzioni interdittive
Le sanzioni interdittive previste dal D. Lgs. n. 231/01 sono:
➢ l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
➢ il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
➢ la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
➢ l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e la revoca di quelli eventualmente già concessi;
➢ il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Differentemente dalla sanzione amministrativa pecuniaria, le sanzioni interdittive si applicano solo in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste (si vedano a questo proposito le tabelle riassuntive riportate nelle Parti Speciali del Modello) al ricorrere di almeno una delle condizioni di cui all’art. 13, D. Lgs. n. 231/01, di seguito indicate:
➢ “l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative”;
➢ “in caso di reiterazione degli illeciti” (id est: commissione di un illecito dipendente da reato nei cinque anni dalla sentenza definitiva di condanna per un altro precedente).
In ogni caso, non si procede all’applicazione delle sanzioni interdittive quando il reato è stato commesso nel prevalente interesse dell’autore o di terzi e l’Ente ne ha ricavato un vantaggio minimo o nullo, ovvero il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità. Esclude, altresì, l’applicazione delle sanzioni interdittive il fatto che l’Ente abbia posto in essere le condotte riparatorie previste dall’art. 17, D. Lgs. n. 231/01 e, più precisamente, quando concorrono le seguenti condizioni:
➢ “l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso”;
➢ “l’ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”;
➢ “l’ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca”.
Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive hanno una durata compresa tra tre mesi e due anni e la scelta della misura da applicare e della sua durata viene effettuata dal Giudice sulla base degli stessi criteri in precedenza indicati per la commisurazione della sanzione pecuniaria, “tenendo conto dell’idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso” (art. 14, D. Lgs. n. 231/01).
Il Legislatore si è poi preoccupato di precisare che l’interdizione dell’attività ha natura residuale rispetto alle altre sanzioni interdittive.
(c) La confisca
Ai sensi dell’art. 19, D. Lgs. n. 231/01 è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca – anche per equivalente – del prezzo (denaro o altra utilità economica data o promessa per indurre o determinare un altro soggetto a commettere il reato) o del profitto (utilità economica immediata ricavata) del reato, salvo per la parte che può essere restituita al danneggiato e fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
(d) La pubblicazione della sentenza di condanna
La pubblicazione in uno o più giornali della sentenza di condanna, per estratto o per intero, può essere disposta dal Giudice, unitamente all’affissione nel comune dove l’Ente ha la sede principale, quando è applicata una sanzione interdittiva. La pubblicazione è eseguita a cura della Cancelleria del Tribunale a spese dell’Ente.

3• Condotte esimenti la responsabilità amministrativa

Gli artt. 6 e 7 del D. Lgs. n. 231/01 prevedono forme specifiche di esonero dalla responsabilità amministrativa dell’Ente per i reati commessi nell’interesse o a vantaggio dello stesso sia da Soggetti Apicali sia da Soggetti Sottoposti.
In particolare, nel caso di reati commessi da Soggetti Apicali, l’art. 6 prevede l’esonero qualora l’Ente stesso dimostri che:
a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, “modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli nonché di proporne l’aggiornamento è stato affidato ad un Organismo di Vigilanza dell’Ente, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo;
c) le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente i modelli;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’OdV.
Per quanto concerne i Soggetti Sottoposti, l’art. 7 prevede l’esonero dalla responsabilità nel caso in cui l’Ente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, un modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Sempre il D. Lgs. n. 231/01 prevede che il modello risponda all’esigenza di:
1. individuare le attività nel cui ambito esiste la possibilità che siano commessi reati;
2. prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’Ente in relazione ai reati da prevenire;
3. individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di tali reati;
4. prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’OdV;
5. introdurre un sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello stesso.
Secondo il D. Lgs. n. 231/01 i modelli possono essere adottati sulla base di codici di comportamento redatti da associazioni rappresentative di categoria.
Confindustria ha emanato il 7 marzo 2002 apposite Linee Guida, aggiornate il 24 maggio 2004 e, da ultimo, in ragione del mutato quadro normativo, ulteriormente aggiornate in data 31 marzo 2008 e nel mese di marzo 2014.
Il presente modello tiene conto, oltre che, ovviamente, del dettato normativo, anche delle Linee Guida.

4• SIAS S.p.A. Società Benefit

Sias S.p.A. è stata costituita nel 1995. La sede legale della Società è situata a Darfo Boario Terme (BS).
La Società ha per oggetto sociale l’esercizio dell’attività di progettazione, produzione, vendita e posa di segnaletica stradale orizzontale, verticale, semaforica, cartellonistica, antinfortunistica e sistemi di sicurezza stradale
La Società è amministrata da un Consiglio di Amministrazione composto da tre membri e sottoposto al controllo del Collegio Sindacale, composto da cinque membri (tre effettivi e due supplenti) nominati per un periodo di tempo non superiore a tre esercizi.
Il Bilancio è certificato da una Società di Revisione.
La Società è iscritta nella sezione ordinaria della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Brescia con i seguenti estremi:
- numero REA: BS- 361323
- Codice Fiscale e Partita IVA: 01854400981
La Società ha adottato e aggiornato il Modello e nominato l’Organismo di Vigilanza.
L’indirizzo di posta elettronica dell’Organismo di Vigilanza istituito ai sensi del Decreto è il seguente:
organismodiviglianza@sias.it
Fermo quanto precede, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24, la Società mette a disposizione diversi canali per l’effettuazione delle segnalazioni, secondo quanto più dettagliatamente descritto al seguente link: https://siasspa.it/it/home/whistleblowing
Si precisa che le procedure pubblicate al link costituiscono, ai sensi e per gli effetti dell’art. 4 del D.Lgs. 24/2023 citato, parte integrante del Modello.

 

5• Il presente modello

5.1. La costituzione del Modello

La Società gode di un’eccellente reputazione sul mercato, si interfaccia con numerosi interlocutori ed è orgogliosa delle proprie tradizioni. La Società ritiene, pertanto, importante mantenere e migliorare ancor di più tale reputazione. In tale contesto globale, il successo a lungo termine della Società si è basato e si baserà sull’eccellenza negli affari, coerente con i massimi standard etici ed il rigoroso rispetto della normativa vigente. È forte il convincimento nella Società che l’osservanza delle leggi e una condotta etica siano non solo necessarie e moralmente corrette, ma costituiscano anche un modo efficace di gestire la propria attività d’impresa.

Ciò premesso, la Società - sensibile all'esigenza di assicurare condizioni di correttezza e di trasparenza nella conduzione degli affari e delle attività aziendali, a tutela della posizione e dell'immagine propria, delle aspettative dei propri azionisti e del lavoro dei propri dipendenti - ha ritenuto conforme alle proprie politiche aziendali procedere all'adozione del modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal Decreto.

Tale iniziativa è stata assunta nella convinzione che il Modello possa costituire un valido strumento di sensibilizzazione nei confronti di tutti i dipendenti della Società e di tutti gli altri soggetti alla stessa cointeressati (clienti, fornitori, partners, collaboratori a diverso titolo), affinché seguano, nell’espletamento delle proprie attività, comportamenti corretti e lineari ed affinché vi sia un’organizzazione tale da prevenire il rischio di commissione dei reati contemplati nel D. Lgs. n. 231/01.

Più specificamente, il Modello rappresenta il risultato dell’applicazione metodologica documentata dei criteri di identificazione dei rischi, da un lato, e di individuazione dei protocolli, ove attualmente esistenti, per la programmazione e la formazione ed attuazione delle decisioni della Società, dall’altro.

Nell’ottica di un processo di adeguamento continuo ai mutamenti societari, alle esigenze in divenire del mercato ed alla evoluzione normativa di riferimento, il Modello è volto ad imporre un sistema di comportamenti in grado di integrarsi efficientemente con l’operatività aziendale, pur essendo fermamente rivolto al perseguimento dei rigorosi principi finalistici che lo animano.

Il Modello si prefigge, infatti, di indurre i Soggetti Apicali, i Soggetti Sottoposti, nonché tutti coloro che, a qualsiasi titolo, operano nell’interesse o a vantaggio della Società, quale che sia il rapporto, anche temporaneo, che li lega alla stessa, ad acquisire la sensibilità necessaria a percepire la sussistenza dei rischi di commissione di reati nell’esercizio di determinate attività e, contemporaneamente, comprendere la portata, non solo personale, ma anche societaria, delle possibili conseguenze, in termini di sanzioni penali ed amministrative, in caso di consumazione di tali reati.

Con l’adozione e il successivo aggiornamento del Modello la Società si propone, infatti, di conseguire il pieno e consapevole rispetto dei principi su cui lo stesso si fonda, così da impedirne l’elusione fraudolenta e, nel contempo, contrastare fortemente tutte quelle condotte che siano contrarie alle disposizioni di legge ed ai principi etici che conformano l’attività della Società.

Sebbene l’adozione del Modello costituisca una “facoltà” e non un obbligo – non essendo soggetta ad alcuna sanzione la mancata implementazione dello stesso– la Società ha deciso di procedere alla sua predisposizione, adozione e al successivo aggiornamento, in quanto consapevole che tale sistema rappresenti, da un lato, un’opportunità per migliorare la sua Corporate Governance e, dall’altro, l’esimente dalla responsabilità amministrativa, come previsto dal D. Lgs. n.231/01 stesso.

A tal fine la Società ha avviato un importante progetto per garantire la predisposizione,l’adozione e il successivo aggiornamento del Modello. Tale progetto si è articolato in differenti fasi, dirette tutte alla costituzione di un sistema di prevenzione e gestione dei rischi, in linea con le disposizioni del D.Lgs. n. 231/01, delle Linee Guida, dei suggerimenti della migliore dottrina e degli orientamenti giurisprudenziali che sono stati espressi in materia.

Al contempo, dette attività, pur se finalizzate alla predisposizione del Modello (analisi dei rischi potenziali, valutazione e adeguamento del sistema dei controlli già esistenti sui processi sensibili), hanno costituito l’occasione per sensibilizzare, ancora una volta, le risorse impiegate rispetto ai termini del controllo e della conformità ai processi aziendali, finalizzati ad una prevenzione “attiva” dei reati.

Si descrivono, qui di seguito, brevemente, le fasi in cui è articolato il lavoro di individuazione delle attività a rischio, in base al quale successivamente si è dato luogo alla predisposizione e al successivo aggiornamento del Modello.
1) Identificazione dei processi sensibili (“as-is analysis”), attuata attraverso il previo esame della documentazione aziendale (organigrammi, attività svolte, processi principali, verbali consigli di amministrazione, verbali assemblee, procure, disposizioni organizzative, ecc.) e una serie di interviste con i soggetti chiave nell’ambito della struttura aziendale, mirate all’approfondimento dei processi sensibili e del controllo sugli stessi (procedure esistenti, verificabilità e documentabilità delle scelte aziendali, congruenza e coerenza delle operazioni, separazione delle responsabilità, documentabilità dei controlli, sistema delle deleghe e delle firme ecc.).

L’obiettivo di questa fase è stato duplice: da un lato si è proceduto all’analisi del contesto aziendale, al fine di identificare in quali aree o settori di attività si potessero realizzare i reati previsti dal D. Lgs. n. 231/01; dall’altro, l’analisi delle aree/settori o attività a rischio reato è stata prodromica rispetto alla successiva valutazione delle modalità in cui i reati possono, in astratto, essere perpetrati. A tale ultimo fine, si è tenuta in considerazione la storia della Società, le caratteristiche degli altri soggetti operanti nel settore e, in particolare, eventuali illeciti commessi da altri Enti nello stesso ramo di attività. Se ne è ricavata una rappresentazione dei processi, delle aree e delle attività sensibili, dei controlli già esistenti e delle relative criticità, con particolare “focus” agli elementi di “compliance” e controllo specifici per soddisfare i requisiti del Modello.
I processi sensibili della Società sono quelli descritti ai successivi paragrafi.
2) Effettuazione della “gap analysis”. Sulla base della situazione attuale (controlli e procedure esistenti), in relazione ai processi sensibili e alle previsioni e finalità del D. Lgs. n. 231/01, si sono individuate le azioni finalizzate all’introduzione o all’integrazione del sistema di controllo interno (processi e procedure) e che migliorano i requisiti organizzativi, essenziali per la definizione di un modello “specifico” di organizzazione, gestione e monitoraggio ai sensi del Decreto.
In questa fase, il sistema dei controlli preventivi già esistenti nella Società è stato valutato alla luce della diversa tipologia dei reati previsti dal D. Lgs. n. 231/01. Così, nel caso di reati dolosi, è stata valutata la possibilità di aggirare i controlli con comportamenti fraudolenti ed 22
intenzionali e volti a consumare l’evento illecito; nel caso di reati colposi, invece, siccome incompatibili con l’intenzionalità dell’agente, è stata valutata la possibilità di comportamenti in violazione dei controlli, nonostante la puntuale osservanza degli obblighi di vigilanza da parte dell’apposito organismo (di cui infra), pur se non accompagnati dalla volontà dell’evento.
5.2. Finalità e struttura del Modello
Il Modello predisposto e aggiornato dalla Società sulla base dell’individuazione delle attività di possibile rischio, l’espletamento delle quali potrebbe, in astratto, configurare il rischio di commissione di reati, si propone come finalità quelle di:
➢ creare, in tutti coloro che svolgono con, in nome, per conto e nell’interesse della Società Attività a rischio reato, come meglio individuate nelle Parti Speciali del presente documento, la consapevolezza di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni riportate nel Modello, in un illecito passibile di sanzioni, sul piano penale e amministrativo, irrogabili non solo nei loro confronti, ma anche nei confronti della Società;
➢ condannare ogni forma di comportamento illecito da parte della Società, in quanto contraria, oltre che alle disposizioni di legge, anche ai principi etici adottati dalla stessa;
➢ garantire alla Società, grazie a un’azione di controllo delle Attività a rischio reato, la concreta ed effettiva possibilità di intervenire tempestivamente per prevenire la commissione dei reati stessi.
Il Modello si propone, altresì, di:
➢ introdurre, integrare, sensibilizzare, diffondere e circolarizzare, a tutti i livelli aziendali, le regole di condotta ed i protocolli per la programmazione della formazione e dell’attuazione delle decisioni della Società, al fine di gestire e, conseguentemente, evitare il rischio della commissione di reati;
➢ individuare preventivamente le Attività a rischio reato, con riferimento alle operazioni della Società che potrebbero comportare la realizzazione dei reati previsti dal Decreto;
➢ dotare l’OdV di specifici compiti e di adeguati poteri al fine di porlo in condizione di vigilare efficacemente sull’effettiva attuazione, sul costante funzionamento ed aggiornamento del Modello, nonché di valutare il mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del Modello medesimo;
➢ registrare correttamente e conformemente ai protocolli tutte le operazioni della Società nell’ambito delle Attività a rischio reato, al fine di rendere possibile una verifica ex post dei processi di decisione, la loro autorizzazione ed il loro svolgimento in seno alla Società, in modo da assicurarne la preventiva individuazione e rintracciabilità in tutte le loro componenti rilevanti. Il tutto conformemente al principio di controllo espresso nelle Linee Guida, in virtù del quale “Ogni operazione, transazione, azione deve essere: verificabile, documentata, coerente e congrua”;
➢ assicurare l’effettivo rispetto del principio della separazione delle funzioni aziendali, nel rispetto del principio di controllo, secondo il quale “Nessuno può gestire in autonomia un intero processo”, in modo tale che l’autorizzazione all’effettuazione di un’operazione sia sotto la responsabilità di una persona diversa da quella che la contabilizza, la esegue operativamente o la controlla;
➢ delineare e delimitare le responsabilità nella formazione e nell’attuazione delle decisioni della Società;
➢ stabilire poteri autorizzativi conferiti in coerenza con le responsabilità organizzative e gestionali assegnate, rendendo note le deleghe di potere, le responsabilità ed i compiti all’interno della Società, assicurando che gli atti con i quali si conferiscono poteri, deleghe e autonomie siano compatibili con i principi di controllo preventivo;
➢ individuare le modalità di gestione delle risorse finanziarie, tali da impedire la commissione dei reati;
➢ valutare la possibilità di commissione di reati da parte di tutti i soggetti che interagiscono con la Società svolgendo operazioni nell’ambito delle Attività a rischio reato, nonché il funzionamento del Modello, curandone il necessario aggiornamento periodico, in senso dinamico, nell’ipotesi in cui le analisi e le valutazioni operate rendano necessario effettuare correzioni, integrazioni ed adeguamenti.

L’adozione, l’attuazione e l’aggiornamento del Modello non solo consentono alla Società di beneficiare dell’esimente prevista dal Decreto, ma anche di migliorare, nei limiti previsti dallo stesso, la propria Corporate Governance, limitando il rischio di commissione dei reati.

Attraverso il Modello, infatti, si consolida un sistema strutturato ed organico di procedure ed attività di controllo (preventivo ed ex post) che ha come obbiettivo la riduzione del rischio di commissione dei reati mediante la individuazione dei processi sensibili e la loro conseguente proceduralizzazione.

I principi contenuti nel Modello devono condurre, da un lato, a determinare una piena consapevolezza, nel potenziale autore del reato, della possibilità di compiere un illecito (la cui commissione è fortemente condannata e contraria agli interessi e alle policies della Società, anche quando apparentemente essa potrebbe trarne un vantaggio), dall’altro, grazie ad un monitoraggio costante dell’attività, a consentire alla Società di reagire tempestivamente per prevenire od impedire la commissione del reato stesso.

Tra la finalità del Modello vi è, quindi, quella di sviluppare la consapevolezza nei dipendenti, Organi Sociali, consulenti a qualsiasi titolo, collaboratori e partners, che svolgano, per conto e nell’interesse della Società, Attività a rischio reato, di poter incorrere – in caso di comportamenti non conformi alle prescrizioni del Modello e del Codice Etico allegato allo stesso e alle altre norme e procedure aziendali (oltre che alla legge) – in illeciti passibili di conseguenze penalmente rilevanti non solo per se stessi, ma anche per la Società.

Inoltre, si intende censurare fattivamente ogni comportamento illecito attraverso la costante attività dell’Organismo di Vigilanza sull’operato delle persone rispetto ai processi sensibili e la comminazione, da parte della Società, di sanzioni disciplinari o contrattuali.

Alla luce di quanto sopra, il Modello si articola in una prima parte introduttiva della disciplina del D. Lgs. n. 231/01 (“Parte Generale”), in cui ne vengono illustrate le componenti essenziali, con particolare riferimento alla scelta e all’individuazione dell’OdV, alla formazione del personale e alla diffusione del Modello nel contesto aziendale, al sistema disciplinare e alle misure da adottare in caso di mancata osservanza delle prescrizioni ivi contenute.

Seguono poi singole “Parti Speciali”, che sono state predisposte in funzione delle diverse tipologie di reato contemplate dal D. Lgs. n. 231/01 e rispetto alle quali la Società ha inteso tutelarsi, in quanto considerate di possibile rischio, tenuto conto dell’attività imprenditoriale svolta dalla Società.

Sulla base delle analisi descritte nel precedente paragrafo e in considerazione della natura dell’attività imprenditoriale svolta dalla Società e dei reati presupposto di cui al D. Lgs. n. 231/01, per come elencati al precedente capitolo 1, la Società ha assunto la decisione di redigere, adottare, aggiornare ed efficacemente attuare il presente Modello con riferimento ai seguenti reati:
➢ Reati in danno della Pubblica Amministrazione
➢ Corruzione tra privati e istigazione alla corruzione tra privati
➢ Reati in materia societaria
➢ Reati commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro
➢ Reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio
➢ Delitti informatici e trattamento illecito dei dati
➢ Reati ambientali
➢ Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare
➢ Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
➢ Reati di criminalità organizzata
➢ Razzismo e xenofobia
➢ Reati tributari
➢ Delitti contro il patrimonio culturale
➢ Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici
Per una descrizione dei reati si rinvia alle Parti Speciali e all’Allegato (a).

Il Modello è stato, inoltre, articolato al fine di garantire una più efficace e snella attività di aggiornamento dello stesso. Infatti, se la “Parte Generale” contiene la formulazione dei principi generali di diritto da ritenersi sostanzialmente invariabili, le “Parti Speciali”, in considerazione del particolare contenuto, saranno suscettibili, invece, di costanti aggiornamenti.


Per quanto riguarda invece le altre fattispecie di reato presupposto previste dal Decreto (ad esempio: “Delitti in materia di violazione del diritto d’autore” “Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo”, “Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”, “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”, ecc.), si evidenzia che le stesse sono state valutate, come non rilevanti per la Società in quanto non appare configurabile l’interesse o il vantaggio della stessa rispetto alla commissione di tali fattispecie.

In ogni caso, anche rispetto a tali fattispecie di reato, si evidenzia che svolge un ruolo fondamentale di controllo e presidio il Codice Etico.


5.3. Principi ed elementi ispiratori del Modello

Nella predisposizione e aggiornamento del Modello si è tenuto conto delle procedure e dei sistemi di controllo (rilevati in fase di “as-is analysis”) esistenti e già operanti in Società, ove giudicati idonei a valere anche come misure di prevenzione dei reati e controllo sui processi sensibili.

Il Modello, fermo restando la sua finalità peculiare descritta al precedente paragrafo 5.2 e connessa al D. Lgs. n. 231/01, si inserisce, infatti, nel più ampio sistema di controllo costituito principalmente dalle regole di Corporate Governance, dalle policies della Società, dal Manuale Amministrativo Contabile, dalle numerose procedure interne, dal sistema di gestione integrato, in conformità a quanto richiesto dalle seguenti norme:

➢ UNI EN ISO 9001:2015 (Conformità al sistema di gestione per la qualità);
➢ UNI EN ISO 14001:2015 (Conformità al sistema di gestione per gestione e la tutela ambientale);
➢ UNI ISO 45001:2018 (Conformità al sistema di gestione per la sicurezza sui luoghi di lavoro);
➢ ISO 39001:2012 (Conformità al sistema di gestione per la sicurezza del traffico stradale);
➢ UNI EN ISO 37001 (Conformità al sistema di gestione per l’anticorruzione);
➢ UNI PDR 125:2022 (Conformità al sistema di gestione per la parità di genere);
➢EN 12899_1 (Conformità al Regolamento 305 “prodotti da costruzione” della segnaletica verticale permanente per il traffico stradale).

In particolare, quali strumenti diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni della Società anche in relazione ai reati da prevenire, la Società ha individuato i seguenti:

a) il sistema di controllo interno e quindi le procedure aziendali attualmente esistenti, il sistema delle deleghe di funzioni, della separazione delle competenze e delle firme congiunte in vigore, la documentazione e le disposizioni inerenti la struttura gerarchicofunzionale aziendale ed organizzativa della Società, nonché il sistema di controllo della gestione;
b) le norme inerenti il sistema amministrativo, contabile, finanziario, di reporting interno;
c) la comunicazione al personale, l’informazione e la formazione dello stesso;
d) il sistema disciplinare di cui ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (il “CCNL”) applicati ai dirigenti ed agli altri dipendenti;
e) in generale, la normativa italiana e straniera applicabile;
f) le prassi consolidate e le policies aziendali e i sistemi di gestione adottati dalla Stessa

I principi, le regole e le procedure di cui agli strumenti sopra elencati non vengono riportati e descritti dettagliatamente nel Modello, ma si intendono integralmente qui richiamati a tutti gli effetti, facendo essi parte del sistema di organizzazione e controllo che lo stesso Modello intende, laddove necessario, migliorare e integrare.

Di conseguenza, sono da considerare come parte essenziale e fondamentale del Modello tutte le procedure, tutti i protocolli e tutte le policies, in qualsivoglia settore, funzione aziendale, area di attività esse trovino applicazione, che sono state implementate ed attuate (o che verranno implementate ed attuate) dalla Società, con particolare riferimento a quelle richieste e implementate per dare attuazione ai sistemi di gestione sopra richiamati.
Principi cardine a cui il Modello si ispira, oltre a quanto sopra riportato, sono:
➢ I requisiti indicati dal D.Lgs. n. 231/01 ed in particolare:
• l’attribuzione ad un Organismo di Vigilanza interno alla Società del compito di promuovere l’attuazione efficace e corretta del Modello anche attraverso il monitoraggio dei comportamenti aziendali ed il diritto ad una informazione costante sulle attività rilevanti ai fini del Decreto;
• la messa a disposizione dell’Organismo di Vigilanza di risorse adeguate a supportarlo nei compiti affidatigli ed a raggiungere risultati ragionevolmente attendibili;
• l’attività di verifica del funzionamento del Modello con conseguente aggiornamento periodico dello stesso (controllo ex post);
• l’attività di sensibilizzazione e diffusione a tutti i livelli aziendali delle regole comportamentali e delle procedure istituite.
➢ I principi generali di un adeguato sistema di controllo interno ed in particolare:
• la verificabilità e documentabilità di ogni operazione rilevante ai fini del D. Lgs. n. 231/01;
• il rispetto del principio della separazione delle funzioni;
• la definizione di poteri autorizzativi coerenti con le responsabilità assegnate;
• la comunicazione all’Organismo di Vigilanza delle informazioni rilevanti.
• La preminenza da conferirsi – nell’attuazione del sistema di controllo – alle attività che, in astratto, potrebbero comportare il rischio di commissione dei reati, ferma restando la doverosa opera di verifica generale dell’attività sociale.


5.4. Il modello di corporate governance della Società ed il sistema organizzativo
Come già accennato, il Modello si inserisce nel più ampio sistema di controllo costituito principalmente dalle regole di Corporate Governance, dalle Policies e/o Prassi della Società e dal sistema di controllo interno
Si ribadisce che le Policies e/o Prassi della Società che non vengono singolarmente richiamate nel presente Modello, costituiscono parte integrante ed essenziale del Modello stesso.
L’assetto del sistema organizzativo della Società viene rappresentato nell’organigramma della Società, documento che identifica per ciascuna funzione aziendale:
1. la dipendenza gerarchica;
2. l’eventuale dipendenza funzionale.
È regola generale della Società che solo i soggetti muniti di formali e specifici poteri possano assumere impegni verso terzi in nome o per conto della Società.
Inoltre, è previsto che l’esercizio dei poteri nell’ambito del processo decisionale sia sempre svolto da posizioni di responsabilità congruenti con l’importanza e/o la criticità di determinate operazioni economiche.

6• Organismo di vigilanza

Al fine di garantire alla Società l’esimente dalla responsabilità amministrativa in conformità a quanto previsto dagli artt. 6 e 7 del Decreto è necessaria l’individuazione e la costituzione, all’interno della propria struttura, di un Organismo di Vigilanza fornito dell’autorità e dei poteri necessari per vigilare, in assoluta autonomia, sul funzionamento e sull’osservanza del Modello, nonché di curarne il relativo aggiornamento, proponendone le relative modificazioni al Consiglio di Amministrazione.

La Società conseguentemente procede alle attività di verifica e di selezione necessarie all’individuazione dei soggetti più idonei a far parte dell’OdV, in quanto in possesso delle caratteristiche e dei requisiti richiesti dal D. Lgs. n. 231/01, dalle Linee Guida, dalla migliore dottrina e dagli orientamenti giurisprudenziali.

In particolare, le scelte circa i componenti dell’OdV tengono in considerazione l’idoneità di tale organo ad assicurare l’effettività dei controlli in relazione alla dimensione ed alla organizzazione della Società.

Il Consiglio di Amministrazione può, in sede di nomina dell’Organismo di Vigilanza, assumere alternativamente una delle seguenti decisioni:
- attribuire, conformemente a quanto previsto dalla legge 12 novembre 2011 n.183 (Legge di Stabilità 2012), le funzioni e competenze dell’OdV al Collegio Sindacale;
- nominare un OdV monocratico, costituito da un soggetto esterno alla realtà aziendale e scelto tra professionisti di comprovata esperienza in materia di D.Lgs. 231/2001 e legale e dotato dei requisiti di indipendenza e professionalità, in grado di poter svolgere in maniera adeguata i propri compiti;
- costituire un organismo collegiale.

Nel caso in cui il Consiglio di Amministrazione opti per la nomina di un organismo collegiale, l’OdV sarà composto da 3 a 5 membri, definiti nel rispetto della normativa di riferimento.

Resta inteso che i criteri di scelta seguiti nell’individuazione dei componenti dell’OdV devono tenere in considerazione l’idoneità di tale organo ad assicurare l’effettività dei controlli in relazione alla dimensione ed alla complessità organizzativa della Società.

Resta inteso che, laddove il Consiglio di Amministrazione decida di attribuire al Collegio Sindacale l’incarico di svolgere le attività che il presente Modello prevede in capo all’Organismo di Vigilanza, ogni riferimento all’OdV qui contenuto si intende rivolto al Collegio Sindacale.

L’OdV può essere supportato nello svolgimento della propria attività da un Segretario, nominato dall’Organismo di Vigilanza tra soggetti appartenenti alla Società ed i cui compiti saranno definiti all’interno del Regolamento dell’OdV stesso. Il Segretario, svolgendo la propria attività in stretto contatto con l’OdV, garantisce che tutte le attività relative al Decreto e al Modello la cui implementazione venga richiesta dal Consiglio di Amministrazione o dall’Organismo di Vigilanza siano attuate nei tempi richiesti e con l’atteso livello di qualità.

L’OdV nominato, in linea con le disposizioni del Decreto e, precisamente, da quanto si evince dalla lettura del combinato disposto degli artt. 6 e 7 del Decreto, dalle indicazioni contenute nella Relazione di accompagnamento al Decreto, dalle informazioni riportate nelle Linee Guida, nonché dalla giurisprudenza che si è espressa in materia, possiede le seguenti caratteristiche precipue:
a) autonomia e indipendenza. I requisiti di autonomia e indipendenza sono fondamentali e presuppongono che l’OdV non sia direttamente coinvolto nelle attività gestionali che costituiscono l’oggetto della sua attività di controllo;
b) professionalità. L’OdV possiede, al suo interno, competenze tecnico-professionali adeguate alle funzioni che è chiamato a svolgere, nonché un bagaglio di strumenti e tecniche per poter efficacemente svolgere la propria attività. Tali caratteristiche, unite all’indipendenza, garantiscono l’obiettività di giudizio;
c) continuità d’azione. L’OdV svolge, in modo continuativo, le attività necessarie per la vigilanza del Modello con adeguato impegno e con i necessari poteri di indagine; è una struttura riferibile alla Società, in modo da garantire la dovuta continuità nell’attività di vigilanza; cura l’attuazione del Modello, assicurandone il costante aggiornamento; non svolge mansioni operative che possano condizionare e contaminare quella visione d’insieme sull’attività aziendale che ad esso si richiede.
Oltre ai requisiti sopra descritti, è necessario garantire il possesso di requisiti soggettivi formali che assicurano l’autonomia e l’indipendenza. In particolare, non possono essere nominati membri dell’Organismo di Vigilanza:
a) i soggetti che si trovino nelle condizioni previste dall’art. 2382 c.c.;
b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli Amministratori della Società;
c) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori di società controllanti o di società controllate;
d) i soggetti che sono legati alla Società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano da rapporti che oggettivamente ne possano compromettere l’indipendenza di giudizio;
e) coloro che sono stati condannati, anche se la sentenza non è passata in giudicato, per avere commesso uno dei reati di cui al Decreto, ovvero coloro che hanno subito una condanna ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici, ovvero l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese;
f) i soggetti che si trovano in conflitto di interesse, anche potenziale, con la Società, tale da pregiudicare l’indipendenza richiesta dal ruolo e dai compiti propri dell’Organismo di Vigilanza;
g) i soggetti titolari, direttamente o indirettamente, di partecipazioni azionarie di entità tale da permettere di esercitare un’influenza dominante o notevole sulla Società, ai sensi dell’art. 2359 c.c.;
h) i soggetti con funzioni di amministrazione, con deleghe o incarichi esecutivi presso la Società;
i) i soggetti con funzioni di amministrazione – nei tre esercizi precedenti alla nomina quale membro dell’Organismo di Vigilanza – di imprese sottoposte a fallimento, liquidazione coatta amministrativa o altre procedure concorsuali.
In forza di quanto precede, Consiglio di Amministrazione è chiamato ad individuare i soggetti in possesso delle caratteristiche professionali e morali per svolgere tale ruolo di controllo interno alla Società.
Fermo restando che Consiglio di Amministrazione è chiamato a svolgere un’attività di vigilanza sull’adeguatezza dell’intervento dell’OdV, in quanto sullo stesso ricade la responsabilità ultima del funzionamento (e dell’efficacia) del Modello, le attività poste in essere dall’Organismo di Vigilanza non possono essere sindacate da nessun altro organismo e struttura aziendale.

6.1. Principi generali in tema di istituzione, nomina, sostituzione e funzionamento dell’Organismo di Vigilanza
L’OdV è nominato – o, nel caso di Collegio Sindacale, l’incarico è conferito – dal Consiglio di Amministrazione e resta in carica per il periodo stabilito nella relativa delibera di nomina– o di conferimento dell’incarico. I componenti sono rieleggibili.
I membri dell’OdV non sono soggetti, in tale qualità e nell’ambito dello svolgimento delle proprie funzioni, al potere gerarchico e disciplinare di alcun organo o funzione societaria.
Il Consiglio di Amministrazione della Società è libero di revocare la nomina dei o l’incarico conferito ai componenti dell’OdV in qualsiasi momento, purché sussista una giusta causa di revoca. Costituisce una giusta causa di revoca l’accertamento dell’insussistenza dei requisiti di autonomia, indipendenza, professionalità e continuità dell’azione previsti per la nomina, la sussistenza di una delle ipotesi di ineleggibilità, il grave inadempimento, da parte dei componenti dell’OdV, ai doveri loro imposti dalla legge o dal Modello, l’interruzione del rapporto di lavoro e/o, comunque, dei rapporti giuridici tra la Società e l’eventuale componente interno nominato.

Impregiudicato quanto precede, i componenti dell’OdV hanno facoltà di comunicare al Consiglio di Amministrazione la propria volontà di rinunciare all’incarico, tramite una comunicazione contenente le ragioni della rinuncia all’incarico.

In caso di cessazione, per qualsiasi motivo, della carica di componente dell’Organismo di Vigilanza, il Consiglio di Amministrazione provvederà, senza indugio, alla sostituzione, con apposita delibera. Il componente dell’OdV uscente sarà, comunque, tenuto ad esercitare tutte le funzioni previste dalla legge o dal Modello fino all’ingresso del soggetto che verrà nominato dal Consiglio di Amministrazione in sua sostituzione. Il nuovo componente dell’Organismo di Vigilanza nominato in sostituzione dura in carica il tempo per il quale avrebbe dovuto rimanervi il precedente.

Il Consiglio di Amministrazione delibera, su proposta dell’OdV, in merito alle risorse finanziarie che, di volta in volta, l’Organismo di Vigilanza ritenga necessarie per svolgere correttamente ed efficacemente le proprie funzioni.

L’eventuale remunerazione spettante ai componenti dell’Organismo di Vigilanza è stabilita all’atto della nomina o con successiva decisione del Consiglio di Amministrazione. Ai componenti dell’OdV spetta, inoltre, il rimborso delle spese sostenute per le ragioni dell’ufficio.

L’Organismo di Vigilanza adotta un proprio regolamento interno, che prevede: la pianificazione delle attività e dei controlli, le modalità di convocazione delle riunioni, le modalità di votazione e la verbalizzazione delle riunioni, la disciplina dei flussi informativi da e verso l’OdV.

6.2 Compiti dell’Organismo di Vigilanza
Da un punto di vista generale, all’OdV spettano essenzialmente due tipi di attività che tendono ad eliminare e/o ridurre i rischi di commissione dei reati e, più precisamente:
a) vigilare che i destinatari del Modello, appositamente individuati in base alle diverse fattispecie di reato, osservino le prescrizioni in esso contenute (funzione ispettiva e repressiva dei reati);
b) verificare i risultati raggiunti dall’applicazione del Modello in ordine alla prevenzione di reati e valutare la necessità o, semplicemente, l’opportunità di proporre l’adeguamento del Modello a norme sopravvenute, ovvero alle nuove esigenze aziendali (funzione preventiva dei reati).

In estrema sintesi, le attività di cui sopra sono finalizzate ad una costante vigilanza in merito al recepimento, all’attuazione e all’adeguatezza del Modello.
In ragione di quanto sopra, in particolare, l’OdV ha l’obbligo di vigilare:
➢ sulla rispondenza del Modello alle previsioni della normativa concernente la responsabilità delle persone giuridiche in generale e, in particolare, alle disposizioni contenute nel Decreto;
➢ sull’osservanza delle prescrizioni del Modello;
➢ sulla reale idoneità del Modello a prevenire la commissione dei reati di cui al Decreto e rispetto ai quali la Società ha deciso di tutelarsi;
➢ sull’opportunità di aggiornamento del Modello, laddove si riscontrino significative violazioni delle prescrizioni del medesimo, significative modificazioni dell’assetto interno della Società e/o delle condizioni di operatività aziendale, ovvero del quadro normativo di riferimento.
L’Organismo di Vigilanza ha, altresì, l’obbligo di:
➢ verificare l’efficacia delle procedure di controllo di ogni processo decisionale della Società rilevante ai termini del Decreto;
➢ controllare costantemente l’attività aziendale al fine di ottenere una rilevazione aggiornata delle Attività a rischio reato e determinare in quali aree, settori di attività e con quali modalità possano assumere rilevanza i rischi potenziali di commissione dei reati rilevanti ai sensi del Decreto, nonché degli ulteriori reati ricompresi nell’ambito di efficacia del Modello stesso, a seguito dell’adozione di future delibere del Consiglio di Amministrazione in tal senso, identificando per ogni strategia, processo o attività aziendale il rischio di commissione dei reati medesimi, determinandone, altresì, l’impatto sulla Società in funzione del grado di probabilità di accadimento ed individuandone i criteri e le metodologie necessarie per evitarne la commissione;
➢ effettuare periodicamente verifiche mirate su determinate operazioni o atti specifici posti in essere nell’ambito delle Attività a rischio reato, come definite nelle singole Parti Speciali del Modello;
➢ promuovere idonee iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello nella Società e verificare la documentazione organizzativa interna contenente le istruzioni, i chiarimenti o gli aggiornamenti necessari per il funzionamento del Modello stesso;
➢ raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti per il funzionamento del Modello;
➢ verificare che la registrazione delle informazioni in ordine al rispetto del Modello sia conservata, al fine di fornire evidenza dell’efficace funzionamento del Modello medesimo;
➢ predisporre quanto occorre affinché ogni registrazione sia e rimanga leggibile e possa essere facilmente identificata e rintracciabile;
➢ verificare l’adeguatezza della procedura documentata predisposta dalla Società per stabilire le modalità necessarie per l’identificazione, l’archiviazione, la protezione, la reperibilità, la durata della conservazione e la modalità di eliminazione delle anzidette registrazioni;
➢ coordinarsi con le altre funzioni aziendali al fine di controllare le Attività a rischio reato. Di tutte le richieste, le consultazioni e le riunioni tra l’OdV e le altre funzioni aziendali, l’OdV ha l’obbligo di predisporre idonea evidenza documentale ovvero apposito verbale di riunione. Tale documentazione verrà custodita presso la sede dell’OdV medesimo;
➢ condurre le indagini interne necessarie per l’accertamento di presunte violazioni delle prescrizioni del Modello;
➢ verificare che le previsioni contenute nelle Parti Speciali del Modello, o in quelle successivamente aggiunte in relazione a diverse tipologie di reati, siano comunque adeguate con quanto previsto dal Decreto, proponendo al Consiglio di Amministrazione, in caso contrario, un aggiornamento delle previsioni stesse.

Qualora emerga che lo stato di attuazione degli standard operativi richiesti sia carente, spetterà all’OdV adottare tutte le iniziative necessarie per correggere tale condizione:
a) sollecitando i responsabili delle singole unità organizzative al rispetto dei modelli di comportamento;
b) indicando direttamente quali correzioni e modifiche debbano essere apportate ai protocolli;
c) segnalando i casi di mancata attuazione del Modello ai responsabili ed agli addetti ai controlli all’interno delle singole funzioni e riportando, per i casi più gravi, direttamente al Consiglio di Amministrazione.

Considerate le funzioni dell’OdV ed i contenuti professionali specifici da esse richiesti, nello svolgimento dell’attività di vigilanza e controllo l’OdV può essere supportato da uno staff dedicato (utilizzato, anche a tempo parziale, per tali compiti specifici); l’OdV, inoltre, si può avvalere del supporto delle altre funzioni della Società che, di volta in volta, si rendesse necessario per un’efficace attuazione del Modello.

In particolare, l’OdV deve coordinarsi con le funzioni competenti presenti in Società per i diversi profili specifici e precisamente: con la Funzione Amministrazione per il controllo dei flussi finanziari e per i profili operativi delle decisioni societarie e, in generale, a seconda delle competenze, con tutte le altre Funzioni in cui la Società è articolata per il monitoraggio e l’implementazione del sistema di controllo.

Nei casi in cui si richiedano attività che necessitano di specializzazioni professionali non presenti all’interno della Società o dell’OdV, quest’ultimo – al quale sarà sempre e comunque riferibile il potere e la responsabilità della vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello e sul suo aggiornamento – qualora lo ritenga opportuno, ha la facoltà di avvalersi di consulenti esterni, ai quali delegare predefiniti ambiti di indagine. I consulenti dovranno, in ogni caso, riferire sempre i risultati del loro operato all’OdV.

I consulenti esterni alla Società dei quali, eventualmente, l’Organismo di Vigilanza ritenga opportuno avvalersi, dovranno possedere i requisiti di autonomia, indipendenza, professionalità, continuità d’azione e non dovranno incorrere in alcuna delle cause di ineleggibilità previste in capo ai membri dell’OdV.

Mediante appositi documenti organizzativi interni verranno stabiliti: (i) i criteri di funzionamento del suddetto staff dedicato, (ii) il personale che sarà utilizzato nel suo ambito, (iii) il ruolo e le responsabilità specifiche conferiti da parte dell’OdV al personale stesso.

6.3 Informativa dell’Organismo di Vigilanza nei confronti degli organi societari
L’OdV ha il compito di informare gli organi societari secondo le seguenti linee di reporting:
➢ la prima, in caso di necessità ed urgenza, direttamente nei confronti dell’Amministratore Delegato ;
➢ la seconda, su base periodica, nei confronti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale. Con cadenza semestrale l’OdV trasmette al Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale un rapporto scritto sull’attuazione del Modello presso la Società. Qualora al Collegio Sindacale sia attribuito l’incarico di svolgere verifiche anche come OdV, il rapporto scritto avrà ad oggetto solo le verifiche effettuate nell’ambito di applicazione del Modello.

Fermo restando quanto sopra, l’OdV potrà essere convocato in qualsiasi momento dai suddetti organi o potrà, a sua volta, presentare richiesta in tal senso, per riferire in merito al funzionamento del Modello od a situazioni specifiche.

6.4 Informativa all’Organismo di Vigilanza da parte dei Soggetti Apicali e dei Soggetti Sottoposti – Modalità di segnalazione e tutele (whistleblowing)
Il corretto ed efficiente espletamento delle proprie funzioni da parte dell’Organismo di Vigilanza si basa sulla disponibilità, da parte dello stesso, di tutte le informazioni relative alle Attività sensibili, nonché di tutti i dati concernenti condotte potenzialmente funzionali alla commissione di un reato.

Per tale motivo, è necessario che l’OdV abbia accesso a tutti i dati e le informazioni della Società, che sia il destinatario di tutte le segnalazioni e che sia informato di ogni atto proveniente dall’autorità giudiziaria.

Con specifico riferimento ai Soggetti Apicali e ai Soggetti Sottoposti, è opportuno tenere in considerazione che l’obbligo di segnalazione nei confronti dell’OdV, oltre che riflettere i doveri generali di lealtà, correttezza e buona fede nello svolgimento del rapporto di lavoro e/o della prestazione, costituisce un’importante specificazione dei principi del Codice Etico.

6.4.1 Segnalazioni da parte dei Soggetti Apicali e dei Soggetti Sottoposti aventi carattere generale
I Soggetti Apicali ed i Soggetti Sottoposti devono informare tempestivamente l’OdV in merito ad illeciti che in buona fede ritengano altamente probabile che si siano verificati e che siano rilevanti ai fini del Decreto o in merito a violazioni del Modello di cui siano venuti a conoscenza a causa o nell’esercizio delle loro funzioni, secondo le modalità previste nel Modello.

6.4.2 Obblighi di segnalazione relativi ad atti ufficiali
Oltre alle segnalazioni di cui sopra, i Soggetti Apicali ed i Soggetti Sottoposti e tutti i Soggetti Terzi devono obbligatoriamente trasmettere all’OdV le informative concernenti:
➢ i provvedimenti e/o le notizie degli organi di Polizia Giudiziaria e/o dell’Autorità Giudiziaria, ovvero di qualsiasi altra autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per i reati di cui al Decreto suscettibili di coinvolgere la Società e/o il personale della stessa e/o, ove a conoscenza, i collaboratori esterni della Società medesima;
➢ le richieste di assistenza legale effettuate da parte di dipendenti della Società, dirigenti e non, in caso di avvio di procedimenti giudiziari nei loro confronti per i reati previsti dal Decreto;
➢ tutte le informazioni - anche quelle provenienti da parte dei responsabili di funzioni aziendali diverse da quelle direttamente interessate dallo svolgimento di Attività sensibili, nell’esercizio dei loro compiti di controllo - dalle quali possano emergere fatti, atti, eventi od omissioni con profili di criticità rispetto all’osservanza delle norme del Decreto;
➢ tutte le informazioni concernenti l’applicazione del Modello, con particolare riferimento ai procedimenti disciplinari conclusi o in corso e alle eventuali sanzioni irrogate ovvero ai provvedimenti di archiviazione di tali procedimenti, unitamente alle relative motivazioni;
➢ le decisioni relative alla richiesta, erogazione ed utilizzo di finanziamenti pubblici;
L’OdV, qualora lo ritenga opportuno, potrà proporre al Consiglio di Amministrazione eventuali modifiche della lista di informative sopra indicata.

6.4.3 Modalità di segnalazione (whistleblowing)
Relativamente al sistema di segnalazione di condotte non conformi, le segnalazioni di cui ai paragrafi precedenti devono essere effettuate nel rispetto della procedura specificamente adottata dalla Società e reperibile al seguente link: https://siasspa.it/it/home/whistleblowing

Si prevede che nella maggioranza dei casi, il Responsabile di Funzione sia in grado di risolvere il problema in modo informale. A tal fine, i Responsabili di Funzione devono considerare tutte le segnalazioni portate alla loro attenzione in modo serio e completo e, ove necessario, chiedere pareri all’Organismo di Vigilanza, per quelle riferibili al Decreto o al Modello, oppure agli altri organi aziendali, secondo quanto previsto dalle procedure disponibili al link indicato.

Qualora la segnalazione non dia esito o il segnalante si senta a disagio nel presentare la segnalazione al Responsabile di Funzione, il segnalante può rifarsi alla specifica prodedura sulle segnalazioni adottata dalla Società e procedere secondo le modalità ivi previste.

Si ribadisce che, ai soli fini del Decreto, i Soggetti Sottoposti, i Soggetti Apicali ed i Soggetti Terzi che vengano a conoscenza di una violazione o presunta violazione del Decreto, del Modello o del Codice Etico dovranno rifarsi all’apposito canale di posta elettronica indicato nella Parte Generale del Modello (Paragafo 4) o inviare una lettera indirizzata all’Organismo di Vigilanza della Società, presso la sede principale della stessa.

Ai fini del presente paragrafo, la segnalazione di cui ai precedenti paragrafi deve avere le seguenti caratteristiche:
➢ descrizione della questione con tutti i particolari di rilievo (ad esempio l'accaduto, il tipo di comportamento, la data e il luogo dell'accaduto e le parti coinvolte);
➢ indicazione che confermi se il fatto è avvenuto, sta avvenendo o è probabile che avvenga;
➢ indicazione del modo in cui il Soggetto Apicale o il Soggetto Sottoposto è venuto a conoscenza del fatto/della situazione;
➢ esistenza di testimoni e, nel caso, loro nominativi;
➢ ulteriori informazioni ritenute rilevanti da parte del segnalante;
➢ se il segnalante ha già sollevato il problema con qualcun altro e, in caso affermativo, con quale funzione o responsabile;
➢ la specifica funzione o direzione nell’ambito della quale si è verificato il comportamento sospetto.
Ove possibile e non controindicato, il segnalante deve anche fornire il suo nome e le informazioni per eventuali contatti. La procedura di segnalazione non anonima deve essere preferita, in virtù della maggior facilità di accertamento della violazione.

I segnalanti che desiderano restare anonimi devono utilizzare la posta tradizionale. In ogni caso, i segnalanti anonimi sono invitati a fornire tutte le informazioni sopra riportate e, comunque, sufficienti a consentire un'indagine adeguata.

Fermo quanto precede, costituisce giusta causa di rilevazione delle informazioni e/o notizie coperte da segreto aziendale, professionale, scientifico e industriale l’ipotesi in cui il segnalante rilevi, attraverso le modalità previste dal presente paragrafo, le suddette informazioni e/notizie al fine di tutelare l'integrità della Società nonché per prevenire e reprimere possibili condotte di malversazioni.

6.4.4 Tutela del segnalante

Il sistema di protezione delle segnalazioni è considerato strumento fondamentale per l’applicazione efficace del sistema di prevenzione dei rischi di reato. Si fa espresso rinvio a quanto previsto nella procedura pubblicata al link sopra riportato per le tutele a beneficio del segnalante.

In ogni caso, trovano applicazione tutte le tutele previste a favore del segnalante dal D.Lgs. 24/2023.

Inoltre, chi segnala una violazione del Decreto o del Modello, anche se non costituente reato, non deve trovarsi in alcun modo in posizione di svantaggio per questa azione, indipendentemente dal fatto che la sua segnalazione sia poi risultata fondata o meno.

Chi, nella sua qualità di segnalante, ritenga di aver subito atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione effettuata dovrà segnalare l’abuso all’Organismo di Vigilanza. La violazione delle prescrizioni del presente paragrafo comporta, a seconda dei casi, l’irrogazione delle sanzioni disciplinari e/o l’applicazione delle altre misure previste al paragrafo 8. 5.

In ogni caso, ferma l’applicazione, da parte dell’autorità competente, delle sanzioni di cui all’art. 21, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 24/2023, chi effettua con dolo o colpa grave una segnalazione che risulti essere infondata e porti ad una condanna penale, anche con sentenza di primo grado, per il reato di diffamazione o calunnia, oppure ad una condanna civile, anche con sentenza di primo grado, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, non avrà diritto alle tutele offerte dal D.Lgs. 24/2023 e sarà soggetto, a seconda dei casi, alle sanzioni disciplinari e/o alle altre misure previste al paragrafo 8.5.

6.4.5 Obblighi dell’OdV a fronte di segnalazioni
Nel caso in cui l’Organismo di Vigilanza riceva una segnalazione nei termini descritti ai paragrafi precedenti, fermo restando il rispetto delle misure identificate al paragrafo 6.4.4, l’OdV deve agire nel rispetto di quanto previsto all’interno della procedura specificamente adottata dalla Società.


6.5 Obblighi di segnalazione dell’OdV
Nel caso in cui l’Organismo di Vigilanza, nell’esercizio delle sue funzioni, abbia cognizione di condotte, fatti, atti, eventi od omissioni che, oltre a costituire una violazione del Modello, possano costituire una notizia di reato presupposto rilevante ai sensi del Decreto, è tenuto a:
➢ effettuare le indagini interne necessarie ad approfondire la fattispecie concreta, coinvolgendo, qualora ritenuto necessario, anche consulenti esterni;
➢ laddove opportuno, informare il Consiglio di Amministrazione, sempreché non ravvisi una situazione di conflitto di interessi, descrivendo dettagliatamente i fatti oggetto di contestazione e le fattispecie criminose potenzialmente rilevanti; in caso di conflitto di interessi, informare gli organi non interessati dal conflitto e, laddove questi non vi siano, informare il Collegio Sindacale;
➢ nei limiti delle proprie competenze, fornire il supporto richiesto dal Consiglio di Amministrazione e, ove necessario, al Collegio Sindacale, al fine di valutare le condotte, i fatti, gli atti, gli eventi o le omissioni occorse, redigendo apposita verbalizzazione delle attività espletate.

6.6 Raccolta e conservazione delle informazioni
Ogni informazione o segnalazione previste nel Modello è conservata dall’Organismo di Vigilanza in un apposito archivio cartaceo e/o informatico.
Le attività di verifica dell’OdV sono verbalizzate in apposito Libro.
Fatti salvi gli ordini legittimi delle Autorità, i dati e le informazioni conservate nell’archivio, nonché il Libro sono posti a disposizione di soggetti esterni all’Organismo di Vigilanza (Organi amministrativi e di controllo o terzi) solo previa autorizzazione dell’OdV stesso.

7• Codice etico, principi etici e norme di comportamento

La Società da sempre opera con integrità, nel rispetto non solo delle leggi e delle normative vigenti, ma anche dei valori morali che sono considerati irrinunciabili da chi ha come scopo finale quello di agire sempre e comunque con equità, onestà, rispetto della dignità altrui, in assenza di qualsivoglia discriminazione delle persone basata su sesso, razza, lingua, condizioni personali e credo religioso e politico.

In questa prospettiva, la Società intende aderire ai principi di cui al D. Lgs. n.231/01 mediante l’adozione del Modello, del quale costituisce parte integrante il Codice Etico, che si allega al Modello stesso.

Resta inteso che, in caso di contrasto tra le previsioni contenute nel Codice Etico e le procedure di cui al Modello, dovrà essere riconosciuta prevalenza alle prescrizioni e alle procedure descritte nel Modello, laddove maggiormente restrittive.

8• Sistema disciplinare e misure in caso di mancata osservanza delle prescrizioni del modello

La violazione delle prescrizioni del Modello (e, quindi, anche del Codice Etico), delle procedure contenute nello stesso e nei suoi allegati, dei protocolli aziendali e dei loro aggiornamenti lede, di per sé sola, il rapporto di fiducia in essere tra la Società e i dipendenti e/o i Soggetti Terzi.

L‘art. 6, comma 2, lettera e), del D. Lgs. n. 231/01 prevede che i modelli di organizzazione e gestione debbano “introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”.

All’interno del Modello deve essere previsto un Sistema Sanzionatorio che ha la funzione di dare maggior forza ed effettività alle regole che compongono il Modello stesso e alle Policies e Prassi ivi descritte e/o richiamate.

Al presente Sistema Sanzionatorio sono soggette tutte le figure destinatarie delle regole poste dal Modello medesimo: Soggetti Apicali e Soggetti Sottoposti. L’applicazione delle sanzioni disciplinari presuppone la semplice violazione delle disposizioni del Modello e deve essere pertanto attivata indipendentemente dallo svolgimento e dall’esito del procedimento penale eventualmente avviato dall’autorità giudiziaria.

Il Sistema Sanzionatorio inoltre deve prendere in considerazione le oggettive differenze normative esistenti tra dirigenti, lavoratori dipendenti e Soggetti Terzi che agiscono nell’ambito della Società, nel rispetto degli artt. 2118 e 2119 del Codice Civile, della Legge n.300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori) e dei vigenti Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.

L’applicazione delle sanzioni deve tener conto dell’inquadramento giuridico e delle disposizioni applicabili per legge in relazione alla tipologia del rapporto di lavoro del singolo soggetto.

Concorso nelle violazioni
Le sanzioni sono applicabili non solo agli autori materiali delle violazioni ma anche a coloro i quali, con la loro azione od omissione, con piena consapevolezza e volontà ovvero per negligenza, imprudenza ed imperizia, hanno concorso alla violazione stessa.

Criteri di commisurazione delle sanzioni
La gravità dell’infrazione sarà valutata in base ai seguenti criteri:
- i tempi e le modalità concrete di realizzazione dell’infrazione;
- l’entità del danno o la serietà del pericolo corso dalla Società e da tutti i dipendenti o portatori di interessi della stessa;
- l’intensità del dolo, laddove si tratti di infrazione volontaria;
- il grado della colpa, là dove si tratti di infrazioni causate da negligenza, imprudenza o imperizia;
- il grado di infedeltà nei confronti della Società dimostrato dall’agente nella realizzazione dell’illecito;
- il comportamento tenuto dall’autore dell’infrazione precedentemente e successivamente al realizzarsi della stessa;
- le condizioni economiche dell’autore dell’infrazione;
- l’essere o meno l’autore dell’infrazione recidivo.
Nessuna sanzione può comunque essere irrogata senza prima aver sentito l’interessato, avergli contestato con precisione, per iscritto, l’addebito, ed avergli fornito un congruo termine entro il quale esporre per iscritto le proprie ragioni.

8.1 Sanzioni per i lavoratori dipendenti
8.1.1 Personale dipendente in posizione non dirigenziale
I comportamenti tenuti dai lavoratori dipendenti non aventi qualifica dirigenziale in violazione delle norme contenute nel Codice Etico, nonché nel Modello, nei protocolli aziendali e nei loro aggiornamenti, nonché nelle procedure e policy aziendali hanno rilevanza disciplinare.

Con riferimento alla tipologia di sanzioni irrogabili nei riguardi di detti lavoratori dipendenti, esse sono previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato dalla Società e saranno - se del caso - irrogate nel rispetto delle procedure previste dall’articolo 7 della Legge n. 300/1970 (d’ora innanzi, per brevità, “Statuto dei lavoratori”).

La violazione da parte del personale dipendente delle norme del Codice Etico, del Modello, dei protocolli aziendali e dei loro aggiornamenti, nonché nelle procedure e policy aziendali può dar luogo, secondo la gravità della violazione stessa, all’adozione, previo esperimento della procedura dalla legge e dalle norme contrattuali collettive, dei seguenti provvedimenti, che vengono stabiliti in applicazione dei principi di proporzionalità, nonché dei criteri di correlazione tra infrazione sanzione e, comunque, nel rispetto della forma e delle modalità previste dalla normativa vigente.

Fatto, in ogni caso, salvo quanto indicato nel CCNL applicabile a mero titolo esemplificativo, incorre nei provvedimenti di:
1) (i) richiamo verbale, (ii) ammonizione scritta, (iii) multa (iv) sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, (v) licenziamento con preavviso il lavoratore che:
a) non si attenga alle procedure previste dal Modello e dagli allegati allo stesso, nonché dal Codice Etico e dai protocolli aziendali (tra cui, a mero titolo esemplificativo, obbligo di informazione, comunicazione e segnalazione all’OdV, obbligo di compilazione delle dichiarazioni periodiche prescritte al fine di monitorare l’effettività del Modello, obbligo di svolgere le verifiche prescritte, ecc.) e/o non osservi le procedure che, di volta in volta, verranno implementate dalla Società, a seguito di eventuali aggiornamenti e integrazioni del Modello che verranno opportunamente comunicati;
b) adotti, nell’espletamento di Attività a rischio reato (come definite nelle Parti Speciali del Modello), un comportamento non conforme alle prescrizioni del Codice Etico, del Modello, dei protocolli aziendali e dei loro aggiornamenti, nonché nelle procedure e policy aziendali.
Il richiamo verbale e l’ammonizione scritta verranno applicate per le mancanze di minor rilievo mentre la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione ed il licenziamento con preavviso per quelle di maggior rilievo, il tutto secondo un principio di proporzionalità da valutarsi caso per caso.
Incorre, nel provvedimento di:
2) licenziamento senza preavviso il dipendente che:
a) sia recidivo nelle mancanze indicate al precedente punto 1) e nei confronti del quale sia già stata applicata la relativa sanzione conservativa;
b) non si attenga alle procedure prescritte dal Modello, dagli allegati allo stesso, dal Codice Etico, nonché dai protocolli aziendali e dai loro aggiornamenti, adotti nell’espletamento di Attività a rischio reato una condotta non conforme alle prescrizioni contenute in tali documenti e il suo comportamento sia di gravità tale da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto.

Nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 7 della L. n. 300 del 1970, del CCNL e del Modello, l’OdV monitorerà l’applicazione e l’efficacia del sistema disciplinare qui descritto.

I provvedimenti disciplinari sono irrogati, nel rispetto delle norme procedurali e sostanziali vigenti, dalle Funzioni a ciò preposte in forza di poteri appositamente attribuiti, anche su richiesta o segnalazione dell’Organismo di Vigilanza.

La misura in concreto della sanzione, nel rispetto delle previsioni del vigente C.C.N.L., sarà determinata tenute presenti la natura e l’intensità della violazione, l’eventuale reiterazione della violazione medesima, nonché l’attendibilità, validità ed inerenza delle giustificazioni presentate dall’interessato.

Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.

Salvo che per il richiamo verbale, la contestazione deve essere effettuata per iscritto ed i provvedimenti disciplinari non possono essere comminati prima che siano trascorsi 5 giorni, nel corso dei quali il lavoratore può presentare le sue giustificazioni.

Se il provvedimento non viene comminato entro i 10 giorni successivi a tali giustificazioni, queste si ritengono accolte.

Il lavoratore può presentare le proprie giustificazioni anche verbalmente, con l’eventuale assistenza di un rappresentate dell’Associazione sindacale cui aderisce, ovvero di un componente della Rappresentanza sindacale unitaria.

La comminazione del provvedimento deve essere motivata e comunicata per iscritto.
I provvedimenti disciplinari di cui sopra possono essere impugnati nel rispetto della vigente normativa.

8.1.2 Dirigenti
Nei casi di
a) violazione, da parte dei dirigenti, delle norme del Modello e degli allegati allo stesso nonché del Codice Etico e dei protocolli aziendali e/o delle procedure (che di volta in volta verranno implementate dalla Società a seguito di eventuali aggiornamenti e integrazioni e opportunamente comunicate), o
b) adozione, nell’espletamento di Attività a rischio reato, di un comportamento non conforme alle prescrizioni dei documenti sopra citati,
le relative misure di natura disciplinare da adottare saranno valutate secondo quanto previsto dal presente sistema disciplinare, tendendo anche in considerazione il particolare rapporto di fiducia che vincola i profili dirigenziali alla Società e, comunque, in conformità ai principi espressi dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dei Dirigenti Commercio.

Qualora sia applicata una sanzione disciplinare ad un dipendente munito anche di poteri, il Consiglio di Amministrazione potrà valutare l’opportunità di applicare anche l’ulteriore misura consistente nella revoca della procura e/o della delega.

Le medesime sanzioni si applicano anche laddove, per imperizia o negligenza, il dirigente abbia impedito o non agevolato la scoperta di violazioni del Modello o, nei casi più gravi, la commissione di reati rilevanti ai fini del Decreto, nonché qualora abbia omesso di vigilare, in ragione delle competenze professionali e dei poteri gerarchici e funzionali corrispondenti alla natura del suo incarico, sul rispetto, da parte del personale da lui dipendente, delle norme di legge, del presente Modello e del Codice Etico.

8.2 Misure nei confronti del Consiglio di Amministrazione e dei Procuratori
Nel caso di violazione del Codice Etico, del Modello, dei protocolli aziendali e dei loro aggiornamenti, nonché nelle procedure e policy aziendali da parte del Consiglio di Amministrazione, l’OdV informerà senza indugio l’Assemblea dei Soci e il Collegio Sindacale per le opportune valutazioni e provvedimenti.

Le eventuali sanzioni applicabili possono consistere, in relazione alla gravità del comportamento, in:
- censura scritta a verbale,
- sospensione del compenso,
- revoca dall’incarico per giusta causa da parte dell’Assemblea dei Soci.

Le medesime sanzioni si applicano anche laddove, per imperizia o negligenza, il Consiglio di Amministrazione abbia impedito o non agevolato la scoperta di violazioni del Modello o, nei casi più gravi, la commissione di reati rilevanti ai fini del Decreto, nonché qualora abbia omesso di vigilare sul rispetto, da parte del personale della Società, delle norme di legge, del presente Modello e del Codice Etico.

Nel caso di violazione del Codice Etico, del Modello, dei protocolli aziendali e dei loro aggiornamenti, nonché nelle procedure e policy aziendali da parte dei Procuratori, l’OdV informerà senza indugio il Consiglio di Amministrazione per le opportune valutazioni e provvedimenti.

Le eventuali sanzioni applicabili possono consistere, in relazione alla gravità del comportamento, in:
- censura scritta a verbale,
- sospensione del compenso,
- revoca dei poteri da parte del Consiglio di Amministrazione.

Le medesime sanzioni si applicano anche laddove, per imperizia o negligenza, i Procuratori abbiano impedito o non agevolato la scoperta di violazioni del Modello o, nei casi più gravi, la commissione di reati rilevanti ai fini del Decreto, nonché qualora abbiano omesso di vigilare sul rispetto, da parte del personale della Società, delle norme di legge, del presente Modello e del Codice Etico.

8.3 Misure nei confronti del Collegio Sindacale e della Società di Revisione
In caso di concorso nella violazione del presente Modello da parte di uno o più componenti del Collegio Sindacale, o di uno o più componenti della Società di Revisione, l’Organismo di Vigilanza informa il Consiglio di Amministrazione che provvederà ad assumere le iniziative ritenute più idonee, fra cui anche la convocazione dell’Assemblea ove ritenuto necessario, per gli opportuni provvedimenti. Si richiamano in proposito le norme applicabili del Codice Civile ed in particolare l’articolo 2400, 2°comma, c.c.

Le medesime sanzioni si applicano anche laddove, non ottemperando ai loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico, i componenti del Collegio Sindacale o i componenti della Società di Revisione abbiano impedito o non agevolato la scoperta di violazioni del Modello o, nei casi più gravi, la commissione di reati rilevanti ai fini del Decreto.

8.4 Misure nei confronti dei Soggetti Terzi
Ogni comportamento posto in essere dai Soggetti Terzi in contrasto con le linee di condotta indicate nel Codice Etico o nel Modello potrà determinare, secondo quanto previsto dalle specifiche clausole contrattuali, la risoluzione immediata del rapporto contrattuale, fatta salva l’eventuale richiesta di risarcimento di eventuali danni derivanti alla Società.

8.5 Misure nei casi di violazione delle prescrizioni a tutela del segnalante (whistleblowing)
In ragione di quanto previsto al comma 2 bis, dell‘art. 6 del D. Lgs. n. 231/01, nell’ipotesi in cui siano violate le misure a tutela del segnalante previste al paragrafo 6.4.4 del presente Modello e/o nel caso in cui siano effettuate segnalazioni, con dolo o colpa grave, infondate da parte:
1) del personale dipendente in posizione non dirigenziale: si applicheranno le sanzioni disciplinari previste al paragrafo 8.1.1;
2) dei Dirigenti: si applicheranno le sanzioni disciplinari previste al paragrafo 8.1.2;
3) degli Amministratori e dei Procuratori: si applicheranno le previsioni previste dal paragrafo 8.2;
4) del Collegio Sindacale e della Società di Revisione: si applicheranno le previsioni previste dal paragrafo 8.3;
5) dei Soggetti Terzi: si applicheranno i rimedi contrattuali previsti al paragrafo 8.4;
6) dei componenti dell’Organismo di Vigilanza: si applicheranno le misure previste al paragrafo 6.1.
7) della Funzione di Conformità per la Prevenzione della Corruzione: si applicheranno le misure previste dal sistema disciplinare adottato ad hoc.

9• Confrema dell'applicazione e dell'adeguatezza del modello e verifiche periodiche

La Società è dotata di un sistema organizzativo adeguatamente formalizzato e rigoroso nell’attribuzione delle responsabilità, linee di dipendenza gerarchica e puntuale descrizione dei ruoli, con assegnazione di poteri autorizzatori e di firma coerenti con le responsabilità definite, nonché con predisposizione di meccanismi di controllo fondati sulla contrapposizione funzionale e separazione dei compiti.

La Società si avvale, nell’area della gestione amministrativa e più in generale, di un efficiente sistema informativo, caratterizzato da procedure automatizzate standardizzate, procedure scritte o prassi consolidate in grado di consentire che ogni operazione risulti adeguatamente supportata sul piano documentale, così da poter procedere, in qualsiasi momento, all’esecuzione di controlli che individuino la genesi, le finalità e le motivazioni dell’operazione oggetto di esame, con identificazione del ciclo completo di autorizzazione, registrazione e verifica della correttezza e legittimità dell’operazione stessa.

Il Modello, come evidenziano sia la Parte Generale, sia le sezioni dedicate alle Parti Speciali, ha inoltre individuato un sistema di controllo mirato alla tempestiva rilevazione dell’insorgenza ed esistenza di anomalie e criticità da gestire ed annullare.

Tale sistema è in particolare rappresentato dai processi interni della Società che ne descrivono l’attività, l’organizzazione interna, le procedure ed i controlli applicati nella gestione amministrativa, avendo specifico riguardo ai flussi finanziari, nonché dalle procedure speciali che trovano applicazione nei settori relativi alla gestione della cassa, della contabilità e di altre aree dettagliatamente individuate e che garantiscono la correttezza dell’attività posta in essere.

Infine il Modello prevede un impianto di informazione, connesso ad un coerente programma di formazione, che permette di raggiungere tutti i soggetti che operano, a qualsiasi titolo, per la Società.
Fermo quanto precede, allo scopo di verificare l’efficacia e la concreta attuazione del Modello è necessario effettuare una verifica annuale dei principali atti societari, dei contratti di maggior rilevanza conclusi dalla Società e delle Attività a rischio reato.

E’, altresì, necessario procedere ad una verifica periodica del reale funzionamento del Modello con le modalità che verranno stabilite dall’OdV. Sarà, infine, cura della Società procedere ad un’attenta analisi di tutte le informazioni e le segnalazioni ricevute dall’OdV in merito all’attuazione del Modello nello svolgimento delle Attività a rischio reato, delle azioni intraprese da parte dell’OdV o da parte degli altri soggetti competenti, delle situazioni ritenute a rischio di commissione di reato, della contezza e della consapevolezza dei destinatari del Modello in merito alle finalità del medesimo ed alle disposizioni in esso contenute, per mezzo di interviste che potranno anche essere effettuate a campione.

L’OdV deve adottare adeguati metodi per controllare e misurare le prestazioni dei processi definiti dal Modello. Tali metodi devono dimostrare la capacità dei processi di ottenere i risultati pianificati. Qualora tali risultati non siano raggiunti, devono essere attuati tutti gli interventi correttivi atti ad assicurare la conformità del Modello al Decreto.

L’OdV deve verificare con continuità l’efficacia del Modello ai fini della prevenzione dei reati, valutando i dati significativi emersi dai controlli e dai risultati delle verifiche interne.

10• Adozione, modifiche ed integrazioni del modello

Essendo il Modello un “atto di emanazione dell’organo dirigente” [in conformità alle prescrizioni dell’art. 6, 1° comma, lettera a), D. Lgs. n. 231/01], la sua adozione, così come le successive modifiche e integrazioni che dovessero rendersi necessarie per sopravvenute esigenze aziendali ovvero per adeguamenti normativi, sono rimesse alla competenza del Consiglio di Amministrazione

In particolare, il Consiglio di Amministrazione , anche su proposta e con l’ausilio dell’OdV, è chiamato ad integrare il Modello con ulteriori Parti Speciali relative ad altre tipologie di reati che, per effetto di nuove normative o di eventuali successive intervenute decisioni, necessità o attività della Società, possano essere ritenute rilevanti.

Tale attività sarà anche volta a garantire che non sia introdotto alcun provvedimento di modifica che possa contrastare o diminuire l’efficacia del Modello.

È, in particolare, attribuito all’OdV il compito di proporre modifiche o integrazioni al Modello consistenti, tra l’altro, nella:
i) introduzione di nuove procedure e controlli nel caso in cui non sia sufficiente una revisione di quelle esistenti;
ii) revisione dei documenti aziendali e societari che formalizzano l’attribuzione delle responsabilità e dei compiti alle posizioni responsabili di strutture organizzative “sensibili” o comunque che svolgono un ruolo di snodo nelle attività a rischio;
iii) introduzione di ulteriori controlli delle attività sensibili, con formalizzazione delle iniziative di miglioramento intraprese in apposite procedure;
iv) evidenziazione delle esigenze di integrare regole di carattere generale;
v) introduzione di nuove Parti Speciali che tengano in considerazione nuove fattispecie di reato inserite dal Decreto o nuove attività che vengano iniziate dalla Società.

11• Diffusione e formazione

11.1 Diffusione del Modello all’interno della Società
La Società, anche in coordinamento con l’OdV, promuove iniziative idonee alla diffusione del Modello per una sua capillare conoscenza ed applicazione all’interno della Società.

A questo scopo, l’OdV, in stretta cooperazione con la Società e le eventuali funzioni interessate, provvederà a definire un’informativa specifica e a curare la diffusione del contenuto del Modello all’interno della Società.

La notizia dell’adozione del presente Modello da parte del Consiglio di Amministrazione è resa pubblica con idonee modalità.

11.2 Diffusione del Modello e informativa ai Soggetti Terzi
La Società promuove la conoscenza e l’osservanza del Modello anche tra i partners commerciali e finanziari, i consulenti, i collaboratori a qualsiasi titolo, anche occasionali, i tirocinanti, gli stagisti, gli agenti, i clienti ed i fornitori, e, in generale, chiunque abbia rapporti professionali o contrattuali con la Società.

A questo scopo, la Società, in stretta cooperazione con l’OdV e le eventuali funzioni interessate, provvederà a definire un’informativa specifica e a curare la diffusione del contenuto del Modello presso i Soggetti Terzi, posto che anch’essi sono tenuti ad assumere comportamenti conformi alla normativa e tali da non comportare o indurre ad una violazione del Modello o del Codice Etico della Società.

La Società, previa proposta dell’OdV, potrà, inoltre:
a) fornire ai Soggetti Terzi adeguate informative sulle politiche e le procedure indicate nel Modello;
b) inserire nei contratti con i Soggetti Terzi clausole contrattuali tese ad assicurare il rispetto del Modello anche da parte loro.

In particolare, a tale ultimo riguardo, potrà essere espressamente prevista per la Società la facoltà di risoluzione del contratto in caso di comportamenti dei Soggetti Terzi che inducano la Società a violare le previsioni del Modello.

11.2.1 Informativa all’Organismo di Vigilanza da parte dei Soggetti Terzi
I Soggetti Terzi sono tenuti ad informare immediatamente l’OdV, nel caso in cui ricevano, direttamente o indirettamente, una richiesta in violazione del Modello o vengano a conoscenza di alcune delle circostanze elencate al paragrafo 6.4.2.

La segnalazione è effettuata direttamente all’Organismo di Vigilanza, tramite l’invio di una comunicazione all’indirizzo di posta elettronica all’indirizzo organismodivigilanza@sias.it, oppure di una lettera indirizzata all’Organismo di Vigilanza di di SIAS Sp.a. presso la Sede legale in Darfo Boario Terme (BS) via Prade 37.

La Società garantisce ai Soggetti Terzi che essi non subiranno alcuna conseguenza in ragione della loro eventuale attività di segnalazione e che, in nessun modo, questa potrà pregiudicare la continuazione del rapporto contrattuale in essere.

11.3 Corsi di formazione
Per un efficace funzionamento del Modello, la formazione del personale dirigente e di altro personale dipendente è gestita dal Consiglio di Amministrazione in stretta cooperazione con l’OdV.

In particolare i corsi di formazione hanno ad oggetto l’intero Modello organizzativo in tutte le sue componenti, in particolare:
➢ il D.Lgs. n. 231/01 ed i reati da esso richiamati;
➢ il Modello;
➢ il Codice Etico;
➢ l’Organismo di Vigilanza;
➢ il Sistema sanzionatorio.

L’attività di formazione è organizzata nel rispetto delle seguenti modalità:
in generale (Modello, Codice Etico, OdV e sistema sanzionatorio): informativa nella lettera di assunzione; formazione all’inizio del rapporto di lavoro e informativa costante e periodica anche tramite la rete intranet;
in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro: informativa specifica nella lettera di assunzione; formazione specifica all’inizio del rapporto di lavoro; corso di aggiornamento; informativa costante e periodica anche tramite la rete intranet.

La partecipazione al corso di formazione è monitorata attraverso un sistema di rilevazione delle presenze.

Al termine di ogni corso di formazione è sottoposto al partecipante un test finalizzato a valutare il grado di apprendimento conseguito ed ad orientare ulteriori interventi formativi.

La partecipazione ai corsi di formazione è obbligatoria per tutto il personale in servizio presso la Società. Tale obbligo costituisce una regola fondamentale del presente Modello, alla cui violazione sono connesse le sanzioni previste nel sistema disciplinare.

I destinatari della formazione, sono tenuti a:
➢ acquisire conoscenza dei principi e dei contenuti del Modello;
➢ conoscere le modalità operative con le quali deve essere realizzata la propria attività;
➢ contribuire attivamente, in relazione al proprio ruolo e alle proprie responsabilità, all’efficace attuazione del Modello, segnalando eventuali carenze riscontrate nello stesso.

Parte Speciale 1

A. I REATI DI CUI AGLI ARTICOLI 24 E 25 DEL D. LGS. N. 231/01

I reati riportati nella presente Parte Speciale presuppongono l’instaurazione di rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati facenti parte dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri6.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità e caratteristiche della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Truffa (art. 640, 2° comma, n. 1, c.p.)

“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 309 a €1.549:

1. se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2. se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità.

2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 7.”

* * *

Il reato di truffa appartiene al novero dei delitti contro il patrimonio.

Ai fini della responsabilità amministrativa degli Enti prevista dal D. Lgs. n. 231/01, è necessario che questo reato sia posto in essere ai danni dello Stato o di altro ente pubblico dai Soggetti Apicali e/o dai Soggetti Sottoposti.

La fattispecie può realizzarsi, ad esempio, quando nella predisposizione di documenti o dati per la partecipazione a procedure di gara, per ottenere licenze o autorizzazioni, si forniscano alla Pubblica Amministrazione informazioni non veritiere od incomplete (ad esempio supportate da documentazione artefatta), al fine di ottenerne l’aggiudicazione o la concessione.

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.)
“La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee”.

* * *

Il reato si configura qualora la condotta di truffa prevista dall’art. 640 c.p. di cui sopra abbia ad oggetto finanziamenti pubblici, comunque denominati, erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea.

La fattispecie può realizzarsi nel caso in cui si pongano in essere artifici o raggiri, ad esempio comunicando dati non veri o incompleti o predisponendo una documentazione falsa, per ottenere finanziamenti pubblici.


Malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis c.p.)

“Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.

* * *

Il reato si realizza nel caso in cui finanziamenti precedentemente ottenuti non vengano destinati alle finalità ed entro i termini per cui sono stati erogati.

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.)

Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a € 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da € 5.164 a € 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.

* * *

Il reato si configura nei casi in cui - mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o mediante l’omissione di informazioni dovute - si ottengano, senza averne diritto, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea.

In questo caso, contrariamente a quanto previsto dall’art. 316-bis c.p. (Malversazione a danno dello Stato), non assume alcun rilievo la destinazione dei finanziamenti pubblici erogati, poiché il reato si consuma al momento dell’indebito ottenimento.

Avendo natura residuale, il reato si configura solo qualora la condotta non integri gli estremi del più grave reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), per la cui sussistenza è, viceversa, necessaria l’induzione in errore mediante artifici o raggiri.

Frode informatica (art. 640-ter, 1°comma, c.p.)

“Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 309 a € 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo comma e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età, e numero 7”.

* * *

Questa ipotesi di reato si configura nel caso in cui, alterando il funzionamento di un sistema informatico o telematico, manipolando o duplicando i dati in esso contenuti, si ottenga un ingiusto profitto arrecando danno allo Stato o ad altro ente pubblico.

La condotta si realizza anche tramite l’alterazione di sistemi informatici per la successiva produzione di documenti attestanti fatti o circostanze inesistenti o, ancora, per modificare dati fiscali o previdenziali di interesse della Società già trasmessi alla Pubblica Amministrazione.

Concussione (art. 317, c.p.)
 

“Il pubblico ufficiale7o l’incaricato di un pubblico servizio8 che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni”.

* * *

Presupposto per la commissione del reato in questione è la condotta di costrizione posta in essere dal pubblico ufficiale ai danni della vittima del reato.

In altri termini, “si ha costrizione o induzione, e cioè esercizio di una pressione psichica da parte del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio sul privato tale da coartarne la volontà, tutte le volte in cui l’abuso della qualità acquisti una preminente importanza prevaricatrice, creando nel soggetto passivo (N.d.R.: vittima del reato) quella situazione di soggezione che esclude ogni possibilità di posizione paritaria tra i due soggetti e che caratterizza il reato di concussione”10.

Il reato in esame presenta profili di rischio limitati ai fini del D. Lgs. n. 231/01: trattandosi, infatti, di un reato proprio di soggetti qualificati (pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio), la responsabilità dell’Ente potrà ravvisarsi solo nei casi in cui i Soggetti Apicali e/o i Soggetti Sottoposti, nell’interesse o a vantaggio della Società, concorrano nel reato del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, ad esempio attraverso un’attività di intermediazione tra il coartato o vittima del reato ed il pubblico ufficiale o l’ incaricato di un pubblico servizio.

Corruzione

Articolo 318 c.p. (Corruzione per l’esercizio della funzione )

“Il pubblico ufficiale, che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità o ne accetta promessa è punito con la reclusione da tre a otto anni”.

Articolo 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio)
“Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni”.

Articolo 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari)

“Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni. Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena e della reclusione da otto a venti anni”.

Articolo 319-quater c.p. (Induzione indebita a dare o promettere utilità)

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi. Ne casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni ovvero con la reclusione fino a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a Euro 100.000,00”.

Articolo 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)
“Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo”.

Articolo 322-bis c.p. (Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri)

“Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, e 323 si applicano anche:

1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei trattati che istituiscono le Comunità europee;

5) a coloro che, nell’ambito di altri Stati membri dell’Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.

5-bis) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale;

5-ter) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di organizzazioni pubbliche internazionali;

5-quater) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali;

5-quinquies) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione.

Le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:

1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;

2) a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali.

Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.”

Si tratta di fattispecie di reato che potenzialmente ed in astratto possono essere realizzate in molte aree aziendali ed a tutti i livelli organizzativi.

(a) I reati di corruzione (artt. 318 e 319 c.p., sopra riportati) si configurano nel caso in cui un pubblico ufficiale12 si faccia dare o promettere, per sé o per altri, denaro o altra utilità per compiere, omettere o ritardare atti del suo ufficio ovvero per compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio.

Questi reati si configurano altresì nel caso in cui l’indebita offerta o promessa sia formulata con riferimento ad atti – conformi o contrari ai doveri d’ufficio – già compiuti dal pubblico.

Ad esempio, sussiste la commissione dei reati in questione quando il pubblico ufficiale, dietro corrispettivo, velocizzi o abbia velocizzato una pratica, la cui evasione è di propria competenza, oppure quando garantisca o abbia garantito l’illegittima aggiudicazione di una gara.

(b) Per quanto riguarda il reato di corruzione in atti giudiziari di cui all’art. 319-ter c.p. sopra riportato, esso si configura nel caso in cui taluno offra o prometta ad un pubblico ufficiale13 denaro o altra utilità per compiere o aver compiuto, omettere o aver omesso, ritardare o aver ritardato atti del suo ufficio ovvero per compiere o aver compiuto atti contrari ai suoi doveri di ufficio: tutto ciò allo scopo precipuo di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo. Potrà dunque essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 319-ter c.p. il Soggetto Apicale e/o il Soggetto Sottoposto che corrompa un pubblico ufficiale (magistrato, cancelliere od altro funzionario) al fine di ottenere la positiva definizione di un procedimento giudiziario.

(c) Il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità si configura qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio induca taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o a un terzo denaro o altra utilità abusando della sua qualità e dei suoi poteri.

Tale fattispecie punisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che interviene, in qualità di intermediario, affinché la propria vittima sia portata a riconoscere utilità al medesimo o a un terzo soggetto.

(d) Le ipotesi di corruzione indicate agli artt. 318, 319 e 319-ter c.p. si differenziano dalla concussione, in quanto tra corrotto e corruttore esiste un accordo finalizzato a raggiungere un vantaggio reciproco, mentre nella concussione il privato subisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.

(e) Per le finalità e gli scopi perseguiti dal Modello, l’esposizione delle fattispecie di reato di corruzione sopra operata non sarebbe completa ed esaustiva, se non venissero riportate di seguito le disposizioni contenute nel Codice Penale relative alle conseguenze negative per il corruttore del pubblico ufficiale e dell’incaricato del pubblico servizio.

A questo proposito, l’art. 321 c.p. (Pene per il corruttore) prevede espressamente che: “Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319-bis, nell'articolo 319-ter, e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità”.

Inoltre, secondo quanto previsto all’art. 322 c.p., 1° 2° e 3° comma, (Istigazione alla corruzione): “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.

Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”.

Ne consegue che sono applicabili al corruttore le pene specificamente previste agli artt. 321 e 322, 1° e 2° comma, c.p. sia nell’ipotesi in cui il reato di corruzione sia stato effettivamente consumato attraverso la dazione di denaro od altra utilità, sia nell’ipotesi in cui il reato sia rimasto nella fase del tentativo, poiché il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio non hanno accettato tale dazione.

(f) La corruzione rileva anche nel caso in cui sia realizzata nei confronti di soggetti stranieri i quali, secondo la legge italiana, sono pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. Di conseguenza, il corruttore o l’istigatore alla corruzione soggiace alle medesime pene indicate agli artt. 321 e 322 c.p. qualora il denaro o l’utilità sono offerti o promessi:

(i) “ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

(ii) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

(iii) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

(iv) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;

(v) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio”16;

(vi) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale;

(vii) “a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali”;

(viii) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali;

(ix) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione.

Per completezza si richiama l’art. 320 c.p., a mente del quale “Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio”.

Traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.)

“Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.

La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322- bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.

Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita”.

* * *

La norma è stata introdotta allo scopo di contrastare il fenomeno degli occulti condizionamenti affaristico-clientelari nelle decisioni politiche e amministrative, posti in essere da soggetti a tale scopo retribuiti a causa delle proprie influenze o “entrature”, all’interno di contesti contigui a quelli corruttivi.

La disposizione, pertanto, intende avanzare la soglia della repressione penale, in riferimento ai casi in cui il destinatario della dazione o promessa intende realmente mediare presso un pubblico agente o remunerarlo per un atto contrario ai doveri di ufficio.

Dalla casistica più recente emergono, a titolo esemplificativo, i casi di soggetti, i quali, non rivestendo una qualità pubblicistica, erano stati retribuiti non per il compimento di atti di ufficio estranei alla loro competenza, bensì per la successiva attività che avrebbero dovuto svolgere nel proprio contesto lavorativo sui funzionari competenti.

Frode nelle pubbliche forniture (Art. 356 c.p.)

 

Chiunque commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a euro € 1.032,00.

La pena è aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo precedente.

* * *

La norma tutela il buon e regolare andamento della Pubblica Amministrazione, che viene impedito in presenza di frodi nell’esecuzione di un contratto di fornitura di beni o servizi necessari per lo svolgimento della funzione pubblica.

La frode è ravvisata in ogni violazione contrattuale, purché effetto di malafede, senza che sia necessaria la presenza di artifici e raggiri nei confronti della controparte, e senza l’assunzione di un comportamento ingannevole. Ad esempio, integra il delitto di frode in pubbliche forniture la condotta dolosa di colui che consegna cose in tutto o in parte difformi dalle caratteristiche convenute.

Accanto al fornitore, il delitto può essere realizzato anche dal subfornitore, dal mediatore e dal rappresentante dello stesso, e più in generale da ogni soggetto che abbia assunto l’obbligo di dare esecuzione al contratto.

Induzione a non rendere dichiarazioni o rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria (art. 377-bis c.p.)

 

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti all'autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni.”

* * *

La fattispecie di reato si configura quando un soggetto chiamato a rendere dichiarazioni innanzi all’Autorità Giudiziaria è indotto con violenza o minaccia o per il tramite di una offerta o promessa di denaro o di altra utilità a non rispondere alle domande dell’Autorità Giudiziaria, nelle ipotesi in cui gli sia concessa la facoltà di non rispondere, o a rendere false dichiarazioni.

B. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 1 DEL MODELLO

 

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati in danno della Pubblica Amministrazione si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

C. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

 

Come anticipato al precedente paragrafo A, i reati ivi descritti presuppongono l’instaurazione di rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati facenti parte dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri.

La Società ha provveduto a svolgere un’analisi finalizzata all’individuazione delle attività, al fine di individuare al meglio i presidi necessari per l’eventuale miglioramento del sistema di controllo attualmente esistente.

Vengono, pertanto, definite “Attività a rischio reato” tutte quelle attività che – direttamente o indirettamente – presuppongono l’instaurazione di rapporti con gli organismi sopra descritti, che comportano la gestione di strumenti di tipo finanziario e/o mezzi sostitutivi e/o che, pur non comportando l’instaurazione di rapporti diretti con le entità pubbliche sopra menzionate, possono supportare la commissione dei reati di cui al precedente paragrafo A.

Tenuto conto della peculiarità dell’attività della Società e dei rapporti di carattere negoziale che la stessa intrattiene con i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio, i soggetti comunque appartenenti alle Pubbliche Amministrazioni e i pubblici dipendenti, le attività considerate più specificamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale sono ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

 

1. produzione ed invio alla Pubblica Amministrazione di documenti, anche telematici e/o informatici, contenenti informazioni o dichiarazioni relative alla Società e/o l’attestazione di condizioni per la partecipazione a gare, per ottenere licenze o autorizzazioni, ecc. e/o, in ogni caso, lo svolgimento di attività, a qualunque titolo e per qualsivoglia finalità, che comportino l’invio di documentazione alla Pubblica Amministrazione;
 

2. produzione ed invio alla Pubblica Amministrazione di documenti, anche telematici e/o informatici, contenenti dati di natura fiscale o previdenziale;

3. interventi, in qualsiasi modo effettuato, sul sistema informatico e/o telematico o sui dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico e/o telematico;

4. partecipazione a gare di appalto, ad aste pubbliche, a licitazioni private o a trattative private indette o organizzate dalla Pubblica Amministrazione e svolgimento, in tutto o in parte, di tutti gli adempimenti relativi e connessi, anche nei casi in cui dette Attività siano effettuate con altri partner (RTI, ATI, joint venture, consorzi, ecc.);

5. negoziazione di contratti e convenzioni con la Pubblica Amministrazione;

6. gestione degli adempimenti contrattuali nei confronti della Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento alla fornitura di beni;

7. gestione della fatturazione attiva e della fatturazione passiva nei confronti della Pubblica Amministrazione e gestione dei relativi solleciti di pagamento o delle relative contestazioni;

8. gestione di pagamenti, in qualsivoglia modalità o forma, e/o, in ogni caso, gestione dei flussi finanziari da e verso la Pubblica Amministrazione;

9. gestione delle pratiche volte all’ottenimento o all’utilizzo di finanziamenti, contributi o sovvenzioni pubbliche, mutui agevolati o, in ogni caso, altre erogazioni dello stesso tipo comunque denominate concessi o erogati dalla Pubblica Amministrazione;

10. gestione di rapporti in occasione di verifiche, ispezioni, accertamenti in generale presso la Pubblica Amministrazione o disposti dalla Pubblica Amministrazione presso la Società;

11. incontri personali, comunicazioni scritte e/o telematiche e/o informatiche o contatti telefonici con soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione;

12. gestione di rapporti in occasione di verifiche, ispezioni, accertamenti disposti dalla Pubblica Amministrazione per gli aspetti che riguardano la sicurezza e l’igiene sul lavoro;

13. in ogni caso, qualsiasi rapporto con la Pubblica Amministrazione, sia italiana che straniera, con gli enti a natura pubblicistica o, comunque, svolgenti funzioni o attività pubbliche, con i pubblici dipendenti, con pubblici ufficiali o con persone incaricate di un pubblico servizio;

14. gestione delle pratiche di assunzione del personale della Società.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

Le Attività a rischio reato così identificate costituiscono il punto di riferimento nella definizione delle procedure di controllo da implementare e/o introdurre ai fini dell’adeguamento dell’attuale sistema di controlli interno.

Fermo quanto precede, al fine di conformarsi a quanto previsto nelle Linee Guida, la Società ha altresì provveduto ad individuare le aree all’interno delle quali le Attività a rischio reato previste dalla presente Parte Speciale potrebbero essere poste in essere, affinchè possa essere condotta con maggiore precisione l’attività di controllo della correttezza comportamentale.

I risultati dell’attività di mappatura delle aree nelle quali le Attività a rischio reato potrebbero essere perpetuate sono descritte nell’Allegato (a) alla presente Parte Speciale.

D. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

La presente Parte Speciale è inerente alle condotte poste in essere da amministratori, dirigenti e dipendenti (gli “Esponenti Aziendali”) o terzi con cui la Società intrattiene rapporti di natura contrattuale, quali, ad esempio, agenti, rappresentanti (i “Collaboratori”) che svolgono, a qualsiasi titolo, le Attività a rischio reato (gli Esponenti Aziendali ed i Collaboratori cumulativamente indicati “Destinatari”) identificate nella presente Parte Speciale.

Al riguardo, si precisa che le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e specificazione delle previsioni del Codice Etico, relativamente ai rapporti con la Pubblica Amministrazione.

I Destinatari sono consapevoli che l’attuazione ed adozione di comportamenti che possano, anche solo in astratto, configurare gli estremi di reati sono fermamente respinti e impediti, con ogni mezzo, dalla Società, la cui policy aziendale è fortemente orientata verso la maggiore trasparenza e correttezza possibile nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e con i terzi.

In ogni caso, il processo decisionale afferente le Attività a rischio reato è uniformato ai seguenti criteri e principi:

a) ogni Attività a rischio reato è supportata da debita evidenza scritta (email, rapporti scritti, comunicazioni scritte o corrispondenza). In particolare, ciascun Destinatario coinvolto nell’esercizio di un’Attività a rischio reato deve agire in virtù di evidenze scritte – deleghe scritte, istruzioni operative, atti e documenti di immediata consultazione – che descrivono i profili salienti delle attività o fasi di attività specificamente intraprese o da intraprendere, con specifico riferimento alla descrizione dettagliata dell’operazione, delle autorizzazioni necessarie ad agire e, comunque, opportune, delle informative nei confronti dei soggetti che hanno un potere di decisione e di firma;

b) ogni decisione e ogni contatto finalizzato ad effettuare le Attività a rischio reato risulta da un documento scritto, adottato mediante autorizzazione di soggetto legittimamente e correttamente investito dei relativi poteri autorizzativi degli organi societari a ciò preposti e, a seconda dei casi, anche secondo uno schema di doppie firme congiunte che garantisce la trasparenza ed un efficace controllo sulla legittimità dell’operazione;

c) non vi è mai identità soggettiva tra coloro che pongono concretamente in essere un’Attività a rischio reato e coloro che risultano investiti del potere di destinarvi le necessarie risorse economiche e finanziarie o di autorizzarla;

d) le predette risorse economiche e finanziarie sono sempre puntualmente contabilizzate, in modo da averne debita evidenza scritta.

In generale, è assolutamente vietato ai Destinatari:

1) porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti agli artt. 24 e 25 del D. Lgs. n. 231/01;

2) porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato;

3) porre in essere comportamenti non conformi alle procedure aziendali come previste nell’Allegato (b) della presente Parte Speciale o, comunque, non in linea con i principi e le disposizioni contenute nel Modello e nel Codice Etico;

4) porre in essere qualsiasi situazione di conflitto di interessi nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri in relazione a quanto previsto dalle suddette ipotesi di reato.

Nell’ambito dei suddetti principi generali è fatto espresso divieto ai Destinatari, in particolare, di:

a) compiere azioni o tenere comportamenti che siano o possano essere interpretati come pratiche di corruzione, favori illegittimi, comportamenti collusivi, sollecitazioni, dirette o mediante terzi, di privilegi per sé o per altri;

b) effettuare o promettere elargizioni in denaro, effettuare o promettere pagamenti, di qualsivoglia entità, a pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio e/o a soggetti ad essi assimilati;

c) fare o promettere omaggi e regali a terzi che non siano dipendenti della Società al di fuori delle ricorrenti festività natalizie o pasquali, fatta in ogni caso salva la necessità che tali regali e omaggi siano di modico valore. Deve considerarsi come di “modico valore” un regalo od omaggio che non superi l’importo di Euro 100,00 (centocinquanta/00). Qualora, in occasione delle ricorrenti festività natalizie e pasquali per esigenze e casi di carattere del tutto eccezionale, si presentasse la necessità di distribuire a favore di terzi, ivi compresi pubblici ufficiali o dipendenti della Pubblica Amministrazione e/o di soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri, un regalo od un omaggio che abbia un valore superiore a quello sopra indicato, ciascun Destinatario si obbliga a richiedere il preventivo consenso al Consiglio di Amministrazione e/o del Direttore Commerciale e Amministrativo, avendo cura di informare contestualmente l’OdV. L’eventuale autorizzazione dovrà essere rilasciata esclusivamente al singolo Destinatario richiedente, dovrà essere redatta per iscritto e dovrà contenere le relative motivazioni. In ogni caso, è vietata qualsiasi forma di regalo a pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio italiani (appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o a soggetti ad essa assimilati) od esteri (anche in quei paesi in cui l’elargizione di doni rappresenta una normale consuetudine), o a loro familiari, che possa anche solo in linea astratta rischiare di compromettere l’indipendenza di giudizio di tali soggetti o porli nelle condizioni di voler o dover garantire un qualsiasi vantaggio per la Società. Di tutti i regali od omaggi distribuiti dovrà essere tenuta negli archivi della Società idonea documentazione giustificativa, in modo da consentire all’OdV di svolgere tutte le verifiche che ritenesse necessarie o utili;

d) fare promesse di qualsivoglia genere e specie (assunzione, stage, etc.) in favore di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri, nonché a beneficio di altri individui o entità giuridiche riconducibili alla sfera di interesse di questi ultimi. Al contrario la selezione del personale deve avvenire sulla base di procedure che garantiscano una valutazione dei candidati tenuto conto delle esigenze, previa valutazione dei requisiti di professionalità, preparazione e attitudini previa acquisizione del curriculum vitae e di colloqui specifici;

e) compiere discriminazioni nella selezione, assunzione, formazione, retribuzione e gestione del personale oltre che realizzare forme di favoritismo o di nepotismo (ad es. assumere il candidato in ragione di rapporti di parentela, affinità, rapporti di credito/debito o di lavoro con il candidato);

f) non assicurare, in caso di accertamenti o ispezioni, condotte da parte di soggetti pubblici (es. Guardia di Finanza, INPS, INAIL, ecc.), la presenza di soggetti competenti con riferimento al ruolo che essi assumono nella struttura organizzativa aziendale e avuto riguardo alle eventuali deleghe e procure appositamente rilasciate;

g) non garantire la tracciabilità di tutte le verifiche o ispezioni compiute da parte di rappresentanti della Pubblica Amministrazione mediante la sottoscrizione di verbali da parte di soggetti competenti o dotati di idonei poteri a tal fine;

h) effettuare prestazioni in favore dei Collaboratori che non trovino riscontro o giustificazione alcuna nell’ambito del rapporto negoziale instaurato con tali soggetti, in particolare, effettuare pagamenti in assenza di un documento giustificativo (es. fattura, note spese, note di addebito ecc.) adeguatamente controllato, autorizzato e che corrisponda in termini di soggetto beneficiario, importo dell’elargizione, tempistiche e modalità di pagamento con quanto definito nel documento giustificativo stesso o con quanto formalmente concordato tra la Società e il destinatario del pagamento;

i) concedere a soggetti terzi sconti, premi o la riduzione di qualsiasi altra somma dovuta che non trovi giustificazione nel rapporto contrattuale e che non sia motivata da adeguate ragioni; <

j) accordare e corrispondere in favore dei Collaboratori somme di denaro sconti, premi o ridurre l’importo delle somme dovute al di fuori degli importi contrattualmente pattuiti, o senza che siano motivati da fattori obiettivi o distribuire regalie od omaggi al di fuori delle ipotesi espressamente previste al precedente punto c);

k) redigere e consegnare ai pubblici ufficiali o agli incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri dichiarazioni, dati o documenti in genere aventi contenuti inesatti, errati, incompleti, lacunosi e/o falsi al fine di conseguire erogazioni pubbliche, contributi o finanziamenti agevolati, nonché al fine di conseguire autorizzazioni, licenze e provvedimenti amministrativi, comunque denominati e di qualsivoglia natura;

l) destinare eventuali somme o contributi che, ove del caso, in futuro la Società riceva, a titolo di erogazioni, contributi o finanziamenti, da organismi pubblici nazionali, internazionali o comunitari, a scopi e per finalità diversi da quelli cui erano destinati oppure non utilizzare tali fondi entro i termini perentori eventualmente previsti dal relativo atto autorizzativo;

m) concludere contratti di consulenza con soggetti interni alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri in base ai quali si accordino loro indebiti vantaggi. Al contrario la scelta del fornitore dovrà essere effettuata mediante procedure chiare certe e non discriminati, mediante un confronto, ove possibile, tra le diverse offerte ricevute e orientando la scelta verso fornitori o consulenti che diano le maggiori garanzie sotto il profilo etico, organizzativo, tecnico, finanziario;

n) concludere contratti con i fornitori/consulenti senza formalizzarli mediante la redazione di un contratto, autorizzato debitamente da un soggetto dotato di idonei poteri, ove siano specificate le condizioni contrattuali quali il compenso pattuito e le modalità di prestazione di beni/servizi da fornire/effettuare;

o) gestire in autonomia i rapporti commerciali con i clienti, ivi compresa la Pubblica Amministrazione, in particolare per ciò che concerne la negoziazione, la stipula e la gestione seguente dei contratti di vendita conclusi.

Inoltre viene precisato che:

(i) possibili modifiche e/o integrazioni dei contratti dovranno essere autorizzate da un soggetto diverso da colui che ha negoziato;

(ii) ogni deroga alle condizioni contrattuali definite deve essere approvata da un soggetto gerarchicamente superiore al soggetto che ha provveduto alla negoziazione e alla stipula del contratto;

(iii) il soggetto tenuto alla negoziazione e alla stipula del contratto non può gestire in autonomia le risorse finanziarie della Società;

(iv) deve essere sempre prevista l’esistenza di controlli preventivi/verifiche ex post in grado di garantire che le operazioni di vendita siano eseguite in conformità alle prescrizioni contenute nel Modello e nel Codice Etico, ossia occorre verificare la congruenza fra il contratto, il servizio fornito, la fattura e l’incasso oltre che un’adeguata protezione dei sistemi informatici per assicurare accurate modalità di protezione e conservazione dei dati personali;

p) eseguire in favore di terzi pagamenti in contanti eccedenti l’importo di cui al D.Lgs. 231/2007;

q) con specifico riferimento a quanto previsto al precedente paragrafo C, punto 4, nel caso in cui taluna delle Attività a rischio reato ivi descritte sia effettuata in associazione con altri partner, è fatto obbligo:
(i) condurre adeguate verifiche preventive sui potenziali partner;
(ii) accertare l’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo da parte dei partner e/o, almeno, di un codice etico conforme ai principi di cui al D.Lgs. n. 231/2001;
(iii) assumere periodicamente l’attestazione in cui ciascun partner dichiari di non essere a conoscenza di informazioni o situazioni che possano, direttamente o indirettamente, configurare taluno dei reati presupposto;
(iv) inserire specifiche clausole contrattuali a tutela della Società;
(v) assicurarsi l’accettazione del Codice Etico della Società.

Al fine di attuare i comportamenti sopra indicati:

(v) i rapporti nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri per le suddette Attività a rischio reato sono gestiti da specifici responsabili, come nel successivo paragrafo meglio individuati, i quali devono operare nei limiti delle competenze loro attribuite e, laddove opportuno, in modo congiunto e coordinato;
(vi) i rapporti negoziali instaurati con i Collaboratori devono risultare per iscritto e contenere una adeguata e chiara disciplina dei termini, delle modalità, delle condizioni e dei criteri economici di esecuzione delle prestazioni di volta in volta concordate;
(vii) coloro che svolgono una funzione di controllo e supervisione sugli adempimenti connessi all’espletamento delle suddette attività devono porre particolare attenzione sull’attuazione degli adempimenti stessi e riferire immediatamente all’OdV eventuali situazioni di irregolarità.

E. SISTEMA DI GESTIONE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

Fermo quanto precede, per assicurare l’attuazione e l’osservanza delle norme e delle misure preventive in materia di corruzione, la Società ha adottato il Sistema di Gestione per la Prevenzione della Corruzione, sistema certificato secondo la norma UNI EN ISO 37001.

F. COMPITI DELL'ORGANISMO DI VIGILANZA

 

È compito dell’OdV:

a) verificare che siano emanate e aggiornate le istruzioni standardizzate relative a:
➢ gli atteggiamenti da assumere nell’ambito delle Attività a rischio reato e, in genere, nei rapporti da tenere nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri.

Tali istruzioni devono essere scritte e conservate su supporto cartaceo o informatico.
b) verificare che il Consiglio di Amministrazione adotti efficacemente un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. n. 231/01 al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto;
c) verificare periodicamente, con il supporto delle altre funzioni competenti, la validità di opportune clausole standard finalizzate a garantire:
➢ l’osservanza da parte dei Collaboratori delle disposizioni del D. Lgs. n. 231/01;
➢ la possibilità di effettuare efficaci azioni di controllo nei confronti dei Destinatari al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nel Modello e nelle procedure aziendali;
➢ l’attuazione di meccanismi sanzionatori nei confronti dei Destinatari: il tutto come meglio previsto nella Parte Generale del Modello;

d) indicare, nel rispetto di quanto previsto nella Parte Generale del Modello, al Consiglio di Amministrazione, laddove riscontri nella pratica delle carenze, le eventuali necessarie integrazioni ai sistemi di gestione finanziaria già presenti, con l’evidenza degli accorgimenti opportuni a rilevare l’esistenza di eventuali flussi finanziari atipici e connotati da maggiori margini di discrezionalità rispetto a quanto ordinariamente previsto.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di reati nei confronti della Pubblica Amministrazione nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

Parte Speciale 1 bis
​​​​​​​Corruzione tra privati – Istigazione alla corruzione tra privati

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-ter, DEL D. LGS. N. 231/01

La legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” ha introdotto il reato di “corruzione tra privati” (art. 2635 c.c.) nel D. Lgs. 231/01.

Successivamente, il D.Lgs. 15 marzo 2017, n. 38 ne ha modificato la struttura ed ha ulteriormente inserito nel catalogo dei reati presupposto la “istigazione alla corruzione tra privati” (art. 2635-bis, c.c.).

Da ultimo, la Legge 9 gennaio 2019, n. 3, ha eliminato la condizione di procedibilità della querela della persona offesa da entrambe le fattispecie di reato.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per se' o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.

Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.

Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

Fermo quanto previsto dall'articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

* * *

Va rilevato, in merito al reato di corruzione tra privati, che la fattispecie che rileva ai fini del Decreto è solamente quella prevista al terzo comma dell’art. 2635 del Codice Civile.

In altre parole, si ritiene sussistere una responsabilità ai sensi del Decreto solo nel caso in cui una persona appartenente all’ente attivamente dia, offra o prometta denaro o altra utilità a amministratori, direttori generali, dirigenti preposti, dirigenti, sindaci, liquidatori di un altro ente. Viene, cioè, sanzionato solo il comportamento del “corruttore” e non quello del “corrotto”.

Le condotte astrattamente riconducibili alla fattispecie di reato in esame possono essere le più svariate e possono comprendere l’ipotesi in cui, a seguito della dazione di denaro, si favorisca l’aggiudicazione di un appalto privato in favore di un ente piuttosto che di un altro, oppure si favorisca la stipulazione di un contratto di consulenza con un professionista con il quale, in mancanza di dazione di denaro, non si sarebbe instaurato un rapporto commerciale.

Ulteriore elemento è la rilevanza data alla violazione degli obblighi di fedeltà oltre agli “obblighi inerenti al proprio ufficio”. Questa circostanza sembra confermare che la ratio incriminatrice della norma sia da ravvisarsi nell’esigenza di reprimere le forme di mala gestio connesse ad un fenomeno di deviazione dal buon andamento societario.

Va rilevato che la fattispecie in esame ricorre anche nelle ipotesi in cui la dazione, l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità avvenga “per interposta persona”, ossia tramite un intermediario (agente, consulente, ecc.).

Istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635-bis c.c.)

Chiunque offre o promette denaro o altra utilita' non dovuti agli amministratori,ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di societa' o enti privati, nonche' a chi svolge in essi un'attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinche' compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedelta', soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 2635, ridotta di un terzo.

La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di societa' o enti privati, nonche' a chi svolge in essi attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se' o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilita', per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedelta', qualora la sollecitazione non sia accettata.

* * *

La norma punisce chi offre o promette (o chi sollecita l’offerta o la promessa) denaro o altra utilità, nei casi in cui l’offerta o la promessa (o la sollecitazione) non siano accettate dall’altra parte. In tali casi, la pena è ridotta di un terzo. Come per la corruzione tra privati, anche nel caso dell’istigazione alla corruzione tra privati assumere rilevanza ai fini del D. Lgs. 231/01 la sola fattispecie di cui al primo comma e, quindi, la sola condotta del corruttore.

B. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 1-bis DEL MODELLO

 

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati di corruzione tra privati e istigazione alla corruzione tra privati si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

C. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Le attività considerate più specificatamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale (nel seguito, “Attività a rischio reato”) sono ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

1. negoziazione, conclusione, esecuzione o cessazione di qualsiasi tipologia di contratto con persone giuridiche private, con particolare riferimento alla determinazione di condizioni, offerte, prezzi, termini di pagamento (e relative penali), scontistica, ecc., nel caso in cui la Società sia nella posizione attiva (offra beni o servizi);

2. gestione dei rapporti con la società di revisione, con eventuali certificatori e/o sindaci;

3. gestione di pagamenti, in qualsivoglia modalità o forma, e/o, in ogni caso, gestione dei flussi finanziari da e verso persone giuridiche private;

4. gestione del contenzioso giudiziale o stragiudiziale;

5. gestione, anche indirettamente, delle assunzioni;

6. gestione di omaggi, spese di rappresentanza e note spese;

7. gestione delle sponsorizzazioni;

8. negoziazione, conclusione o cessazione di contratti di consulenza ed altre prestazioni professionali;

9. selezione di fornitori di beni e servizi;

10. gestione della fatturazione attiva e/o passiva;

11. gestione del magazzino.

12. gerstione delle agenzie di selezione del personale;

13. Gestione e negoziazioen degli agenti.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

Fermo quanto precede, al fine di conformarsi a quanto previsto nelle Linee Guida, la Società ha altresì provveduto ad individuare le aree all’interno delle quali le Attività a rischio reato previste dalla presente Parte Speciale potrebbero essere poste in essere, affinchè possa essere condotta con maggiore precisione l’attività di controllo della correttezza comportamentale. I risultati dell’attività di mappatura delle aree nelle quali le Attività a rischio reato potrebbero essere perpetuate sono descritte nell’Allegato (a) alla presente Parte Speciale.

D. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Destinatari della presente Parte Speciale sono gli Amministratori il Responsabile Area Amministrativa, il Direttore Tecnico, il Responsabile Cantieri, il Responsabile Qualità, Sicurezza e Ambiente ed i loro dipendenti in linea gerarchica e, in generale, tutti coloro che svolgono Attività a rischio reato (di seguito i “Destinatari”).

In generale, è assolutamente vietato ai Destinatari:

1) porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, il reato di corruzione tra privati;

2) porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato;

3) porre in essere comportamenti non conformi alle procedure aziendali o, comunque, non in linea con i principi e le disposizioni contenute nel Modello e nel Codice Etico;

4) rispettare, in quanto applicabili, le prescrizioni descritte al paragrafo “D” della Parte Speciale 1 del Modello – ad eccezione di quanto previsto nell’Allegato (b) – anche nei confronti dei soggetti privati.

Nel particolare è necessario che:

1) ogni operazione/transazione, intesa nel senso più ampio del termine, sia legittima, autorizzata, coerente, congrua, documentata, registrata ed in ogni tempo verificabile;

2) ogni soggetto che effettui operazioni e/o transazioni aventi ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità economicamente valutabili e appartenenti alla Società, sia munito di specifica autorizzazione;

3) ogni operazione aziendale che si rifletta sul sistema contabile, avvenga sulla scorta di adeguato supporto documentale, ossia tale si considera quell’atto in grado di fornire tutti gli elementi, dati ed informazioni utili alla ricostruzione dell’operazione compiuta e dei motivi che la giustificano.

4) qualunque movimentazione finanziaria attiva o passiva deve essere sempre ricondicubile ad eventi certi documentati, inerenti alle attività propriamente svolte dalla Società e approvata per iscritto dal soggetto responsabile;

5) non vi sia identità soggettiva fra coloro che assumono ed attuano le decisioni, coloro che sono tenuti alla conservazione della relativa documentazione nonché tra chi è responsabile dei successivi controlli.

E. SISTEMA DI GESTIONE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

Fermo quanto precede, per assicurare l’attuazione e l’osservanza delle norme e delle misure preventive in materia di corruzione, la Società ha adottato il Sistema di Gestione per la Prevenzione della Corruzione, sistema certificato secondo la norma UNI EN ISO 37001.

F. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

È compito dell’OdV:

a) verificare che siano emanate e aggiornate le istruzioni standardizzate relative a:
➢ gli atteggiamenti da assumere nell’ambito delle Attività a rischio reato e, in genere, nei rapporti da tenere nei confronti dei soggetti privati.

Tali istruzioni devono essere scritte e conservate su supporto cartaceo o informatico.

b) verificare che il Consiglio di Amministrazione adotti efficacemente un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. n. 231/01 al fine di prevenire il rischio di commissione del reato di corruzione tra privati;

c) verificare periodicamente, con il supporto delle altre funzioni competenti, la validità di opportune clausole standard finalizzate a garantire:

➢ l’osservanza da parte dei Collaboratori delle disposizioni del D. Lgs. n.231/01;

➢ la possibilità di effettuare efficaci azioni di controllo nei confronti dei Destinatari al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nel Modello e nelle procedure aziendali;

➢ l’attuazione di meccanismi sanzionatori nei confronti dei Destinatari: il tutto come meglio previsto nella Parte Generale del Modello;

d) indicare, nel rispetto di quanto previsto nella Parte Generale del Modello, al Consiglio di Amministrazione, laddove riscontri nella pratica delle carenze, le eventuali necessarie integrazioni ai sistemi di gestione finanziaria già presenti, con l’evidenza degli accorgimenti opportuni a rilevare l’esistenza di eventuali flussi finanziari atipici e connotati da maggiori margini di discrezionalità rispetto a quanto ordinariamente previsto.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di corruzione tra privati nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

Parte Speciale 2
Reati Societari

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-ter DEL D. LGS. N. 231/01

Le norme penali contenute rispettivamente negli articoli 2621, 2621 bis, 2622, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2629-bis, 2632, 2633, 2635, 26235-bis, 2636, 2637 e 2638 c.c. – così come introdotti dal Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n.61, emanato in attuazione della Legge Delega 3 ottobre 2001, n. 366 in materia di disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali – modificati dalla Legge n. 69 del 2015, trovano espresso accoglimento nell’art.25-ter del D. Lgs. n. 231/01.

Le modifiche al falso in bilancio apportate dalla Legge 69/15 impattano sulla disciplina della responsabilità amministrativa degli Enti. Nella formulazione precedente l’ambito applicativo delle disposizioni in esame restringeva il novero dei reati societari commessi nell’interesse della società da amministratori, direttori generali o liquidatori, ovvero da persone sottoposte alla loro vigilanza, laddove la realizzazione del fatto fosse imputabile ad una violazione dei doveri di vigilanza imposti dagli obblighi inerenti la loro carica. Il nuovo testo dell’art. 25-ter ex D.Lgs. 231/2001, conformemente alle altre disposizioni sanzionatorie previste dal Decreto, si limita invece a disporre l’applicazione delle sanzioni pecuniarie “in relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile”, stabilendole l’entità.

Nella nuova formulazione è eliminato qualsiasi riferimento alla nozione di “interesse” della società, al novero dei soggetti dalle cui azioni possono derivare le conseguenze sanzionatorie per l’ente e ai criteri di imputazione oggettiva dell’illecito, ritenendo, pertanto, ammissibile la perpetrazione dei reati societari anche da enti che svolgono la loro attività in forma diversa da quella societaria.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:


False comunicazioni sociali

False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.)

“Fuori dai casi previsti dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materia rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale, o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se la falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi”
 

Fatti di lieve entità (art. 2621 bis c.c.)

“Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all’articolo 2621 sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.

Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la stessa pensa di cui al comma precedente quando i fatti di cui all’art. 2621 riguardano società che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’art. 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. In tal caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale”.

 

False comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 c.c.)

“Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione di un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni.

Alle società indicate nel comma precedente sono equiparate:

1) le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolarmente italiano o di altro Paese dell’Unione europea;

2) le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione di un sistema multilaterale di negoziazione italiano;

3) le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro paese dell’Unione europea;

4) le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi”.

* * *

Le nuove disposizioni legislative sono finalizzate a ricondurre le false comunicazioni sociali, precedentemente configurate quali reati contravvenzionali e illeciti amministrativi, al novero dei delitti punibili con la pena della reclusione. Le relative fattispecie conservano la natura di “reato proprio” (in quanto realizzabile unicamente da soggetti qualificati) configurandosi come reati di pericolo perseguibili d’ufficio e a seguito di querela per le sole società che non superano le c.d. soglie di fallibilità.

Il bene giuridico tutelato dalla norma è quello della trasparenza, completezza e correttezza dell’informazione societaria.

Di particolare rilevanza è la decisione del Legislatore di eliminare le soglie di punibilità, che limitano in modo consistente la possibilità di imputare il reato al soggetto agente e di introdurre, invece, la definizione di “fatti di lieve entità” e di “particolare tenuità” per i quali si applica rispettivamente una pena meno grave e una causa di esclusione della punibilità.

Le modifiche al falso in bilancio impattano sulla disciplina della responsabilità amministrativa degli enti. Nella formulazione precedente l’ambito applicativo delle disposizioni in esame restringeva il novero dei reati societari commessi nell’interesse della società da amministratori, direttori generali o liquidatori, ovvero da persone sottoposte alla loro vigilanza, laddove la realizzazione del fatto fosse imputabile ad una violazione dei doveri di vigilanza imposti dagli obblighi inerenti la loro carica. Il nuovo testo dell’art. 25-ter ex D.Lgs. 231/2001, conformemente alle altre disposizioni sanzionatorie previste dal Decreto, si limita invece a disporre l’applicazione delle sanzioni pecuniarie “in relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile”, stabilendole l’entità.

Quanto alle modalità attuative di tali reati, si elenca, di seguito, una possibile casistica che, senza alcuna pretesa di esaustività, riveste carattere meramente esemplificativo ed informativo a favore dei Destinatari:

fatturazione per prestazioni inesistenti;

➢ falsa indicazione dei beni ceduti o dei servizi resi o del loro corrispettivo;
➢ fatturazione per un importo inferiore rispetto all’effettivo valore dei beni ceduti o dei servizi resi, con separato ricevimento di corrispettivi collaterali;
➢ vendite cui segue una falsa contestazione, da parte del cliente, sulla conformità o sulla qualità della merce, allo scopo di ridurre l’importo incassato ufficialmente;
➢ fatturazione per un importo superiore rispetto all’effettivo valore dei beni ceduti o dei servizi resi, con separata compensazione mediante il ricevimento di una fattura relativa a cessione di beni o prestazioni di servizi inesistenti;
➢ simulata corresponsione di somme a titolo di penale o inadempimento a seguito di controversie inesistenti;
➢ conferimenti in sede di aumento del capitale sociale di beni il cui effettivo valore è inferiore a quello relativo alle nuove quote o azioni emesse;
➢ acquisto di proprie azioni mediante la corresponsione ai soci di un prezzo superiore rispetto al reale valore delle azioni stesse;
➢ sovrastima o sottostima delle immobilizzazioni materiali, immateriali o finanziarie;
➢ falsa rilevazione del valore di ammortamento di alcuni beni in misura rispettivamente superiore o inferiore alla loro effettiva obsolescenza;
➢ omissione dell’esecuzione di un accantonamento reso necessario a seguito del rischio di esigibilità in cui versano uno o più crediti;
➢ in mancanza di qualsivoglia rischio, costituzione di un fondo di accantonamento rischi e oneri al solo fine di ridurre il risultato di esercizio e la conseguente distribuzione degli utili;
➢ iscrizione in bilancio di altre attività o passività inesistenti;
➢ contabilizzazione di altri costi o ricavi fittizi;
➢ predisposizione di situazioni economiche o patrimoniali da trasmettere ad istituti di credito evidenzianti dati manifestamente falsi rispetto a quelli effettivi della società;
➢ indicazione di informazioni e dati manifestamente falsi nella nota integrativa e nella relazione sulla gestione.

Impedito controllo (art. 2625 c.c.)

“Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro.

Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione fino ad un anno e si procede a querela della persona offesa.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.

* * *

Il reato, che può essere commesso esclusivamente dagli amministratori (anche di fatto), consiste nell’ostacolare o impedire lo svolgimento delle attività di controllo e/o di revisione, legalmente attribuite ai soci, ad organi sociali o a società di revisione. La condotta tipica sanzionata è l’occultamento, ma il legislatore individua altresì una formula di chiusura volta a ricomprendere qualunque altra forma di realizzazione fraudolenta.

La norma prevede un illecito amministrativo al primo comma e, al secondo comma, un delitto configurato come reato di danno, nell’eventualità che la condotta abbia cagionato un danno patrimoniale ai soci19.

Operativamente, la condotta degli amministratori – che si possono avvalere di propri diretti collaboratori – si può tradurre in azioni che non rispettino la richiesta di informazioni da parte del Collegio Sindacale in tema di applicazione alla società di una specifica normativa, mediante l’occultamento, accompagnato da artifizi, della documentazione utile a rappresentare i processi applicativi in sede aziendale di tale legge.


Indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626 c.c.)

“Gli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscono, anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li liberano dall'obbligo di eseguirli, sono puniti con la reclusione fino ad un anno”.

* * *

Il reato sopra riportato, analogamente a quello disciplinato al successivo art. 2627 c.c., è di natura dolosa, ha la finalità di tutelare l’integrità del patrimonio sociale e si realizza nel momento in cui gli amministratori, pur in mancanza di legittime ipotesi di riduzione del capitale sociale legislativamente tipizzate20, restituiscono, anche per equivalente, ai soci gli apporti destinati a far parte del capitale sociale, ovvero liberano gli stessi soci dell’obbligo di eseguire il singolo conferimento.

Sia nell’ipotesi di restituzione, che nella diversa eventualità di liberazione dall’obbligo di eseguire i conferimenti, tali condotte possono manifestarsi in modo palese, ad esempio, attraverso la restituzione del bene oggetto del conferimento senza adeguato corrispettivo o mediante il rilascio di dichiarazioni con cui i soci vengono liberati dall’obbligo di eseguire i versamenti, ovvero in modo simulato, attraverso condotte che potrebbero integrare anche altre fattispecie di reato: ad esempio mediante la distribuzione di utili fittizi.

Illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.)

“Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, gli amministratori che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite, sono puniti con l'arresto fino ad un anno. La restituzione degli utili o la ricostituzione delle riserve prima del termine previsto per l'approvazione del bilancio estingue il reato”.

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La norma, che assume natura residuale, sanziona la condotta degli amministratori (si tratta quindi di un reato proprio) che ripartiscono utili o acconti su utili nel solo caso in cui essi non siano effettivamente conseguiti, ovvero siano destinati a riserva legale. E’ esclusa la configurabilità del reato in caso di distribuzione di utili che siano stati solo statutariamente destinati a riserve (oltre la misura richiesta ex lege).

Il secondo comma della norma in esame prevede un’apposita causa di estinzione del reato.

Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.)

“Gli amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote sociali, cagionando una lesione all'integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.

La stessa pena si applica agli amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote emesse dalla società controllante, cagionando una lesione del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.

Se il capitale sociale o le riserve sono ricostituiti prima del termine previsto per l'approvazione del bilancio relativo all'esercizio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato è estinto”.

* * *

L’articolo in commento sanziona la condotta degli amministratori che, prescindendo dai divieti imposti dalla disciplina civilistica, compiono operazioni sulle azioni o quote della società, ovvero della controllante, ledendo in questo modo l’integrità del patrimonio sociale e delle riserve non distribuibili per legge. Con riferimento alla fattispecie descritta al secondo comma dell’art. 2628 c.c., occorre richiamare l’art. 2359-bis c.c., che pone il divieto alla società controllata di acquistare azioni o quote della propria controllante se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato e nel rispetto di ben precise modalità e condizioni (a condizione che si tratti di azioni interamente liberate). Per quanto riguarda la sottoscrizione di azioni della controllante, l’art. 2359-quinquies c.c. prevede un espresso divieto in tal senso.

Il reato previsto dall’art. 2628 c.c. si estingue nel caso in cui, prima dell’approvazione del bilancio dell’esercizio in cui è stata posta in essere la condotta, venga ricostituito il capitale o siano reintegrate le riserve.

Tra le fattispecie che possono realizzare l’illecito vanno annoverate non solo le ipotesi di semplice acquisto (compravendita), ma anche quelle di trasferimento della proprietà delle azioni, per esempio, mediante permuta o contratti di riporto, o quelle di trasferimento senza corrispettivo, come la donazione.

Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.)

“Gli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o scissioni, cagionando danno ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato”.

* * *

Lo scopo perseguito dalla norma è quello di tutelare i creditori sociali che potrebbero rimanere lesi nei propri diritti di credito a seguito di operazioni poste in essere dagli amministratori (riduzione del capitale sociale, fusione e scissione) con il deliberato proposito di eludere le prescrizioni legislative previste in materia.

E’ un reato proprio, in quanto può essere commesso solo dagli amministratori.

Si tratta, in particolare, dei casi di riduzione del capitale sociale al di fuori delle ipotesi legislativamente previste o, addirittura, di riduzione dello stesso al di sotto del limite legale, oppure di specifiche ipotesi di fusione tra due società, una delle quali si trova in una situazione di dissesto finanziario, con la conseguenza che i creditori della società patrimonialmente solida vengono scientemente e dolosamente messi in concorso con i creditori della società insolvente.

Il reato è perseguibile a querela della persona offesa e si estingue nell’ipotesi in cui gli amministratori abbiano risarcito il danno ai creditori lesi nei propri diritti, prima dell’avvento del giudizio.

Formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.)

“Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano od aumentano fittiziamente il capitale sociale mediante attribuzioni di azioni o quote in misura complessivamente superiore all'ammontare del capitale sociale, sottoscrizione reciproca di azioni o quote, sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione, sono puniti con la reclusione fino ad un anno”.

* * *

Il reato si concretizza attraverso una delle seguenti condotte:

➢ attribuzione al socio di azioni o quote per un valore complessivamente inferiore al loro valore nominale;

➢ reciproca sottoscrizione di azioni o quote tra due persone giuridiche avente carattere non necessariamente contestuale, ferma restando la necessità di un accordo unitario tra i due agenti diretto a questo scopo;

➢ rilevante sopravvalutazione del valore dei beni conferiti in natura o dei crediti oppure dell’intero patrimonio societario nell’ipotesi di trasformazione della società stessa.

Corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per se' o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste. Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni. Fermo quanto previsto dall'articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

* * *
Per l’analisi di tale fattispecie si rinvia al relativo capitolo.

Istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635-bis, c.c.)

 

“Chiunque offre o promette denaro o altra utilita' non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di societa' o enti privati, nonche' a chi svolge in essi un'attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinche' compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedelta', soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 2635, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di societa' o enti privati, nonche' a chi svolge in essi attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se' o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilita', per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedelta', qualora la sollecitazione non sia accettata.”

* * *
Per l’analisi di tale fattispecie si rinvia al relativo capitolo.

Illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.)

“Chiunque, con atti simulati o fraudolenti, determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

* * *

Tra le condotte che possono integrare il reato in questione si possono annoverare:

➢ l’ammissione al voto di soggetti non aventi diritto;

➢ la non ammissione di soggetti aventi il diritto di intervenire alla delibera;

➢ la falsificazione del numero degli intervenuti in assemblea;

➢ l’attribuzione a uno o più soci di un numero di azioni o quote maggiore di quello effettivamente risultante dal libro soci;

➢ le minacce o l’esercizio della violenza per ottenere dai soci l’adesione alla delibera o la loro astensione.

Aggiotaggio (art. 2637 c.c)

 

“Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni”.

* * *

Il delitto tutela, genericamente, l’ordine economico e l'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale che verrebbe gravemente pregiudicata dalla diffusione di notizie false o dal concretizzarsi di operazioni simulate che determinino una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari quotati o non quotati.
Si tratta di un delitto di pura condotta: risulta, infatti, sufficiente, per configurare delitto, il diffondere notizie false, ovvero il porre in essere operazioni simulate o altri artifici, senza che sia richiesta la produzione di alcun evento naturalistico.

Il reato può essere commesso con due distinte modalità:

1) diffondere notizie false;
2) porre in essere operazioni simulate o altri artifizi.

Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638 c.c.)

 

“Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.

(…)”.

* * *

L‘articolo tutela le funzioni di garanzia e controllo, attribuite dalla legge alle autorità pubbliche di vigilanza, che verrebbero pregiudicate da informazioni mendaci o dall’omissione di informazioni circa la reale situazione economico-patrimoniale delle società.

Si tratta di un reato tipico che può essere commesso esclusivamente da amministratori, direttori generali, sindaci, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili e liquidatori di società, enti e soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza.

Il reato può essere commesso con due distinte modalità:

➢ la prima consiste alternativamente nella comunicazione all’autorità di vigilanza di fatti non rispondenti al vero rispetto alla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dell’Ente, ovvero nel fraudolento occultamento di fatti concernenti la situazione medesima;

➢ la seconda è rappresentata da qualsiasi comportamento, anche omissivo, che sia intenzionalmente diretto a ostacolare le funzioni delle autorità di vigilanza.

B. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 2 DEL MODELLO

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati societari si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

C. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Tenuto conto della peculiarità dell’attività della Società, le attività considerate più specificamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale (nel seguito “Attività a rischio reato”) sono ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

 

1. redazione del bilancio, delle relazioni periodiche infraannuali e di qualsivoglia comunicazione prevista dalla legge nei confronti dei soci o del pubblico, anche se effettuata in via indiretta, ma tale da incidere su detti documenti;

2. gestione di documenti utili all’esercizio delle attività di controllo o di revisione e/o redazione ed invio di relazioni e comunicazioni ai soci o agli organi sociali;

3. restituzione dei conferimenti e/o ripartizione degli utili e delle riserve;

4. formazione, aumento, riduzione o qualsiasi operazione sul capitale sociale, nonché operazioni straordinarie della Società;

5. denunce, comunicazioni o deposito di documenti presso il Registro delle Imprese;

6. rapporti ed operazioni con i creditori, atti di disposizione dei beni sociali, anche se posseduti dalla Società per conto di terzi;

7. rapporti e comunicazioni, di qualsiasi genere, con le autorità di pubblica vigilanza;

8. fatturazione attiva e passiva; gestione delle contestazioni, da parte del cliente, sulla conformità o sulla qualità della merce fornita.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

Fermo quanto precede, al fine di conformarsi a quanto previsto nelle Linee Guida, la Società ha altresì provveduto ad individuare le aree all’interno delle quali le Attività a rischio reato previste dalla presente Parte Speciale potrebbero essere poste in essere, affinché possa essere condotta con maggiore precisione l’attività di controllo della correttezza comportamentale.

I risultati dell’attività di mappatura delle aree nelle quali le Attività a rischio reato potrebbero essere perpetuate sono descritte nell’Allegato (a) alla presente Parte Speciale.

D. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

 

Destinatari della presente Parte Speciale sonogli Amministratori i Sindaci, i dirigenti ed i loro dipendenti in linea gerarchica che svolgano le Attività a rischio reato (di seguito i “Destinatari”).

Le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e precisazione delle previsioni del Codice Etico in materia.

Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di:

i. evitare di attuare comportamenti che possano anche solo potenzialmente integrare i reati descritti al precedente paragrafo A.

In particolare:

➢ ogni soggetto che effettui operazioni e/o transazioni aventi ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità economicamente valutabili appartenenti alla Società, deve agire su specifica autorizzazione e fornire a richiesta tutto ciò che sia necessario per procedere alla sua verifica in ogni tempo;

➢ ogni operazione e/o transazione, intesa nel senso più ampio del termine, deve essere legittima, autorizzata, coerente, congrua, documentata, registrata e in ogni tempo verificabile;

➢ ogni operazione realizzata deve essere conservata in apposito supporto documentale così da permettere l’agevole registrazione contabile, l’individuazione dei distinti gradi di responsabilità nonché la piena tracciabilità dell’operazione stessa;

➢ i flussi in entrata ed in uscita devono essere sempre riconducibili ad eventi certi documentati e strettamente inerenti alle attività svolte in azienda, oltre che essere specificatamente autorizzati dal soggetto responsabile della funzione aziendale competente;

➢ non deve esservi identità soggettiva fra coloro che assumono o attuano le decisioni, coloro che devono dare contezza contabile delle operazioni ed i soggetti tenuti a svolgere gli opportuni controlli previsti dalla legge e dalle procedure aziendali interne;

➢ ogni documento riguardante l’attività dell’impresa deve essere conservato ed archiviato dal soggetto responsabile e può essere oggetto di eventualI modifiche solo su espressa autorizzazione;

➢ l’accesso ai documenti già archiviati deve essere sempre motivato e consentito solo a coloro che siano muniti di apposita autorizzazione in base alle regole interne;

➢ devono essere altresì previste misure idonee atte ad assicurare che, qualora siano avanzate richieste di variazione quantitativa dei dati, rispetto a quelli già contabilizzati, sia tempestivamente informato l’OdV. Allo stesso modo sia stabilito che venga comunicato all’OdV ogni proposta finalizzata a variare i criteri di rilevazione, registrazione e rappresentazione contabile sino ad ora utilizzati.

ii. tenere un comportamento corretto, trasparente e collaborativo, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure aziendali, in tutte le attività finalizzate alla formazione del bilancio, delle situazioni patrimoniali e contabili di periodo e delle comunicazioni sociali in genere, al fine di fornire ai destinatari di tali comunicazioni (soci, creditori e terzi in genere) un’informazione rispondente al vero e corretta sullo stato economico, patrimoniale e finanziario in cui versa la Società. Più precisamente, in questo contesto, è assolutamente vietato predisporre, redigere, trasmettere e/o comunicare, in qualsivoglia modo e forma, dati e informazioni inesatti, errati, incompleti, lacunosi e/o falsi aventi ad oggetto lo stato patrimoniale economico e finanziario della Società, ovvero compiere qualsivoglia omissione nella predisposizione, redazione, trasmissione e/o comunicazione di tali dati e/o informazioni;

iii. osservare con la massima diligenza e rigore tutte le disposizioni legislativamente previste a tutela dell’integrità e conservazione del capitale sociale; tutto ciò allo scopo precipuo di non ledere in alcun modo il legittimo affidamento riposto dai creditori e dai terzi in genere. In questo ambito, è assolutamente vietato: (a) al di fuori dei casi legislativamente previsti di riduzione del capitale sociale, restituire i conferimenti effettuati a qualsivoglia titolo dai soci o rilasciare agli stessi soci liberatorie, espresse o tacite, dall’obbligo di eseguire i conferimenti in questione; (b) eseguire ripartizioni degli utili o di acconti di utili inesistenti o effettuare ripartizioni di somme destinate per legge a riserve indistribuibili secondo le vigenti disposizioni; (c) effettuare riduzioni del capitale sociale, fusioni con altra società o scissioni al fine di cagionare un danno ai creditori sociali; (d) aumentare fittiziamente in ogni modo o forma il capitale sociale;

iv. garantire il corretto funzionamento degli organi sociali e più in generale della Società, consentendo lo svolgimento delle attività del Collegio Sindacale. In questo ambito, è assolutamente vietato occultare, in qualsiasi modo e forma, documenti o porre in essere artifizi e raggiri tali da impedire al Collegio Sindacale di svolgere le attività di rispettiva competenza, ivi incluso il controllo contabile.

Di seguito sono descritte le modalità di attuazione dei principi sopra richiamati in relazione alle diverse tipologie di reati societari.

D.1 BILANCI ED ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI

Per la prevenzione dei reati di cui agli artt. 2621 e 2622 c.c. la redazione del bilancio annuale, della relazione sulla gestione e di eventuali situazioni economico- patrimoniali di periodo deve essere realizzata in base a specifiche procedure aziendali di cui ogni singolo Destinatario della presente Parte Speciale dichiara di avere piena ed integrale conoscenza.

In linea di principio e salvo specifiche previsioni, le procedure aziendali prevedono:

➢ l’elencazione dei dati e delle notizie che ciascuna Funzione aziendale deve fornire, a quali altri enti, Funzioni tali dati e notizie debbono essere trasmessi, i criteri con i quali sono stati elaborati, nonché la tempistica di consegna;

➢ la trasmissione dei dati ed informazioni alla Funzione responsabile per via informatica o, comunque, in modo che restino tracciati i vari passaggi e l’identificazione dei soggetti che inseriscono i dati nel sistema;

➢ la tempestiva trasmissione al Consiglio di Amministrazione e a tutti i membri del Collegio Sindacale della bozza di bilancio;

➢ la specifica sottoscrizione da parte di ciascuno dei soggetti coinvolti nei singoli processi di formazione della bozza di bilancio, della relazione sulla gestione o di altre comunicazioni sociali di una specifica dichiarazione con cui si attesta che il dichiarante ha operato nello svolgimento dei propri compiti e mansioni con diligenza e professionalità e che, per quanto dovrebbe essere legittimamente a conoscenza del dichiarante, i dati elaborati, dedotti, e/o trasmessi dallo stesso alle altre funzioni aziendali e/o a terzi rappresentano in modo vero, completo, corretto, preciso e coerente la situazione economica, contabile e patrimoniale della Società;

➢ la comunicazione sistematica e tempestiva all’OdV di qualsiasi incarico, conferito o che si intenda conferire, alla Società di Revisione che sia aggiuntivo rispetto a quello della certificazione del bilancio.

D.2 NORME COMPORTAMENTALI NEI CONFRONTI DELLA SOCIETA’ DI REVISIONE

Il controllo contabile è esercitato dalla Società di Revisione.

Il Responsabile della Funzione Amministrativa è, pertanto, il responsabile aziendale incaricato di intrattenere i rapporti con la Società di Revisione. La trasmissione di qualsivoglia documento a tale società dovrà avvenire mediante posta elettronica e/o a mezzo fax per il suo tramite. Allo stesso modo, il Responsabile della Funzione Amministrativa manterrà evidenza della documentazione raccolta dalla Società di Revisione direttamente presso la Società.

Il conferimento alla Società di Revisione di incarichi di consulenza o assistenza professionale diversi e ulteriori rispetto all’attività di certificazione del Bilancio dovrà essere espressamente autorizzato con idonea motivazione dal Consiglio di Amministrazione, ferma restando la preventiva informazione dell’OdV.

D.3 ESERCIZIO DEI POTERI DI CONTROLLO SULLA GESTIONE SOCIALE

Per la prevenzione del reato di cui all’art. 2625 c.c. e pertanto al fine di assicurare il regolare funzionamento della Società e degli organi sociali, garantendo ed agevolando ogni forma di controllo sulla gestione sociale, devono essere rispettate le relative procedure aziendali.

In linea di principio e salvo specifiche previsioni, le procedure aziendali prevedono:

➢ la tempestiva trasmissione al Collegio Sindacale di tutti i documenti relativi ad argomenti posti all’ordine del giorno di Assemblee o sui quali il Collegio Sindacale debba esprimere un parere;

➢ la messa a disposizione del Collegio Sindacale dei documenti sulla gestione della Società per le verifiche proprie dei due organismi;

➢ la previsione di riunioni periodiche o, comunque, di comunicazioni e informative tra Collegio Sindacale ed OdV per verificare l’osservanza delle regole e procedure aziendali in tema di normativa societaria da parte degli Amministratori, del management e dei dipendenti.

D.4 TUTELA DEL CAPITALE SOCIALE

Per la prevenzione dei reati di cui agli artt. 2626, 2627, 2628, 2629, 2632 e 2633 c.c., tutte le operazioni che possano potenzialmente ledere l’integrità del capitale sociale debbono essere realizzate in base a specifiche procedure aziendali e di gruppo all’uopo predisposte.

➢ In linea di principio e salvo specifiche previsioni, le procedure aziendali prevedono: l’assegnazione di responsabilità decisionali ed operative mediante il conferimento di idonee e formali procure ad almeno due soggetti per le operazioni anzidette, nonché i meccanismi di coordinamento tra le diverse funzioni aziendali coinvolte;

➢ l’informativa da parte del management aziendale e l’informativa in merito alle operazioni anzidette tra il Collegio Sindacale e l’OdV;

➢ l’esplicita approvazione da parte del Consiglio di Amministrazione.

E. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

Nell’ambito della presente Parte Speciale, all’OdV sono attribuiti i seguenti compiti:

a) per quanto riguarda il bilancio e le altre comunicazioni sociali:

➢ monitoraggio dell’efficacia delle procedure interne all’uopo predisposte per la prevenzione dei reati di false comunicazioni sociali;

➢ esame di eventuali segnalazioni provenienti dal Collegio Sindacale o da qualsiasi dipendente o consulente della Società, nonché disposizione degli accertamenti ritenuti necessari;

b) per quanto riguarda le altre attività a rischio:

➢ verifiche periodiche sul rispetto delle procedure interne;

➢ esame di eventuali segnalazioni provenienti dal Collegio Sindacale o da qualsiasi dipendente o consulente della Società, nonché disposizione degli accertamenti ritenuti necessari.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di reati societari nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

Parte Speciale 3
​​​​​​​Reati commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-septies DEL D. LGS. N. 231/01

L’art. 9 della Legge n. 123/2007 ha introdotto nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-septies – successivamente modificato dal D.Lgs. 81/2008 – che estende la responsabilità amministrativa degli Enti ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime di cui, rispettivamente, agli artt. 589 e 590, comma terzo, c.p., commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela e della salute sul lavoro.

La previsione della responsabilità degli Enti in conseguenza della commissione di reati di natura colposa rende necessario procedere ad una lettura dell’art. 25- septies del D. Lgs. n. 231/01 in stretto coordinamento con l’art. 5 del medesimo Decreto, che subordina l’insorgenza della responsabilità in capo all’Ente all’esistenza di un “interesse” o “vantaggio” per l’Ente stesso.

Omicidio colposo (art. 589 c.p.)

“Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. Se il fatto è commesso nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.”

* * *

Il reato previsto dalla norma sopra riportata è di natura colposa; la fattispecie prevista dal secondo comma costituisce una forma aggravata della fattispecie generale prevista dal primo comma della norma e si configura qualora uno deisoggetti preposti all’applicazione e/o all’osservanza delle norme antinfortunistiche ponga in essere una condotta in violazione di specifiche norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o ometta l’adozione di una misura a protezione dell'integrità fisica dei lavoratori, purché sussista un nesso causale tra la condotta, anche omissiva, e l'evento dannoso verificatosi.

Lesioni personali colpose (art. 590 c.p.)

“Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a € 309. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da € 123 a € 619; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da € 309 a € 1.239.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da € 500 a € 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale”.

 

Circostanze aggravanti (art. 583 c.p.)

“La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni:

1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;

2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo; La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:

1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;

2) la perdita di un senso;

3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;

4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso”.

* * *

Il reato previsto dal combinato disposto delle norme qui sopra riportate si configura nel caso in cui uno dei soggetti preposti all’applicazione e/o all’osservanza delle norme antinfortunistiche, non avendo ottemperato alle prescrizioni previste dalla normativa antinfortunistica o avendo omesso di adottare ogni idonea misura a protezione dell'integrità fisica dei lavoratori, abbia cagionato lesioni gravi o gravissime a carico di un lavoratore, purché sussista un nesso causale tra la suindicata condotta e l'evento dannoso verificatosi.

Il reato di lesioni personali colpose ricorre sia qualora la lesione riguardi l'integrità fisica, sia nel caso in cui interessi l'integrità psicologica del soggetto passivo, dal momento che, secondo l'interpretazione corrente, per lesione si intende qualunque apprezzabile alterazione, transitoria o permanente, dell'equilibrio psico-fisico di una persona.

B. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 3 DEL MODELLO

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

C. PRINCIPALI DEFINIZIONI DEI SOGGETTI E DEI SERVIZI INTERESSATI DALLA NORMATIVA SULLA TUTELA DELLA SICUREZZA, DELL’IGIENE E DELLA SALUTE SUL LUOGO DI LAVORO

Nel seguito si riportano le principali definizioni dei soggetti e dei servizi interessati dalla normativa sulla tutela della sicurezza, dell’igiene e della salute sul luogo di lavoro, come previsto dall’art. 2 del D. Lgs. 81/2008:

«Datore di lavoro»: Il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa;

«Dirigente»: Persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del Datore di Lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;

«Preposto»: Persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;

«Lavoratore»: Persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un Datore di Lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alle strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni25;

«Medico competente.»: Medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, D.Lgs. 81/200826, che collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, D.Lgs. 81/2008, con il Datore di Lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al D.Lgs. 81/2008;

«Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: Persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;

«Servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: Insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;

«Addetto al servizio di prevenzione e protezione»: Persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, D.Lgs. 81/200827, facente parte del Servizio di Prevenzione e Protezione dai Rischi;

«Responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: Persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, D.Lgs. 81/200828, designata dal Datore di Lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

«Sorveglianza sanitaria»: Insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa;

«Valutazione dei rischi»: Valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;

«Modello di organizzazione e di gestione»: Modello organizzativo e gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 231/01, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, c.p., commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro.

D. PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLE NORME POSTE A TUTELA DELLA SICUREZZA, DELL’IGIENE E DELLA SALUTE SUL LUOGO DI LAVORO E RELATIVI DOVERI IN CAPO AL DATORE DI LAVORO E AI LAVORATORI

 

Le misure generali per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori (che il Datore di Lavoro è obbligato ad adottare per prevenire gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali) sono regolate dall’art. 2087 c.c. e dal D.Lgs. 81/2008 del 9 aprile 2008 (“Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”), che ha recepito, raccolto e integrato le norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

Il Datore di Lavoro è obbligato ad eliminare qualsiasi tipo di rischio derivante dal luogo di lavoro alla luce delle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non sia possibile, a ridurre tali rischi al minimo.

Da un punto di vista generale, il Datore di Lavoro è obbligato a organizzare all’interno dei luoghi di lavoro un servizio di prevenzione e protezione al fine di identificare i fattori di rischio.

Più segnatamente, grava sul Datore di Lavoro l’onere di fornire ai lavoratori:

- tutte le informazioni di carattere generale sui rischi presenti sul luogo di lavoro e informazioni specifiche sui rischi relativi ai compiti assegnati ai singoli lavoratori;

- adeguata formazione sulle misure per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori con un addestramento specifico alla loro particolare mansione. Ciò deve avvenire al momento della loro assunzione o nel caso di un trasferimento o mutamento di mansioni e, in ogni caso, quando vengono utilizzate nuove attrezzature di lavoro o nuove tecnologie, anche rispetto alle conoscenze linguistiche e con particolare riferimento a:

a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;

b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.

D.1 OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

L’art. 18 del D. Lgs. 81/2008 statuisce che i principali obblighi del Datore di Lavoro

sono:

- elaborare il documento di valutazione del rischio;

- aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;

- prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;

- adottare le misure:

➢ predisposte affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

➢ necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato in modo adeguato alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva e al numero delle persone presenti;

➢ atte ad esercitare il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e a dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

- designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

- richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;

- affidare i compiti ai lavoratori, tenendo conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;

- adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento nei confronti dei lavoratori, preposti e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

- fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;

- informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

- vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità;

- astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

- nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti, richiedendogli l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico;

- consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;

- consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi previste dalla normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro;

- consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di valutazione dei rischi, nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati relativi agli infortuni e alla sorveglianza sanitaria;

- comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

- comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;

- fornire al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:

➢ la natura dei rischi;

➢ l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;

➢ la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;

➢ i dati di cui al comma 1, lettera r), D. Lgs. 81/2008, e quelli relativi alle malattie professionali;

➢ i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.

Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di designare una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento delle attività concernenti la prevenzione e la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori (c.d. Servizio di Prevenzione e di Protezione, qui di seguito “SPP”) all’interno dell’azienda.

Fatta eccezione per i casi previsti dall’art. 31, 6° comma, D. Lgs. 81/2008, il SPP può essere composto da lavoratori o esperti esterni all’azienda e il Datore di Lavoro deve designare il responsabile del servizio medesimo.

Qui di seguito si elencano i principi che devono essere seguiti dal Datore di Lavoro nell’organizzare il SPP:

- i lavoratori incaricati devono possedere adeguate competenze e capacità e il Datore di Lavoro deve fornire ad essi i mezzi necessari per assicurare le attività di protezione;

- i lavoratori incaricati devono essere in numero sufficiente per occuparsi dell’organizzazione delle misure di protezione e di prevenzione, tenendo conto della dimensione dell’azienda o dell’unità produttiva e dei rischi specifici ai quali sono esposti i lavoratori e la loro distribuzione all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva.

In particolare, il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione29 deve:

- assistere il Datore di Lavoro nella valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori;

- elaborare, per quanto di competenza, le misure per la prevenzione e la protezione dei lavoratori;

- fornire ai lavoratori le informazioni necessarie e proporre corsi di formazione concernenti le misure sulla sicurezza e la salute dei lavoratori.

D.2 OBBLIGHI DEI LAVORATORI

Ciascun lavoratore è responsabile della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal Datore di Lavoro.

In particolare i lavoratori devono:

a) contribuire, insieme al Datore di Lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal Datore di Lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;

c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;

d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

e) segnalare immediatamente al Datore di Lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità – fatto salvo l'obbligo di cui al punto che immediatamente segue – per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal Datore di Lavoro;

i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal D.Lgs. 81/2008 o comunque disposti dal medico competente.

Il Datore di Lavoro, i dirigenti, i preposti e – in generale – i responsabili delle varie aree di competenza hanno l’obbligo di verificare il rispetto da parte dei lavoratori delle regole di sicurezza aziendali.

E. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Destinatari della presente Parte Speciale sono il Datore di Lavoro, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le attività aziendali, nonché i lavoratori (di seguito congiuntamente anche i “Destinatari”).

Le norme di comportamento devono intendersi quale integrazione e specificazione delle previsioni del Codice Etico in materia.

Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di:

1) evitare comportamenti che possano anche solo potenzialmente integrare i reati descritti al precedente paragrafo A;

2) osservare con la massima diligenza e rigore tutte le disposizioni legislativamente previste a tutela della sicurezza, dell’igiene e della salute sul luogo di lavoro;

3) in caso di appalto o di contratto d’opera, garantire l’osservanza della procedura di cui all’art. 26 del D. Lgs. 81/2008.

Al Datore di Lavoro è inoltre fatto rigoroso obbligo di:

1) garantire la predisposizione ed il corretto funzionamento del SPP;

2) garantire ed assicurare la nomina, in ciascuna unità produttiva e nella sede amministrativa della Società, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;

3) garantire ed assicurare la nomina, in ciascuna unità produttiva e nella sede amministrativa della Società del medico competente;

4) garantire ed assicurare, con riferimento a ciascuna unità produttiva e alla sede amministrativa della Società, l’esercizio da parte dei lavoratori - direttamente o tramite le proprie rappresentanze e, comunque secondo le modalità di legge - del diritto di designare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

5) garantire la predisposizione e l’aggiornamento del Documento di Valutazione del Rischio e – nei casi previsti dall’art. 26 D. Lgs. 81/200830 – del Documento Unico della Valutazione dei Rischi da Interferenze;

6) garantire e documentare la frequenza dei corsi di formazione in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

F. SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA SUL LAVORO

Ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. 81/2008, il sistema garantisce:

• il rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi ad attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;

• lo svolgimento delle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

• lo svolgimento delle attività di sorveglianza sanitaria;

• lo svolgimento delle attività di informazione e formazione dei lavoratori;

• lo svolgimento delle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;

• l’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;

• periodiche verifiche dell’applicazione dell’efficacia delle procedure adottate

Per assicurare l’attuazione e l’osservanza delle norme e delle misure preventive in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Società si avvale di un Servizio di Prevenzione e Protezione interno – coordinato dal responsabile debitamente formato – il quale è stato individuato dalla Società sulla base dei requisiti professionali, tecnici e formativi previsti dalla legge.

La Società ha adottato il Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul lavoro, sistema certificato secondo la norma UNI ISO 45001:2018. Inoltre, la Società ha adottato il Sistema di Gestione della Sicurezza del Traffico Stradale (RTS), sistema certificato secondo le norme UNI ISO 39001:2016.

G. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Alla luce delle norme qui sopra commentate e degli obblighi cui sia la Società, in qualità di Datore di Lavoro, sia i dipendenti della stessa sono soggetti ai sensi del D. Lgs. 81/2008, si è ritenuto opportuno procedere ad un ulteriore esame dell’organizzazione aziendale e del sistema di gestione della sicurezza sul lavoro adottato, anche avvalendosi dei professionisti interni che, di tale sistema, fanno parte.

A seguito del predetto esame, le Attività più specificatamente sensibili nell’ambito della organizzazione aziendale (“Attività a rischio reato”), in relazione ai reati di cui alla presente Parte Speciale, sono state ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

 

1. periodico aggiornamento del Documento di Valutazione del Rischio, tenuto anche conto dei mutamenti organizzativi e produttivi rilevanti ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero del grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;

2. la verifica dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto (o subappalto) o mediante contratto d'opera o di somministrazione;

3. la valutazione del valore economico dell’appalto che deve risultare adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza. Tali costi, infatti, devono essere specificamente indicati e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture;

4. la gestione dell’attività di informazione nei confronti delle imprese appaltatrici (o subappaltatrici) o dei lavoratori autonomi sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività;

5. la cooperazione con gli appaltatori e/o con i subappaltatori all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;

6. il coordinamento con gli appaltatori e/o con i subappaltatori degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva;

7. la redazione del piano di sicurezza e di coordinamento contenente una relazione tecnica e le prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori;

8. il controllo del rispetto delle prescrizioni e delle misure a tutela dei lavoratori;

9. la redazione del Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze (DUVRI);

10. la formazione dei lavoratori in materia di igiene e sicurezza sul lavoro in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie;
d) dell'evoluzione dei rischi, ovvero, dell'insorgenza di nuovi rischi;

11. la formazione dei lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

H. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

 

Con riferimento ai reati oggetto della presente Parte Speciale, i compiti dell’OdV sono i seguenti:

➢ monitoraggio della stesura del Documento di Valutazione del Rischio e del Documento Unico della Valutazione dei Rischi da Interferenze e dei relativi aggiornamenti;

➢ monitoraggio (anche nel caso di nuova designazione) della regolarità della nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, degli addetti del SPP medesimo nonché del medico competente e del possesso da parte dei soggetti designati dei requisiti professionali e tecnici di legge;

➢ verifica dell’attività del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, degli addetti del SPP medesimo nonché del medico competente;

➢ controllo dell’effettiva attuazione della formazione in materia di igiene e sicurezza sul lavoro del SPP, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nonché dei lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

➢ verifica dell’osservanza della procedura di cui all’art. 26 del D. Lgs. 81/2008 in caso di concessione di lavori in appalto o contratto d’opera;

➢ verifica dell’efficacia del sistema di sicurezza sul lavoro, mediante la cooperazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e la richiesta a quest’ultimo delle necessarie informazioni.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di tutela della sicurezza, dell’igiene e della salute sul luogo di lavoro con cadenza semestrale al Collegio Sindacale.

Parte Speciale 4

Ricettazione, Riciclaggio, Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, Autoriciclaggio e Delitti in materia di pagamenti diversi dai contanti

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-octies DEL D. LGS. N. 231/01

Il Decreto Legislativo 21 novembre 2007 n. 23, ha introdotto nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-octies, successivamente modificato dalla L. n. 186/2014. Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e dell’attività dell’Ente, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Ricettazione (art. 648, c.p.)

“Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque s’intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa da Euro 516,00 a Euro 10.329,00. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis).

La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da Euro 300 ad Euro 6.000 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

La pena è aumentata se il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

Se il fatto è di particolare tenuità, si applica la pena della reclusione sino a sei anni e della multa sino ad Euro 1.000 nel caso di denaro o cose provenienti da delitto e la pena della reclusione sino a tre anni e della multa sino ad Euro 800 nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del reato, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale reato”.

* * *

La norma ha lo scopo di impedire il perpetrarsi della lesione di interessi patrimoniali, iniziata con la consumazione del reato principale, nonché di evitare la commissione dei reati principali, come conseguenza dei limiti posti alla circolazione dei beni provenienti dai reati medesimi.

Per “acquisto” deve intendersi l’effetto di un’attività negoziale, a titolo gratuito od oneroso, mediante la quale l’agente consegue il possesso del bene. Il termine “ricevere” sta ad indicare ogni forma di conseguimento del possesso del bene proveniente dal reato, anche se solo temporaneamente o per mera compiacenza.

Per “occultamento” deve intendersi il nascondimento del bene, dopo averlo ricevuto, proveniente dal reato31.

È evidente che, data la sua struttura, il reato di ricettazione può essere realizzato in molte attività e a più livelli organizzativi32.

Riciclaggio (art. 648-bis c.p.)

“Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648”.

* * *

Lo scopo della norma è quello di impedire che gli autori dei reati possano far fruttare i capitali illegalmente acquisiti, rimettendoli in circolazione come capitali ormai “depurati” e, perciò, investibili anche in attività economiche produttive lecite.

Nella struttura del reato, per “sostituzione” si intende la condotta consistente nel rimpiazzare il denaro, i beni o le altre utilità di provenienza illecita con valori diversi. Il “trasferimento” consiste nella condotta tendente a ripulire il denaro, i beni o le altre utilità mediante il compimento di atti negoziali. Le “operazioni idonee ad ostacolare l’identificazione dell’illecita provenienza” possono essere considerate quelle in grado di intralciare l’accertamento, da parte dell’autorità giudiziaria, della provenienza delittuosa dei valori provenienti dal reato33.

Normalmente, il reato di riciclaggio viene compiuto non solo per sostituire denaro proveniente da attività illecite, ma, soprattutto, per attribuire una “paternità legale” a somme il cui possesso deriva da reati dolosi.

Schematicamente, il processo di riciclaggio si realizza come segue:

➢ collocamento, cioè l’immissione nel mercato dei capitali dei proventi del reato ed il contestuale deposito di questi presso banche o intermediari finanziari, compiendo una serie di operazioni di deposito, trasferimento, cambio, acquisto di strumenti finanziari o altri beni. Si tratta di una fase che mira a cambiare la forma del denaro, attraverso l’eliminazione del denaro contante proveniente da attività illecite mediante la sua sostituzione con il cosiddetto “denaro scritturale”, cioè il saldo attivo dei rapporti instaurati presso gli intermediari finanziari;

➢ ripulitura, cioè il cosiddetto “lavaggio” dei proventi illeciti, in modo da rimuovere ogni legame tra i fondi riciclati e l’attività criminale. Tale attività, volta ad occultare la vera proprietà del denaro e a far perdere le tracce eventualmente lasciate, si sostanzia in trasferimenti (normalmente più di uno) e riconversioni del “denaro scritturale” in denaro contante, per il tramite di più vie di flusso, in modo da diversificare il rischio;

➢ reimpiego, cioè la reimmissione del denaro ripulito nel circuito legale dei capitali.

Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.)

“Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da Euro 2.500 ad Euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648”.

* * *

La previsione risponde ad una duplice finalità: impedire che il c.d. “denaro sporco”, frutto dell’illecita accumulazione, venga trasformato in denaro pulito e fare in modo che il capitale, pur così emendato dal vizio di origine, non trovi un legittimo impiego.

Per la realizzazione della fattispecie occorre che, quale elemento qualificante rispetto alle altre figure citate, siano impiegati capitali di provenienza illecita in attività economiche o finanziarie.

Con il termine “impiegare” si intende un investimento a fini di profitto.

Autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.)

“Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.

La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.

La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648».

* * *

Oggetto delle condotte vietate dalla norma sono “il denaro, i beni e le altre utilità”. Tali beni devono provenire dalla commissione di un “delitto non colposo”.

La norma dettaglia le condotte penalmente rilevanti. Il dettato normativo fa riferimento ai concetti di “impiegare, sostituire e trasferire”. In linea generale, il concetto di “impiego” allude a qualsiasi forma di re-immissione delle disponibilità di provenienza dal reato nel circuito economico; il concetto di “sostituzione” e “trasferimento” sottintendono ulteriori modalità attraverso le quali il reo ostacola l’identificazione della provenienza illecita dei beni. In sostanza, la condotta punita dalla norma si può concretizzare in qualsiasi modalità idonea a generare l’impossibilità o anche soltanto un ritardo nell’identificazione della provenienza illecita del bene.

Il trasferimento o la sostituzione penalmente rilevanti sono quei comportamenti che comportino un mutamento della formale titolarità del bene o delle disponibilità dello stesso o che diano, altresì, luogo ad un’utilizzazione non più personale.

Va precisato che i beni provenienti dall’attività illecita, al fine di realizzare il reato di auto riciclaggio, devono essere tassativamente conferiti in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.

Un esempio di realizzazione del reato si potrebbe avere laddove, tramite l’utilizzo di fondi illeciti, l’Ente acquistasse immobili (magazzini, ecc.) destinati all’esercizio della propria attività di business.

B. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-OCTIES.1 DEL DECRETO

Il Decreto Legislativo n. 184 del 8 novembre 2021 (attuativo della Direttiva UE 2019/713 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e che sostituisce la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio) ha introdotto nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-octies.1, co. 1 e 2.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e dell’operatività dell’Ente, assume particolare rilevanza la seguente disposizione:

Frode informatica (art. 640-ter c.p.)

“Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell’articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o la circostanza prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all'età”.

* * *

La frode informatica prevede una mera attività materiale di alterazione o manipolazione di un sistema informatico o telematico posta in essere intervenendo, con qualsiasi modalità, su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico.

Sono previste, quindi, due condotte alternative di realizzazione del reato:

(i) da un lato l'alterazione di un sistema informatico o telematico, attuabile con le modalità più diverse, attraverso la quale il sistema viene modificato o manipolato, quindi distratto dai suoi schemi predefiniti, in vista del perseguimento da parte dell'agente di un ingiusto profitto con altrui danno;

(ii) da un altro lato l'intervento, con qualsiasi modalità attuativa, sui dati, le informazioni o i programmi contenuti nel sistema effettuato in modo da realizzare un ingiusto profitto con altrui danno. Il D.Lgs. 184/2021 ha previsto l’inserimento di tale norma all’interno del nuovo art. 25 octies.1 nell’ipotesi aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale.

C. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 4 DEL MODELLO

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

D. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Le attività considerate più specificatamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale (nel seguito, “Attività a rischio reato”) sono ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

1. negoziazione, stipulazione ed esecuzione di contratti di compravendita, di transazioni finanziarie, di investimenti con

Soggetti Terzi;

2. gestione dei beni della Società;

3. gestione dei flussi finanziari e dei pagamenti, anche diversi dai contanti, e/o, comunque, svolgimento di operazioni, di qualsivoglia tipo e con qualsivoglia modalità, su denaro, beni o altri strumenti della Società;

4. gestione della fatturazione;

5. gestione dei rapporti e/o esecuzione di depositi, trasferimenti, cambi, acquisti di strumenti finanziari o altri beni con banche ed intermediari finanziari.

6. rapporti con soggetti coinvolti in procedimenti giudiziari di natura penale.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

Fermo quanto precede, al fine di conformarsi a quanto previsto nelle Linee Guida, la Società ha altresì provveduto ad individuare le aree all’interno delle quali le Attività a rischio reato previste dalla presente Parte Speciale potrebbero essere poste in essere, affinchè possa essere condotta con maggiore precisione l’attività di controllo della correttezza comportamentale.

I risultati dell’attività di mappatura delle aree nelle quali le Attività a rischio reato potrebbero essere perpetuate sono descritte nell’Allegato (a) alla presente Parte Speciale.

E. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITÁ A RISCHIO REATO

 

Destinatari della presente Parte Speciale sono gli Amministratori, il Responsabile Area Amministrativa, il Direttore Tecnico, il Responsabile Cantieri, il Responsabile Ufficio Acquisti, il Responsabile Area Contabilità e Gestione del Personale ed i loro dipendenti in linea gerarchica e, in generale, tutti coloro che svolgono Attività a rischio reato (di seguito i “Destinatari”).

Le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e precisazione delle previsioni del Codice Etico in materia.

Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di:

i. evitare di attuare, promuovere, collaborare o dare causa a comportamenti che possano anche solo potenzialmente integrare i reati riportati al precedente paragrafo A;

ii. verificare la regolarità dei pagamenti, con riferimento alla piena coincidenza tra destinatari/ordinanti dei pagamenti e controparti effettivamente coinvolte nelle transazioni;

iii. stabilire limiti all’autonomo impiego delle risorse finanziarie coerenti con le competenze gestionali e le responsabilità organizzative. Il superamento dei limiti quantitativi di spesa assegnati possa avvenire solo ed esclusivamente per comprovati motivi di urgenza e in casi eccezionali;

iv. utilizzare per la gestione dei flussi in entrata e in uscita, anche con riferimento a rapporti con terze parti extracomunitarie, esclusivamente i canali bancari e di altri intermediari finanziari accreditati e sottoposti alla disciplina dell’Unione Europea o enti creditizi/finanziari situati in uno Stato extracomunitario, che imponga obblighi equivalenti a quelli previsti dalle leggi sul riciclaggio, nonché di prevedere il controllo del rispetto di tali obblighi e di garantire che il beneficiario del pagamento sia effettivamente il soggetto terzo contraente con la Società;

v. effettuare verifiche sul rispetto delle soglie per i pagamenti in contanti, ed eventuale utilizzo di libretti al portatore per la gestione della liquidità;

vi. tenere una corretta, veritiera e trasparente contabilizzazione delle fatture attive e passive. A tale scopo la Società implementa efficaci procedure interne di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali;

vii. prevedere l’effettuazione di controlli periodici con cadenza almeno annuale al fine di verificare l’efficacia e l’efficienza del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale inerente a ciascuna attività, il cui esito andrà formalizzato in una relazione ove vengono descritti i risultati emersi dalle verifiche eseguite, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonché le attività pianificate;

viii. adottare efficaci accorgimenti atti a rimediare eventuali carenze riscontrate nel funzionamento della gestione della fiscalità. Di conseguenza la Società si impegna ad attivare le opportune azioni correttive;

ix. predisporre un apposito sistema di archiviazione relativo alle risultanze degli accertamenti compiuti, alle relazioni, nonché agli eventuali accorgimenti effettivamente implementati per una corretta gestione della fiscalità;

x. individuare gli studi legali e/o i consulenti esterni che supportano la Società nelle attività di gestione degli aspetti fiscali e del contenzioso fiscale secondo requisiti di professionalità, indipendenza e competenza. Il rapporto con il consulente esterno sia formalizzato in un contratto che prevede apposite clausole che richiamino gli adempimenti e le responsabilità derivanti dal Decreto;

xi. tenere un comportamento corretto, trasparente e collaborativo, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure aziendali;

xii. osservare con la massima diligenza e rigore tutte le disposizioni legislativamente previste contro le operazioni antiriciclaggio;

xiii. rispettare il Codice Etico, nonché le norme di comportamento e le procedure previste dal Modello in riferimento ai reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e ai reati societari;

xiv.limitare le operazioni di cassa sia per numero che per importo;

xv. verificare, per quanto di competenza, che le operazioni bancarie siano soggette a specifici, adeguati e periodici controlli delle raccordanze bancarie, dei saldi di cassa e banca, degli scoperti di conto corrente;

xvi.aprire e/o chiudere i conti correnti bancari esclusivamente in presenza di autorizzazioni della Funzione competente;

xvii. effettuare tutte le operazioni bancarie con doppia firma, da parte di funzionari autorizzati ed indipendenti dalle funzioni operative;

xviii. effettuare ogni operazione finanziaria in entrata ed in uscita (come, ad esempio, l’emissione ed il rimborso di finanziamenti, il pagamento di dividendi ecc.) solo nei confronti di soggetti preventivamente e specificamente identificati;

xix.eseguire gli acquisti di beni o servizi nel rispetto della procedura in essere in Società; alle operazioni di acquisto deve sempre far seguito il ricevimento di apposito documento fiscale e di identità tra il soggetto che ha fornito il bene o il servizio ed il soggetto che riceve il pagamento.

xx. per le fatture ricevute ed emesse dalla Società a fronte dell’acquisto o della vendita di beni e servizi la registrazione deve avvenire solo dopo che sia verificata l’effettiva corrispondenza delle stesse – con riferimento sia all’esistenza della transazione, sia all’importo della stessa come indicato in fattura;

xxi.in mancanza di specifica documentazione di supporto, la registrazione della fattura avvenga solo a fronte di adeguato memo redatto e firmato dalla funzione richiedente che specifichi le motivazioni della mancanza della documentazione stessa.

Al fine di dare corretta esecuzione agli obblighi di condotta sopra indicati, i Destinatari sono chiamati a verificare l’attendibilità commerciale e professionale dei fornitori e partners commerciali e finanziari sulla base dei seguenti indici rilevanti:

➢ dati pregiudizievoli pubblici (quali, protesti, procedure concorsuali) o acquisizione di informazioni commerciali sui partners commerciali, sui soci e sugli amministratori anche tramite società specializzate;

➢ comportamento della controparte (ad es. comportamenti ambigui, mancanza di dati occorrenti per la realizzazione delle transazioni o reticenza a fornirli);

➢ profilo economico-patrimoniale dell’operazione (ad es. operazioni non usuali per tipologia, frequenza, tempistica, dislocazione geografica, entità del prezzo sproporzionata rispetto ai valori medi di mercato);

➢ sede legale della controparte (ad es. paradisi fiscali, Paesi a rischio terrorismo, ecc.), istituti di credito utilizzati (sede legale delle banche coinvolte nelle operazioni e istituti che non hanno insediamenti fisici in alcun Paese) e utilizzo di eventuali strutture fiduciarie per transazioni o operazioni straordinarie;

➢ caratteristiche e finalità dell’operazione (ad es. uso di prestanome, modifiche delle condizioni contrattuali standard, finalità dell’operazione);

È necessario inoltre che siano effettuate verifiche preventive in merito alla reale esistenza, natura, affidabilità e onorabilità di fornitori di beni e servizi anche mediante la richiesta e l’ottenimento, in fase di selezione, di idonea documentazione, attestante la presenza dei requisiti di onorabilità (quale ad es.autodichiarazione circa l’assenza di procedimenti penali, certificato del casellario giudiziale, ecc.).

I contratti che regolano i rapporti con i fornitori e le terze parti devono prevedere apposite clausole che indichino chiare responsabilità in merito al mancato rispetto dei principi fondamentali del Modello e del Codice Etico.

Allo scopo di prevenire episodi di prevenire fenomeni di riciclaggio, reimpiego di risorse di provenienza illecita ed autoriciclaggio:

i. siano definite specifiche regole disciplinari da applicare a tutto il personale dipendente;

ii. siano adottati adeguati programmi di formazione del personale ritenuto esposto maggiormente al rischio di riciclaggio, reimpiego di risorse di provenienza illecita e autoriciclaggio tenuto conto delle specifiche mansioni per le quali è adibito;

iii. siano osservate scrupolosamente le indicazioni e i principi contenuti nelle procedure o nelle prassi organizzative specifiche a disciplina della gestione dei flussi finanziari;

iv. gli incassi e i pagamenti della Società nonché i flussi di denaro sono sempre tracciabili e provabili documentalmente.

F. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

Nell’ambito della presente Parte Speciale, i compiti dell’OdV sono i seguenti:

➢ verifiche periodiche sul rispetto delle procedure interne;

➢ esame di eventuali segnalazioni provenienti dal Collegio Sindacale o da qualsiasi dipendente o consulente della Società, nonché disposizione degli accertamenti ritenuti necessari;

➢ effettuazione di controlli formali e sostanziali dei flussi finanziari aziendali, con riferimento ai pagamenti verso Soggetti Terzi.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché di autoriciclaggio nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

In ogni caso l’OdV, conformemente a quanto previsto dal D. Lgs. n. 231/2007, è tenuto a vigilare sull’osservanza della normativa antiriciclaggio.

Parte Speciale 5

Delitti Informatici e trattamento illecito dei dati

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 24-bis DEL D. LGS. N. 231/01

La Legge 48/2008 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23.11.2001, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno”, ha introdotto nel D.Lgs. 231/2001 l’art. 24-bis, relativo ai reati informatici.

Rilevano, in particolare, le seguenti fattispecie criminose:

Documenti informatici (art. 491-bis c.p.)

“Se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici”.

* * *

La norma punisce la falsità di un documento informatico e le false dichiarazioni al certificatore di firma elettronica sull’identità o qualità personali proprie o di altri.

L’art. 491-bis c.p. (così come l’art. 640-quinquies c.p.) prevede una fattispecie di reato che si realizza attraverso l’utilizzo di un sistema informatico.

La norma effettua un rinvio alle ipotesi di falsità previste dal Capo III, del Titolo VII, del Libro II del Codice Penale.

A titolo meramente esemplificativo, assumono rilevanza le seguenti condotte:
➢ la formazione di atti falsi o l’alterazione di atti veri;

➢ la contraffazione o l’alterazione di certificati o autorizzazioni amministrative;

➢ la simulazione di copie di atti pubblici o il rilascio di copie di atti in forma legale quando l’originale di tali atti è inesistente;

➢ la falsa attestazione ad un pubblico ufficiale di fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.

Si osserva che a seguito della ridefinizione dell’art. 491 bis c.p., la tutela del documento informatico pubblico è ora ristretta a quello avente finalità probatoria.

Per una definizione completa di ciò che è documento informatico rilevante per il sistema penale, si rinvia al D.Lgs. 82/2005 (Codice della amministrazione digitale) che agli artt. 20 e ss. dettaglia gli effetti giuridici e la rilevanza probatoria del documento informatico formato nel rispetto delle regole tecniche che ne garantisce autore e genuinità di contenuto.

Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.)

 

“Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà  espressa o tacita di chi ha diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni:

1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;

2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;

3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l’interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.

Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.

Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d’ufficio”.

* * *

La norma incrimina l’accesso abusivo ad una rete informatica. Le principali situazioni previste dalla norma sono sostanzialmente di due tipologie:

➢ la prima tipologia di accesso abusivo è rivolta verso un sistema che è interconnesso ad una rete (ad esempio, internet) per cui non si possiede alcun tipo di autorizzazione;

➢ la seconda tipologia di accesso abusivo è quello effettuato ai danni di un sistema del quale si dispone delle credenziali, ma per una funzione differente da quella in cui avviene l’accesso (ad esempio, prelevare dati da una cartella per cui non si ha autorizzazione all’interno di un determinato server). Tale ipotesi di illecito si configura normalmente all’interno di una struttura di rete aziendale.

La condotta si concretizza in qualsiasi tipo di interferenza, resa possibile dallo sviluppo tecnico, nel programma o nella memoria di apparati informatici o telematici “non aperti”, ma garantiti da una chiave di ingresso o altro mezzo di protezione, contro la volontà del titolare dello ius excludendi. 

Con la norma in esame il Legislatore ha, infatti, inteso tutelare solo i sistemi protetti da misure di sicurezza, finalizzate a salvaguardare la riservatezza dei dati inseriti nel sistema.

L’accesso abusivo si concretizza non appena vengono superate le misure di sicurezza del sistema.

Il reato si realizza anche quando ad una introduzione nel sistema inizialmente consentita fa seguito una permanenza non autorizzata, che si realizza quando il reo vi si mantiene “contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo”.

 

Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615-quater c.p.)

“Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all’accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a € 5.164.

La pena è della reclusione da uno a due anni e della multa da € 5.164 a €10.329 se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del quarto comma dell’articolo 617 quater”.

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L’art. 615-quater c.p. delinea un reato di pericolo indiretto, in quanto, entrando in possesso abusivamente di codici d’accesso, si presenta il pericolo di commettere un accesso abusivo ad un sistema o si possono diffondere tali codici ad altre persone che, a loro volta, potrebbero accedere abusivamente al sistema.

In ordine alla condotta, la norma contempla due ipotesi alternative:

➢ la prima riguarda ogni tipo di comportamento che esprima una ingerenza non consentita per superare quelle misure di sicurezza che, per il solo fatto di essere predisposte, rivelano la volontà ostativa del titolare del diritto di esclusione;

➢ la seconda prende in considerazione l’attività dell’eventuale compartecipe, estendendone la responsabilità anche oltre i consueti limiti del concorso di persone e, quindi, al di là della determinazione, istigazione o rafforzamento del proposito criminoso e per il solo fatto di aver fornito notizie capaci di consentire all’autore la realizzazione della condotta vietata.

L’oggetto del reato è identificato in qualsiasi mezzo che permetta di superare la protezione di un sistema informatico, indipendentemente dalla natura del mezzo.

Le condotte punite possono essere molteplici. Nel seguito, si riportano alcuni esempi non esaustivi:

➢ l’utilizzo non autorizzato di codici d’accesso;

➢ la diffusione, che si manifesta nel rendere disponibili tali codici d’accesso ad un numero indeterminato di soggetti;

➢ la comunicazione, che consiste nel rendere disponibili i codici d’accesso ad un numero limitato di soggetti;

➢ la consegna, che riguarda beni materiali, come un token di accesso ad un servizio di home banking;

➢ la comunicazione o la diffusione di istruzioni che permettono di eludere le protezioni di un sistema;

➢ procurarsi abusivamente il numero seriale di un cellulare e modificarne il codice (clonazione) per realizzare una connessione illecita alla rete di telefonia mobile, che è sistema telematico protetto.

Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615- quinquies c.p.)

“Chiunque, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti ovvero di favorire l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento, si procura produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o, comunque, mette a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa sino a € 10.329”.

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L'art. 615-quinquies c.p. amplia le condotte considerate illecite, dapprima circoscritte in maniera esclusiva al software, anche alle altre “apparecchiature e dispositivi”, utilizzati al fine di recare danno ad un sistema informatico o telematico.

Integra il delitto di cui all’art. 615-quinquies c.p. non solo il procurarsi virus e malware in genere, ma anche la creazione, importazione, etc., di dongle, smart card, skimmer e simili, laddove si prestino ad un utilizzo illecito finalizzato al danneggiamento o alterazione di un sistema informatico, ovvero di dati e programmi in esso racchiusi.

La norma, inoltre, amplia le condotte sanzionabili: mentre con la precedente formulazione per la configurazione del reato era richiesta quantomeno la diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici, con la nuova dizione appare sanzionabile anche la mera detenzione degli stessi.

All’estensione della norma sotto il profilo oggettivo ha fatto riscontro la riformulazione dell’elemento soggettivo, nei termini del dolo specifico: il fatto è punibile soltanto ove sia commesso “allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti, ovvero di favorire l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento”.

Come l’art. 615-quater c.p., anche l’art. 615-quinquies c.p. si può considerare, da un punto di vista tecnico, accessorio rispetto agli artt. 615-ter, 635-bis, 635-ter e 635-quater c.p. La detenzione o diffusione di codici di accesso – tecnicamente definiti account e costituti dal nome utente e password, (art. 615-quater c.p. - o la detenzione o diffusione di programmi (virus o spyware) o di dispositivi diretti a danneggiare o interrompere un sistema telematico (art. 615-quinquies c.p.), di per sé non comportano alcun danneggiamento – sempre da un punto di vista tecnico – se non utilizzati per un accesso abusivo ad un sistema o nella gestione di un’intercettazione di informazioni.​​​​​​​​​​​​​​

Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quater c.p.)

“Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma.

I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa.

Tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso:

1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità;

2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema;

3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato”.

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Va premesso che per “comunicazione informatica” si intende qualsiasi scambio di dati che avviene tra due o più sistemi informatici: scambio di e-mail, mailing list, forum, newsgroup, chat.

Inoltre, per poter parlare di intercettazione abusiva è necessario poter determinareil numero dei destinatari ai quali la comunicazione è diretta, al fine di distinguere le comunicazioni aventi carattere riservato da quelle aventi carattere pubblico, rispetto alle quali non è ipotizzabile alcuna riservatezza (siti web).

L’azione esecutiva del delitto descritto al primo comma consiste nell’intercettare, ovvero impedire totalmente o parzialmente con interruzioni provocate da qualsiasi forma di ingresso nel sistema, o nel dialogo tra sistemi, le comunicazioni con mezzi informatici o telematici.

Nel delitto descritto al secondo comma la condotta si realizza nel rivelare al pubblico (il che esclude, quindi, le comunicazioni personali e riservate) quanto si è appreso con l’illegittimo inserimento nei canali di comunicazione considerati.

I delitti descritti al primo e al secondo comma della norma in esame sono punibili a querela della persona offesa, a meno che non ricorra taluna delle circostanze indicate al quarto comma dell’art. 617-quater c.p., nel qual caso si procede d’ufficio.

Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.)

“Chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell’articolo 617 quater”.

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La condotta rilevante descritta dalla norma si sostanzia nel predisporre strumenti idonei alla intercettazione o anche soltanto all’impedimento o interruzione di comunicazioni informatiche o telematiche.

Il reato di consuma col solo fatto del collocamento degli apparati destinati a realizzare taluna delle condotte incriminate.

Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis c.p.)

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque distrugge, deteriora, cancella, altera o sopprime informazioni, dati o programmi informatici altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è della reclusione da uno a quattro anni”.

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La norma ha riformulato completamente il previgente art. 635 c.p., che è stato scisso in due distinte ipotesi ora previste, rispettivamente, dall’art. 635-bis c.p. e dall’art. 635-quater c.p.

Il nuovo art. 635 c.p. è costruito attorno all’ipotesi della ccondotta di danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici altrui, ipotesi che si può comunemente riscontrare, ad esempio, nella diffusione di un virus.

La diffusione di un virus può essere catalogata tra i reati che provocano un vero e proprio danneggiamento informatico. Il reato rientra tra quelli previsti dall’art. 635-quater c.p., che per espresso richiamo normativo può essere commesso proprio mediante le condotte previste dall’art. 635-bis c.p.

Il danneggiamento di un dato, la sua cancellazione totale o l’alterazione non avviene solo tramite virus. Si tratta di un reato che può essere commesso anche da un utente della rete attraverso i normali comandi del sistema. Tra questi casi, sono noti gli eventi provocati da dipendenti che distruggono informazioni prima di lasciare il proprio posto di lavoro a seguito di dimissioni o licenziamento.

L’ipotesi è da ritenersi inoltre aggravata laddove il danneggiamento sia commesso con violenza o minaccia, ovvero quando il fatto sia commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

Il reato è procedibile a querela di parte. Si procede, invece, d’ufficio se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635- ter c.p.)

 

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette un fatto diretto a distruggere, deteriorare, cancellare, alterare o sopprimere informazioni, dati o programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o ad essi pertinenti, o comunque di pubblica utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se dal fatto deriva la distruzione, il deterioramento, la cancellazione, l’alterazione o la soppressione delle informazioni, dei dati o dei programmi informatici, la pena è della reclusione da tre a otto anni.

Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata”.

* * *

L’art. 635-ter c.p. sanziona le condotte già precedentemente disciplinate dall’art.420, 2° comma, c.p. (ora abrogato), ove il delitto era delineato quale attentato a consumazione anticipata, che aveva ad oggetto impianti di pubblica utilità ed le informazioni ivi contenute.

Nonostante le fattispecie descritte dalla Convenzione di Budapest richiedessero l’effettivo danneggiamento del sistema o dei dati, l’attuale norma italiana prevede invece un reato aggravato dall’evento.

L’art. 635-ter c.p. amplia il novero delle condotte punibili: mentre la precedente dizione dell’art. 420 c.p. sanzionava soltanto i danneggiamenti riguardanti i dati contenuti o pertinenti a “sistemi informatici o telematici di pubblica utilità”, con la nuova formulazione è sufficiente che i dati siano “utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico”.

Sono, pertanto, ricomprese le condotte: a) riguardanti dati, informazioni e programmi utilizzati dagli enti pubblici; b) riguardanti dati, informazioni e programmi di pubblica utilità (dunque sia pubblici che privati, purché destinati a soddisfare un interesse di natura pubblica).

Il fatto incriminato sussiste anche in assenza di qualunque effettivo deterioramento o soppressione dei dati. La fattispecie, infatti, è ritagliata su un tipico reato di pericolo, nel quale vi è anticipazione della soglia di punibilità. L’effettiva distruzione, deterioramento, cancellazione o alterazione è invece contemplata come circostanza aggravante (art. 635-ter, 2° comma, c.p.).

L’ipotesi è da ritenersi inoltre aggravata laddove il danneggiamento sia commesso con violenza o minaccia, ovvero quando il fatto sia commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

Un’ipotesi esemplificativa di questo reato può essere rinvenuta nel fatto di chi si introduce abusivamente in una centrale telefonica gestita da un sistema informatico. La gestione della telefonia su rete fissa è, infatti, un servizio di pubblico interesse.

Danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635-quater c.p.)

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, mediante le condotte di cui all’articolo 635-bis, ovvero attraverso l’introduzione o la trasmissione di dati, informazioni o programmi, distrugge, danneggia, rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui o ne ostacola gravemente il funzionamento è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata”.

* * *

Il danneggiamento di sistemi informatici o telematici non di pubblica utilità ha mantenuto la caratteristica di reato di evento: si richiede espressamente che il sistema venga danneggiato, reso in tutto o in parte inservibile, ovvero ne venga compromesso gravemente il funzionamento.

La condotta è integrata laddove il danneggiamento del sistema sia cagionato:

a) mediante distruzione, deterioramento, cancellazione, alterazione o soppressione di informazioni, dati o programmi; oppure

b) mediante l’introduzione o la trasmissione di dati, informazioni o programmi.

Per la realizzazione della fattispecie criminosa è sufficiente la prova che la condotta abbia alterato, gravemente, il funzionamento del sistema.

La distinzione tra il danneggiamento di dati e il danneggiamento del sistema è legata alle conseguenze che la condotta assume: laddove la soppressione o l’alterazione di dati, informazioni e programmi renda inservibile, o quantomeno ostacoli gravemente il funzionamento del sistema, ricorrerà la più grave fattispecie del danneggiamento di sistemi informatici o telematici, prevista appunto dall’art. 635-quater c.p.

L’ipotesi è da ritenersi inoltre aggravata laddove il danneggiamento sia commesso con violenza o minaccia, ovvero quando il fatto sia commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art.635-quinquies c.p.)

 

“Se il fatto di cui all’articolo 635-quater è diretto a distruggere, danneggiare, rendere, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici di pubblica utilità o ad ostacolarne gravemente il funzionamento, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.

Se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema informatico o telematico di pubblica utilità ovvero se questo è reso, in tutto o in parte, inservibile, la pena è della reclusione da tre a otto anni.

Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata”.

* * *

L’art. 635-quinquies c.p. riprende il “vecchio” reato di attentato ai sistemi informatici o telematici di pubblica utilità.

Sono state estese le condotte punibili, prevedendo che il fatto possa essere diretto non soltanto a danneggiare o a distruggere il sistema, ma anche a renderlo inservibile, ovvero a ostacolarne gravemente il funzionamento.

L’ipotesi disciplinata dall’art. 635-quinquies c.p. configura un reato a consumazione anticipata, che non richiede la consumazione dell’evento di danneggiamento.

L’effettivo danneggiamento del sistema, la sua distruzione, o il fatto che venga reso in tutto o in parte inservibile, costituisce circostanza aggravante, che aumenta significativamente la sanzione.

Non è prevista come circostanza aggravante il fatto che il sistema venga gravemente ostacolato.

Mentre per l’art. 635-ter c.p., per la sussistenza del reato è sufficiente che i dati, i programmi informatici siano utilizzati dagli enti pubblici o ad essi pertinenti, il delitto di cui all’art. 635-quinquies c.p. sussiste soltanto laddove i sistemi, oltre ad essere utilizzati dagli enti pubblici, siano di pubblica utilità.

L’ipotesi è da ritenersi inoltre aggravata laddove il danneggiamento sia commesso con violenza o minaccia, ovvero quando il fatto sia commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

B. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 5 DEL MODELLO

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i delitti informatici e trattamento illecito dei dati si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

C. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Nonostante la Società non operi direttamente nel settore economico e professionale dell’informatica e della telematica, sussiste un rischio di accadimento delle fattispecie illecite indicate, con riferimento alle attività di gestione ed utilizzo di programmi e sistemi informatici nell’ambito delle attività aziendali.

In particolare, le attività considerate più specificatamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale (nel seguito, “Attività a rischio reato”) devono essere considerate le seguenti:

1. accesso, tramite internet, ad altri sistemi informatici protetti o meno da sistemi di sicurezza;

2. trasmissione di dati in via informatica a soggetti pubblici, ad esempio all’Agenzia delle Entrate o agli Enti previdenziali o assicurativi, o comunque la elaborazione e la trasmissione di documenti aventi efficacia probatoria;

3. acquisto di software.

Sussiste inoltre il rischio collegato alla astratta commercializzazione di beni prodotti in violazione del know how o della proprietà industriale di terzi.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

D. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

 

Destinatari della presente parte speciale (di seguito i “Destinatari”) sono tutti i soggetti che svolgono attività implicanti l’utilizzo di strumenti informatici, trattandosi di reati comuni. Particolarmente delicati risultano essere il ruolo degli amministratori di sistema, con riferimento alla gestione del sistema informatico nonché coloro che svolgono attività di marketing e comunicazione.

Tutti i soggetti individuati al presente paragrafo dovranno adeguarsi alle prassi operative e alle regole di condotta predisposte al fine di prevenire i reati di cui si tratta.

I Destinatari hanno l’obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal presente Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.

In coerenza con le procedure aziendali, i medesimi hanno il divieto di:

i. attuare delle condotte che, anche solo in astratto o in via potenziale, possano costituire reato ai sensi dell’art. 24-bis del D.Lgs. n. 231/01;

ii. accedere nei programmi o nella memoria di apparati informatici o telematici, protetti da chiavi di ingresso o altri mezzi di protezione, di terzi;

iii. cedere a terzi i propri codici di accesso ai Sistemi Informatici o utilizzare codici di accesso non autorizzati;

iv. procurarsi o introdurre nei Sistemi Informatici virus o melware, nonché programmi o informazioni atti a provocare l’interruzione, il deterioramento o il danneggiamento del Sistema Informatico o dei dati in esso contenuti;

v. procurarsi o introdurre nei sistemi informatici utilizzati da enti appartenenti alla Pubblica Amministrazione virus o melware, nonché programmi o informazioni atti a provocare l’interruzione, il deterioramento o il danneggiamento dei relativi sistemi informatici o dei dati in essi contenuti;

vi. intercettare, impedire totalmente o parzialmente con qualsiasi forma di ingresso nel Sistema Informatico le comunicazioni; rivelare al pubblico quanto si è appreso con l’illegittimo inserimento nei canali di comunicazione;

vii. predisporre strumenti idonei alla intercettazione o anche soltanto all’impedimento o interruzione di comunicazioni informatiche o telematiche;

viii. consentire l’accesso ai locali dei server a persone non autorizzate;

ix. connettersi, senza esplicita autorizzazione giustificata da ragioni di servizio, consultare, effettuare operazioni di download a/da siti web che siano da considerarsi illeciti alla luce delle disposizioni organizzative interne (quali, a titolo esemplificativo, siti che presentano contenuti contrari alla morale, alla libertà di culto, all’ordine pubblico, che comportino la violazione della privacy di persone fisiche e/o giuridiche, che promuovono o appoggiano movimenti terroristici o sovversivi, che violano le norme dettate in materia di copyright e di proprietà intellettuale, ecc.);

x. modificare le configurazioni standard di software ed hardware o di collegamento degli Strumenti Informatici a rete di connessione pubblica o privata mediante strumenti (quali, linee telefoniche o apparecchiature wireless) di qualsiasi genere;

xi. aggirare le regole di sicurezza informatica installate ed applicate agli Strumenti Informatici e telematici aziendali.

E. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

L’Organismo di Vigilanza ha accesso, per i fini della attività ad esso attribuita, ad ogni documentazione aziendale ritenuta rilevante ai fini della prevenzione e repressione di comportamenti contrari alle regole aziendali dettate dal Codice Etico e dal presente Modello.

Inoltre all’Organismo di Vigilanza deve essere tempestivamente segnalata ogni notizia o evidenza relativa all’utilizzo dei sistemi informatici aziendali e di terzi effettuato in violazione delle norme aziendali o legali.

L’Organismo di Vigilanza dovrà attivarsi con controlli, verifiche ed ispezioni, anche con controlli a campione o a seguito di segnalazione, delle fasi di ciascuna Attività a rischio reato, evitando per quanto possibile di interferire con i processi decisionali aziendali, ma intervenendo prontamente con gli strumenti a sua disposizione per prevenire ogni comportamento che sia in contrasto con le regole aziendali.

A tal fine, tutti i membri della Società saranno tenuti a segnalare all’Organismo di Vigilanza ogni notizia o evidenza riguardante l’utilizzo dei sistemi informatici effettuato in violazione delle norme aziendali o legali nonché riguardanti la violazione di diritti di proprietà industriale di terzi.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di delitti informatici nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

Parte Speciale 6

Reati Ambientali
Delitti contro il patrimonio culturale
Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-undecies DEL D. LGS. N. 231/01

La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 (Direttiva 2008/99/CE) ha imposto agli stati membri la previsione di adeguate sanzioni penali in relazione a gravi violazioni delle disposizioni del diritto comunitario in materia di tutela dell’ambiente.

L’art. 6 della predetta direttiva ha inoltre specificamente previsto, sempre al fine di ulteriormente potenziare la tutela dell’ambiente, che gli stati membri provvedano a introdurre forme di responsabilità delle persone giuridiche nel caso in cui le condotte illecite menzionate nella direttiva siano commesse nel loro interesse o a loro vantaggio.

Con il D. Lgs. 121/2011 è stata recepita la Direttiva europea n. 2008/99/CE, dando così seguito all’obbligo imposto dall’Unione europea di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente, introducendo nel D. Lgs. n. 231/01 l’art. 25-undecies.

Si precisa che la Legge n. 68/2015 ha modificato l’art. 25-undecies del D. Lgs. 231/2001.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità e caratteristiche della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.)

“È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da € 10.000,00 a €100.000,00 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi o misurabili:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”.

Delitti colposi contro l’ambente (art. 452-quinquies c.p.)

“Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis e 452-quater è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi.

Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo”

Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (art.733-bis c.p.)

“Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3. 000 euro”.

* * *

Tale fattispecie punisce chi distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione.

Ai fini dell'applicazione dell'articolo 733-bis del Codice Penale per “habitat all'interno di un sito protetto” si intende qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2, della Direttiva 2009/147/CE, o qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell'art. 4, paragrafo 4, della Direttiva 92/43/CE.

Attività di gestione di rifiuti non autorizzata (Art. 256, D. Lgs. n. 152/2006)

”1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212,214, 215 e 21 è punito: a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

(….)

3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).

6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti."

 

* * *

Ai fini del D.Lgs. n. 231/01, rilevano le fattispecie penali indicate ai commi 1, 3, 5 e 6.

La disposizione in oggetto contempla una pluralità di autonomi illeciti che si possono realizzare tramite una serie eterogenea di condotte, il cui comune denominatore è rappresentato dal fatto che le stesse siano tenute in assenza del presupposto rappresentato da un’autorizzazione, da un’iscrizione o da una comunicazione.

Bonifica dei siti (art. 257, D. Lgs. n. 152/2006)

 

“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro.

2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.

3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilita' per le contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1.”

* * *

Ai fini del D.Lgs. n. 231/01, rilevano le fattispecie penali indicate ai commi 1 e 2.

La fattispecie punisce l’omessa bonifica di sito contaminato da rifiuti pericolosi e non pericolosi.

Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (art. 258, D. Lgs. n. 152/2006)

 

“(…)

4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

(…)”

* * *

L’art. 258 del D. Lgs. 152/2006 contempla una molteplicità di illeciti, sia di natura penale che di natura amministrativa, incentrati in larga misura sulla violazione di taluni adempimenti prescritti dalla legge.

Oltre all’inosservanza dei suddetti obblighi, il legislatore attribuisce rilevanza alle ipotesi di falsificazione dei formulari di trasporto, alla predisposizione di certificati di analisi dei rifiuti contenenti false indicazioni e all’uso di siffatti certificati falsi.

Traffico illecito di rifiuti (art. 259, D. Lgs. n. 152/2006)

 

“1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), e) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.

(…)”

* * *

Il reato di traffico illecito di rifiuti sopra delineato si riferisce esclusivamente al trasporto transfrontaliero di rifiuti. Il fenomeno sanzionato è quello del trasferimento di rifiuti, ai fini di smaltimento o recupero, fuori dallo stato di appartenenza dell’impresa produttrice degli stessi e verso un altro stato.

Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452 quaterdecies c.p.)

 

“Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.

Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32- bis e 32-ter, con la limitazione di cui all'articolo 33.

Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e puo' subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.

È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.”

* * *

La fattispecie in esame scandisce le modalità di realizzazione del reato di traffico illecito di rifiuti in diversi segmenti, richiedendo non solo la realizzazione di una pluralità di operazioni (ricevimento, trasporto, ecc.), ma, altresì, l’inserimento di tali operazioni nel contesto di una struttura organizzata che operi con continuità.

Ulteriori elementi di tipicità sono: (i) la necessaria abusività delle operazioni, (ii) l’ingente quantità di rifiuti e (iii) il dolo specifico, rappresentato da una condotta volta al conseguimento di un ingiusto profitto.

Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti (art. 260-bis, D.Lgs. 152/2006)

 

“1. I soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

2 I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. All’accertamento dell’omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilità nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilità occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma.

3. Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI- AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

4. Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l’infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento.

5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.

6. Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti.

7. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati.

8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI - AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi.

9. Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

9-bis. Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette più violazioni della stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo.

9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al sistema informatico di controllo di cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione della violazione, il trasgressore può definire la controversia, previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il pagamento di un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie.”

* * *

Ai fini del D.Lgs. n. 231/01, rilevano le fattispecie penali indicate ai commi 6, 7 secondo e terzo periodo e 8, primo e secondo periodo. La fattispecie in esame colpisce la mancata iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 152/2006.

B. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-septiesdecies E ALL’ARTICOLO 25 duodevicies DEL D. LGS. N. 231/01

La presente Parte Speciale si riferisce anche alle fattispecie di reato previste dagli artt. 25-septisdecies (“Delitti contro il patrimonio culturale”) e 25-duodevicies (“Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni paesaggistici”) introdotti dalla Legge 9 marzo 2022 avente ad oggetto “Disposizioni in

materia di reati contro il patrimonio culturale”.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità e caratteristiche della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici (Art. 518-duodecies c.p.)

 

“Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da € 2.500,00 a € 15.000,00.

Chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 1.500,00 a € 10.000,00.

La sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi o all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.”

* * *

L’art. 518-duodecies è una disposizione a più norme in quanto contempla due distinte fattispecie incriminatrici, una descritta al primo comma e l’altra al secondo. Tutte sono accumulate dalla finalità di evitare il depauperamento, realizzato in qualsiasi forma, del patrimonio culturale.

Più specificamente:

1. il reato di cui al primo comma può essere commesso attraverso una serie di condotte tra loro diverse, produttive di un danneggiamento funzionale e/o strutturale del bene culturale o paesaggistico e che presentano un’intensità lesiva differente;

2. il reato di cui al secondo comma riguarda le seguenti condotte:

a) deturpare o imbrattare beni culturali o paesaggistici propri o altrui;

b) destinare beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità.

A titolo esemplificativo, il reato potrebbe essere contestato nel caso in cui la Società, nel gestire per conto di un FIA un asset connotato da carattere storico o artistico, compia un’attività pregiudizievole per la sua conservazione o integrità.

Riciclaggio di beni culturali (Art. 518-sexies c.p.)

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce beni culturali provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da cinque a quattordici anni e con la multa da € 6.000,00 a € 30.000,00.

La pena è diminuita se i beni culturali provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.

* * *

Il reato di cui all'art. 518-sexies si configura qualora il bene culturale provenga dalla precedente commissione di un altro delitto non colposo. Trattasi di reato a forma libera in quanto realizzabile attraverso un ampio novero di condotte al cui interno è possibile ricondurre tutte quelle attività dirette a neutralizzare o comunque ad intralciare l'accertamento dell'origine illecita dei proventi ricavati dalle attività delittuose.

La fattispecie, infatti, si articola in due ipotesi fattuali:

1. la prima consiste nella sostituzione o nel trasferimento del bene culturale proveniente da specifici delitti non colposi. Specificamente la condotta di:

a) sostituzione consiste nella consegna del bene culturale in cambio di uno diverso;

b) trasferimento quando l'intermediario, che è a conoscenza della provenienza illecita del bene culturale, lo trasferisce in altro luogo, in modo da renderne più difficile l‘identificazione;

2. la seconda opera, invece, come clausola di chiusura della fattispecie, perché è volta ad incriminare qualsiasi condotta che si esplica con delle modalità idonee a frapporre ostacoli all'identificazione del bene culturale di provenienza illecita specifica.

A titolo esemplificativo, potrebbe essere contestato alla Società l’illecito amministrativo dipendente da questo reato nel caso in cui utilizzi in un immobile un bene culturale, rinvenuto e trattenuto illecitamente da scavi all’interno di un cantiere, trasformandolo parzialmente per renderlo non riconoscibile ma sfruttandone comunque le caratteristiche attrattive.

C. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 6 DEL MODELLO

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati ambientali si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

D. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

In ragione dell’attività esercitata dalla Società, le attività considerate più specificatamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale (nel seguito, “Attività a rischio reato”) sono:

1) la gestione del ciclo dei rifiuti e, in particolare:

a. l’individuazione dei rifiuti derivanti dallo smaltimento dei fusti vuoti e/o delle vernici (individuazione di rifiuti, sottoprodotti e materie prime secondarie, imballi di vari materiali, batterie e/o pile esauste, sostanze coloranti, ecc.);

b. la classificazione dei rifiuti;

c. la gestione dei depositi temporanei;

d. l’avvio a smaltimento o recupero;

e. l’individuazione ed impiego di imprese o enti per lo smaltimento dei rifiuti e le verifiche circa l’ottenimento, da parte delle stesse, delle necessarie autorizzazioni dagli enti competenti;

f. la gestione del trasporto dei rifiuti verso luoghi di smaltimento, recupero o deposito;

g. la gestione di eventuali spedizioni all’estero di rifiuti;

h. l’adozione di adeguate misure volte a verificare il corretto smaltimento o il recupero dei rifiuti, ove svolto da Soggetti Terzi;

i. la compilazione e la tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti, la compilazione dei formulari di identificazione per il trasporto; l’invio del MUD;

j. l’adeguamento ed il controllo di tutti gli impianti di scarico e la gestione del servizio di manutenzione;

2) lo svolgimento di attività produttive che possono comportare emissioni di sostanze inquinanti in atmosfera, ivi comprese le emissioni di fumi;

3) la gestione degli scarichi idrici;

4) lo svolgimento di attività produttive che possono comportare rischi di sversamento di eventuali sostanze contaminanti nelle matrici ambientali a seguito di eventi accidentali ed emergenze (acque sotterranee e superficiali, suolo e sottosuolo) nonché la rilevazione e la notificazione alle autorità competenti di fenomeni di potenziale contaminazione;

5) la gestione delle eventuali sostanze pericolose utilizzate dalla Società (legate sostanzialmente all’utilizzo delle vernici necessarie per la realizzazione della segnaletica verticale/orizzontale) e la prevenzione degli incidenti rilevanti;

6) la gestione di attività produttive (scavi, cantieri, ecc.) all’interno di beni paesaggistici, intendendosi per tali gli immobili e le aree che presentano cospicui caratteri di bellezza naturale e in generale quelle aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio.

La gestione ambientale all’interno della Società è caratterizzata, inoltre, da un costante rapporto con le autorità competenti alla direzione dei procedimenti autorizzativi, nonché con gli organi di controllo. Ciò comporta l’esposizione della Società al rischio collegato alla commissione di reati contro la Pubblica Amministrazione di cui alla Parte Speciale 1.

E. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Destinatari della presente Parte Speciale (di seguito i “Destinatari”) sono tutti i soggetti che svolgono, a qualsivoglia titolo, una Attività a rischio reato.

I Destinatari hanno l’obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal presente Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.

In particolare, ai Destinatari è fatto espresso divieto di:

• effettuare attività che comportino emissioni in atmosfera in assenza delle prescritte autorizzazioni;

• effettuare attività che comportino emissioni in atmosfera oltre i valori limite ed al di fuori delle prescrizioni stabilite dalle autorità competenti;

• effettuare attività di smaltimento di rifiuti non in aderenza con i principi di comportamento qui previsti e con le procedure aziendali;

• inoltrare comunicazioni su tali valori alle autorità competenti non rispondenti al vero.

Nell'attività di gestione dei rifiuti, la Società si impegna a garantire che:

• la produzione, detenzione, classificazione e conferimento dei rifiuti (pericolosi e non) venga effettuata nel pieno rispetto della normativa ambientale, sia nell'esercizio dell'attività regolamentata che non regolamentata e in modo da poter certificare l'attuazione dei necessari adempimenti agli organismi pubblici preposti ai controlli;

• le procedure aziendali che hanno una rilevanza diretta o indiretta (es. qualificazione delle imprese e comparti qualificati) in tema di smaltimento dei rifiuti, siano sottoposte ad un costante monitoraggio da parte delle funzioni aziendali competenti, al fine di valutare periodicamente l'opportunità di aggiornamenti in ragione di anomalie riscontrate nella relativa attività, a fronte di informazioni ricevute dai Destinatari;

• la scelta dei fornitori venga effettuata nel pieno rispetto delle procedure aziendali, al fine di poter valutare costantemente la sussistenza in capo ai medesimi dei requisiti tecnici e legali per l'esercizio dell'attività agli stessi demandata evitando, altresì, che la selezione si basi esclusivamente su ragioni di ordine economico (al fine di evitare il ricorso ad imprese poco "qualificate" che lavorino sottocosto in virtù dell'utilizzo di metodi illegali);

• sensibilizzare i Destinatari sul grado di rischio di tale attività rispetto a possibili infiltrazioni di organizzazioni criminali (le cd. ecomafie) utilizzando, a tal riguardo, eventuali report redatti da commissioni parlamentari, associazioni ambientaliste, etc. (es. rapporto ecomafia redatto annualmente da Legambiente).

Nella gestione dei rifiuti, è attribuito in particolare al Responsabile ambientale della Società il compito di:

verificare le autorizzazioni dei fornitori cui venga assegnata l'attività di trasporto (in qualità di appaltatori o subappaltatori) e dei siti di destinazione, sia per le operazioni di smaltimento che per le operazioni di recupero;

• compilare in modo corretto e veritiero il registro di carico e scarico ed il formulario di identificazione per il trasporto dei rifiuti, astenendosi dal porre in essere operazioni di falso ideologico o materiale (ad esempio in relazione alle informazioni sulle caratteristiche qualitative o quantitative dei rifiuti);

• verificare la restituzione della copia del formulario di identificazione controfirmato e datato e segnalare al Consiglio di Amministrazione e eventuali anomalie riscontrate nel documento;

• compilare accuratamente il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale;

• vigilare costantemente sulla corretta gestione dei rifiuti segnalando eventuali irregolarità al Consiglio di Amministrazione (si pensi ad esempio, alla manomissione dei documenti di classificazione, al sospetto di abbandono dei rifiuti da parte del trasportatore in discariche abusive, etc.), affinché la Società ponga in essere le conseguenti azioni di tipo amministrativo e contrattuale oltre che le eventuali azioni di tipo legale dinanzi alle competenti autorità;

• custodire accuratamente in apposito archivio il registro carico e scarico ed i relativi formulari.

F. IL SISTEMA AMBIENTALE ED I CONTROLLI IN ESSERE PRESSO LA SOCIETA’

L’orientamento verso lo sviluppo organizzativo ha portato la Società ad adottare un sistema certificato secondo le norme UNI EN ISO 14001:2004.

G. IL RESPONSABILE AMBIENTE E LE SCHEDE INFORMATIVE NELL’AMBITO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Il Responsabile Ambiente è tenuto a trasmettere le informazioni nel seguito specificate all’Organismo di Vigilanza.

In particolare, il Responsabile Ambiente:

➢ diviene il soggetto referenti delle Attività a rischio reato;

➢ deve portare a conoscenza dell’OdV, nell’ambito delle Attività a rischio reato, le attività più rilevanti e, in particolare:

- eventuali deviazioni da parte dei Destinatari dalle procedure in materia ambientale;

- l’esito degli audit ambientali svolti (interni e/o esterni);

- il rilascio, il rinnovo o il mancato ottenimento di autorizzazioni o certificazioni ambientali;

- l’esito di eventuali ispezioni svolte dalle autorità competenti (ASL,ARPA, ecc.);

- gli accadimenti e/o gli eventi in materia ambientale che potrebbero, anche solo potenzialmente, generare una responsabilità, di qualsivoglia tipo, in capo alla Società;

- le modifiche significative nel sistema di gestione ambientale, nei presidi e/o nei controlli;

- l’insorgenza di nuove attività che possono costituire un’Attività a rischio reato, laddove non elencata nei paragrafi precedenti;

- le criticità emerse nel sistema di gestione ambientale.

H. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

Nell’ambito della presente Parte Speciale, i compiti dell’OdV sono i seguenti:

a) richiedere tutta la documentazione e tutte le informazioni necessarie ed opportune per l’esecuzione delle verifiche di competenza;

b) verificare periodicamente il rispetto delle procedure interne;

c) esaminare eventuali segnalazioni provenienti dal Responsabile Ambiente, nonché da qualsiasi dipendente o consulente della Società;

d) indicare, nel rispetto di quanto previsto nella Parte Generale del Modello, al Consiglio di Amministrazione, laddove riscontri nella pratica delle carenze, le eventuali necessarie integrazioni.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di reati ambientali nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

Parte Speciale 7

Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare - Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

IMPIEGO DI CITTADINI DI PAESI TERZI IL CUI SOGGIORNO E’ IRREGOLARE

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-duodecies DEL D. LGS. N. 231/01

L'art. 25-duodecies rubricato "Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare" è stato introdotto dal Decreto Legislativo n. 109 del 16 luglio 2012, che ha recepito la direttiva 2009/52/CE volta a rafforzare la cooperazione tra Stati membri nella lotta contro l’immigrazione illegale e successivamente ampliato dalla Legge n. 161/2017 di riforma del Codice Antimafia con l’introduzione delle fattispecie, ai commi 1-bis e 1-ter, di “Trasporto di stranieri irregolari nel territorio dello Stato” e “Favoreggiamento della permanenza di stranieri irregolari nel territorio dello Stato”.

Si riporta, nel seguito, l’art. 25-duodecies del D. Lgs. 231/2001:

“1. In relazione alla commissione del delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, entro il limite di 150.000 euro. 1-bis. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

1-ter. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 12, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote.

1-quater. Nei casi di condanna per i delitti di cui ai commi 1-bis e 1-ter del presente articolo, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno”.

***

Con riferimento al primo comma, l'art. 22, comma 12-bis, del D.lgs. 286/98 stabilisce che:

"Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla metà:
a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre; b) se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa; c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale."

Le condizioni di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'art. 603-bis del Codice Penale37 sono "l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro".

Il richiamato art. 22, comma 12, del D.Lgs. 286/98 stabilisce che:

"Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato”.

Di conseguenza, in ragione dei richiami normativi dell’art. 25-duodecies del D.Lgs. n. 231/01, l'ente che ha alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, oppure il cui permesso sia scaduto (e non ne sia stato richiesto il rinnovo entro i termini di legge), revocato o annullato è soggetto ad una sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, per un massimo di 150.000 euro, se i lavoratori occupati sono:

- in numero superiore a tre;
- minori in età non lavorativa;
- esposti a situazioni di grave pericolo, con riferimento alle prestazioni da svolgere ed alle condizioni di lavoro.

Con riferimento, poi, al comma 1-bis, l’art. 12 commi 3, 3-bis, 3-ter del D.Lgs.286/1998 stabilisce:

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;
c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.

3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata.

3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:
a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;
b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto.”

 

Alla luce delle disposizioni di nuova introduzione vengono quindi sanzionate le condotte poste in essere nell’interesse o vantaggio dell’Ente ed in violazione delle disposizioni del testo unico sull’immigrazione, aventi quale finalità la promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o effettuazione del trasporto di stranieri nel territorio dello Stato o dirette al compimento di altri atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale le persone non sono cittadini o non hanno titolo di residenza permanente.

La responsabilità penale dell’Ente sorge, tuttavia, solo laddove si verifichi, alternativamente, uno degli ulteriori presupposti previsti dall’art. 12 comma 3 del D.Lgs. 286/1998:

- il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

- la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;

- la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;

- il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;

- gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.

Sono, poi, previsti trattamenti sanzionatori peggiorativi qualora, in particolare:

- le condotte di cui al comma 3 siano compiute con il ricorso di due o più delle condizioni richieste dalla medesima norma;

- i fatti siano commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo o riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;

- siano commessi al fine di trame profitto, anche indiretto.

Con riferimento al comma 1-ter, l’art. 12 comma 5 del D.lgs. 286/1998 stabilisce

inoltre che:

“Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a euro 15.493 (lire trenta milioni). Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà”.

 

La condotta integrante il favoreggiamento della permanenza illegittima sul territorio dello Stato da parte dello straniero è pertanto oggetto di sanzione da parte del Legislatore, in particolare quando il fine dell’Ente sia quello di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero stesso.

L’intento normativo è pertanto quello di contrastare una ulteriore forma di sostegno al fenomeno della immigrazione clandestina, perpetrato tramite la realizzazione di condotte idonee a lucrare sulla permanenza dei soggetti in stato di irregolarità.

Quanto al comma 1-quater, con tale disposizione il Legislatore ha, infine, inteso sanzionare le condotte rientranti nei due commi precedenti con l’ulteriore applicazione delle sanzioni interdittive per un periodo non inferiore ad un anno.

INTERMEDIAZIONE ILLECITA E SFRUTTAMENTO DEL LAVORO
B. IL REATO DI CUI ALL’ARTICOLO 25-quinquies DEL D. LGS. N. 231/01

La Legge 29 ottobre 2016, n. 199 ha modificato il testo dall’art. 603-bis c.p. relativo al reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, già introdotto nel nostro ordinamento giuridico – seppur con un’estensione applicativa più ridotta

– dal Decreto Legge 138/2011, convertito con modifiche con Legge 148/2011.

Si riporta, nel seguito, il reato di cui all’art. 603-bis c.p.:

Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

 

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:

1. recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;

2. utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.

Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:

1. la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

2. la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;

3. la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;

4. la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà:

1. il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;

2. il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;

3. l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro”.

Il reato in esame prevede, nello specifico, due differenti condotte:

1. la prima mira a colpire principalmente chi svolge attività di intermediazione, reclutando manodopera al fine di destinarla al lavoro presso terzi “in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno” del lavoratore;

2. la seconda, invece, ha una portata molto più ampia e mira a colpire chiunque “utilizza, assume o impiega” lavoratori, anche laddove tale “utilizzo, assunzione o impiego” avvenga attraverso l’attività di un intermediario (reclutatore). In tal caso, le condizioni di “sfruttamento” del lavoratore sarebbero da ravvisare direttamente presso il soggetto che utilizza la manodopera.

La formulazione di tale ultima fattispecie sembra comprendere non solo le ipotesi di assunzione diretta di dipendenti (tale conclusione trova conferma nell’utilizzo dell’inciso “assume”), ma, in considerazione dei termini “utilizza” e “impiega”, anche situazioni che non abbiano quale presupposto l’assunzione del dipendente (si pensi, ad esempio, alle ipotesi di contratti di appalto).

Sembrano valere al riguardo le medesime argomentazioni esposte per il reato di “impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. Non manca, infatti, chi abbia già osservato che i due reati di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” e di “impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare” possano coesistere.

Va osservato che la condotta, per assumere a rilevanza penale, deve avvenire in condizioni di “sfruttamento” e di approfittamento dello “stato di bisogno” del lavoratore.

Quanto alla prima condizione, lo stesso art. 603-bis c.p. definisce alcuni indici che fanno presumere lo sfruttamento.

In particolare, si devono realizzare una o più delle seguenti condizioni:

➢ la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme ai contratti di lavoro applicabili o, comunque, in modo sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro;

➢ la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria o alle ferie;

➢ la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene sul luogo di lavoro;

➢ la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

Appare evidente come, mentre per le prime due condizioni sia richiesta una reiterazione del comportamento di sfruttamento (non essendo, ad esempio, sufficiente la violazione una tantum della normativa sull’orario di lavoro) per la terza e la quarta condizione, invece, anche una singola violazione sembra poter configurare il rischio di sfruttamento.

L’accertamento di una condizione di sfruttamento, nei termini appena descritti, non è però di per sé sufficiente ad integrare il reato. È, infatti, necessario l’approfittamento, da parte dell’autore del reato, dello “stato di bisogno” dei lavoratori.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione può parlarsi di stato di bisogno quando il soggetto passivo, pur non versando in una situazione di assoluta indigenza, si trovi in condizioni di estrema criticità, tali da non potergli consentire di provvedere alle più elementari esigenze di vita, oppure tali da pregiudicare il mantenimento della propria situazione patrimoniale.

Da ultimo, va comunque sottolineato che la natura dolosa del reato comporta che le condotte descritte rilevino solo ove dolosamente preordinate a sottoporre “i lavoratori a condizioni di sfruttamento” con consapevolezza e volontà di approfittare “del loro stato di bisogno”.

C. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 7 DEL MODELLO

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e di intermediazione illecia e sfruttamento del lavoro si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

D. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

 

Le attività considerate più specificatamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale (nel seguito, “Attività a rischio reato”) sono ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

1. selezione e assunzione del personale della Società;
2. gestione del personale della Società
3. gestione dei contratti di appalto.
4. selezione degli intermediari per i lreclutamento del personale

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

Fermo quanto precede, al fine di conformarsi a quanto previsto nelle Linee Guida, la Società ha altresì provveduto ad individuare le aree all’interno delle quali le Attività a rischio reato previste dalla presente Parte Speciale potrebbero essere poste in essere, affinché possa essere condotta con maggiore precisione l’attività di controllo della correttezza comportamentale.

I risultati dell’attività di mappatura delle aree nelle quali le Attività a rischio reato potrebbero essere perpetuate sono descritti nell’Allegato (a) alla presente Parte Speciale.

E. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

Destinatari della presente Parte Speciale sono gli Amministratori l, il Responsabile Risorse Umane, i dirigenti ed i loro dipendenti in linea gerarchica e, in generale, tutti coloro che svolgono Attività a rischio reato (di seguito i “Destinatari”).

Le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e precisazione delle previsioni del Codice Etico.

Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di:

i. evitare di attuare comportamenti che possano anche solo potenzialmente integrare i reati riportati ai precedenti paragrafi A e B;

ii. tenere un comportamento corretto, trasparente e collaborativo, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure aziendali;

iii. osservare con la massima diligenza e rigore tutte le disposizioni legislativamente previste contro l’immigrazione clandestina;

iv. rispettare il Codice Etico;

v. evitare l’assunzione o la promessa di assunzione di persone che non siano in regola con il permesso di soggiorno in quanto: privi del permesso, con permesso revocato, con permesso scaduto e del quale non sia stata presentata la domanda di rinnovo;

vi. evitare di utilizzare intermediari per il reclutamento del personale, ad eccezione delle Agenzie per il lavoro autorizzate dal Ministero del Lavoro ai sensi del D.Lgs. 276/2003. In tali casi, è fatto obbligo chiedere a detta Agenzia il rilascio di una dichiarazione di regolarità del lavoratore.

F. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

Nell’ambito della presente Parte Speciale, i compiti dell’OdV sono i seguenti:

verifiche periodiche sul rispetto delle procedure interne;

➢ esame di eventuali segnalazioni provenienti dal Collegio Sindacale o da qualsiasi dipendente o consulente della Società, nonché disposizione degli accertamenti ritenuti necessari;

➢ effettuazione di controlli formali e sostanziali delle assunzioni effettuate dalla Società.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

 

Parte Speciale 8
Razzismo e xenofobia

A. I REATI DI CUI ALL’ART. 25 TERDECIES DEL DECRETO

La legge Europea 2017 per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea nel disciplinare la lotta “contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale”, ha inserito all’interno del D.lgs. 231/2001 il nuovo articolo 25-terdecies con il seguente testo:

“1. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 3, comma 3- bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote.

2. Nei casi di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.

3. Se l'ente o una sua unità organizzativa è stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3.”

***

Con riferimento al primo comma dell’articolo in commento, si segnala che l’art. 7, comma 1, lett. c), D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, ha abrogato l’art. 3, comma 3-bis della Legge 654/1975 ivi richiamato.

Pertanto, a norma di quanto disposto dall’art. 8, comma 1, del medesimo D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, dal 6 aprile 2018 i richiami alle disposizioni dell’art. 3, comma 3-bis della Legge 654/1975, ovunque presenti, si intendono riferiti al reato di: “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” (art. 604-bis c.p.). Si riporta di seguito il testo:

- art 604- bis c.p. (in sostituzione dell’art. 3 della Legge 654/1975)

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito:

a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.

Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale”.

 

Benché la responsabilità della Società sussista solo nel caso di commissione del reato di cui al comma 3 dell’art. 604-bis, per correttamente inquadrare la fattispecie in oggetto, occorre preliminarmente analizzare il comma 2 dell’art. 604-bis c.p., a mente del quale è punita ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Ciò posto, al comma 3 dell’art. 604-bis il Legislatore prevede un regime sanzionatorio peggiorativo in relazione alle condotte di propaganda, istigazione e incitamento, estrinsecate in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, e che si fondino in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale.

Lo scopo della norma recepita dal testo dell’art. 25-terdecies del Decreto, è quindi quello di sanzionare condotte dirette alla diffusione, con l’adesione di un pubblico il più possibile vasto, di comportamenti discriminatori o violenti fondati sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, così come inquadrati dallo Statuto della Corte penale internazionale.

Quanto, poi, ai successivi commi 2 e 3 dell’art. 25-terdecies, il Legislatore ha inteso così introdurre un inasprimento delle sanzioni comminate al primo comma prevedendo l’applicazione:

- delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9 comma 2 per un periodo di almeno un anno qualora sia comminata una condanna ai sensi del primo comma della norma in commento;

- della sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività per l’Ente che sia stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui al primo comma.

B NORME GENERALI DI COMPORTAMENTO

Il presente paragrafo è inerente alle condotte poste in essere dagli Amministratori, dai dirigenti e dai loro dipendenti in linea gerarchica e, in generale, da tutti coloro che svolgono un’attività a rischio reato (di seguito i “Destinatari”).

Le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e precisazione delle previsioni del Codice Etico.

I Destinatari hanno l’obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.

In particolare, ai Destinatari è fatto espresso divieto di:

- utilizzare i locali aziendali per l’organizzazione di eventi e/o manifestazioni finalizzati al perseguimento degli scopi sanzionati dal Legislatore con le precedenti diposizioni;

- finanziare in qualunque modo eventi e/o manifestazioni finalizzati al perseguimento degli scopi sanzionati dal Legislatore con le precedenti diposizioni.

Parte Speciale 1

A. I REATI DI CUI AGLI ARTICOLI 24 E 25 DEL D. LGS. N. 231/01

I reati riportati nella presente Parte Speciale presuppongono l’instaurazione di rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati facenti parte dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri6.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità e caratteristiche della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Truffa (art. 640, 2° comma, n. 1, c.p.)

“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 309 a €1.549:

1. se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2. se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità.

2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 7.”

* * *

Il reato di truffa appartiene al novero dei delitti contro il patrimonio.

Ai fini della responsabilità amministrativa degli Enti prevista dal D. Lgs. n. 231/01, è necessario che questo reato sia posto in essere ai danni dello Stato o di altro ente pubblico dai Soggetti Apicali e/o dai Soggetti Sottoposti.

La fattispecie può realizzarsi, ad esempio, quando nella predisposizione di documenti o dati per la partecipazione a procedure di gara, per ottenere licenze o autorizzazioni, si forniscano alla Pubblica Amministrazione informazioni non veritiere od incomplete (ad esempio supportate da documentazione artefatta), al fine di ottenerne l’aggiudicazione o la concessione.

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.)
“La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee”.

* * *

Il reato si configura qualora la condotta di truffa prevista dall’art. 640 c.p. di cui sopra abbia ad oggetto finanziamenti pubblici, comunque denominati, erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea.

La fattispecie può realizzarsi nel caso in cui si pongano in essere artifici o raggiri, ad esempio comunicando dati non veri o incompleti o predisponendo una documentazione falsa, per ottenere finanziamenti pubblici.


Malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis c.p.)

“Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.

* * *

Il reato si realizza nel caso in cui finanziamenti precedentemente ottenuti non vengano destinati alle finalità ed entro i termini per cui sono stati erogati.

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.)

Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a € 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da € 5.164 a € 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.

* * *

Il reato si configura nei casi in cui - mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o mediante l’omissione di informazioni dovute - si ottengano, senza averne diritto, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea.

In questo caso, contrariamente a quanto previsto dall’art. 316-bis c.p. (Malversazione a danno dello Stato), non assume alcun rilievo la destinazione dei finanziamenti pubblici erogati, poiché il reato si consuma al momento dell’indebito ottenimento.

Avendo natura residuale, il reato si configura solo qualora la condotta non integri gli estremi del più grave reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), per la cui sussistenza è, viceversa, necessaria l’induzione in errore mediante artifici o raggiri.

Frode informatica (art. 640-ter, 1°comma, c.p.)

“Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 309 a € 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo comma e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età, e numero 7”.

* * *

Questa ipotesi di reato si configura nel caso in cui, alterando il funzionamento di un sistema informatico o telematico, manipolando o duplicando i dati in esso contenuti, si ottenga un ingiusto profitto arrecando danno allo Stato o ad altro ente pubblico.

La condotta si realizza anche tramite l’alterazione di sistemi informatici per la successiva produzione di documenti attestanti fatti o circostanze inesistenti o, ancora, per modificare dati fiscali o previdenziali di interesse della Società già trasmessi alla Pubblica Amministrazione.

Concussione (art. 317, c.p.)
 

“Il pubblico ufficiale7o l’incaricato di un pubblico servizio8 che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni”.

* * *

Presupposto per la commissione del reato in questione è la condotta di costrizione posta in essere dal pubblico ufficiale ai danni della vittima del reato.

In altri termini, “si ha costrizione o induzione, e cioè esercizio di una pressione psichica da parte del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio sul privato tale da coartarne la volontà, tutte le volte in cui l’abuso della qualità acquisti una preminente importanza prevaricatrice, creando nel soggetto passivo (N.d.R.: vittima del reato) quella situazione di soggezione che esclude ogni possibilità di posizione paritaria tra i due soggetti e che caratterizza il reato di concussione”10.

Il reato in esame presenta profili di rischio limitati ai fini del D. Lgs. n. 231/01: trattandosi, infatti, di un reato proprio di soggetti qualificati (pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio), la responsabilità dell’Ente potrà ravvisarsi solo nei casi in cui i Soggetti Apicali e/o i Soggetti Sottoposti, nell’interesse o a vantaggio della Società, concorrano nel reato del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, ad esempio attraverso un’attività di intermediazione tra il coartato o vittima del reato ed il pubblico ufficiale o l’ incaricato di un pubblico servizio.

Corruzione

Articolo 318 c.p. (Corruzione per l’esercizio della funzione )

“Il pubblico ufficiale, che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità o ne accetta promessa è punito con la reclusione da tre a otto anni”.

Articolo 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio)
“Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni”.

Articolo 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari)

“Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni. Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena e della reclusione da otto a venti anni”.

Articolo 319-quater c.p. (Induzione indebita a dare o promettere utilità)

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi. Ne casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni ovvero con la reclusione fino a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a Euro 100.000,00”.

Articolo 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)
“Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo”.

Articolo 322-bis c.p. (Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri)

“Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, e 323 si applicano anche:

1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei trattati che istituiscono le Comunità europee;

5) a coloro che, nell’ambito di altri Stati membri dell’Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.

5-bis) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale;

5-ter) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di organizzazioni pubbliche internazionali;

5-quater) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali;

5-quinquies) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione.

Le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:

1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;

2) a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali.

Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.”

Si tratta di fattispecie di reato che potenzialmente ed in astratto possono essere realizzate in molte aree aziendali ed a tutti i livelli organizzativi.

(a) I reati di corruzione (artt. 318 e 319 c.p., sopra riportati) si configurano nel caso in cui un pubblico ufficiale12 si faccia dare o promettere, per sé o per altri, denaro o altra utilità per compiere, omettere o ritardare atti del suo ufficio ovvero per compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio.

Questi reati si configurano altresì nel caso in cui l’indebita offerta o promessa sia formulata con riferimento ad atti – conformi o contrari ai doveri d’ufficio – già compiuti dal pubblico.

Ad esempio, sussiste la commissione dei reati in questione quando il pubblico ufficiale, dietro corrispettivo, velocizzi o abbia velocizzato una pratica, la cui evasione è di propria competenza, oppure quando garantisca o abbia garantito l’illegittima aggiudicazione di una gara.

(b) Per quanto riguarda il reato di corruzione in atti giudiziari di cui all’art. 319-ter c.p. sopra riportato, esso si configura nel caso in cui taluno offra o prometta ad un pubblico ufficiale13 denaro o altra utilità per compiere o aver compiuto, omettere o aver omesso, ritardare o aver ritardato atti del suo ufficio ovvero per compiere o aver compiuto atti contrari ai suoi doveri di ufficio: tutto ciò allo scopo precipuo di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo. Potrà dunque essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 319-ter c.p. il Soggetto Apicale e/o il Soggetto Sottoposto che corrompa un pubblico ufficiale (magistrato, cancelliere od altro funzionario) al fine di ottenere la positiva definizione di un procedimento giudiziario.

(c) Il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità si configura qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio induca taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o a un terzo denaro o altra utilità abusando della sua qualità e dei suoi poteri.

Tale fattispecie punisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che interviene, in qualità di intermediario, affinché la propria vittima sia portata a riconoscere utilità al medesimo o a un terzo soggetto.

(d) Le ipotesi di corruzione indicate agli artt. 318, 319 e 319-ter c.p. si differenziano dalla concussione, in quanto tra corrotto e corruttore esiste un accordo finalizzato a raggiungere un vantaggio reciproco, mentre nella concussione il privato subisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.

(e) Per le finalità e gli scopi perseguiti dal Modello, l’esposizione delle fattispecie di reato di corruzione sopra operata non sarebbe completa ed esaustiva, se non venissero riportate di seguito le disposizioni contenute nel Codice Penale relative alle conseguenze negative per il corruttore del pubblico ufficiale e dell’incaricato del pubblico servizio.

A questo proposito, l’art. 321 c.p. (Pene per il corruttore) prevede espressamente che: “Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319-bis, nell'articolo 319-ter, e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità”.

Inoltre, secondo quanto previsto all’art. 322 c.p., 1° 2° e 3° comma, (Istigazione alla corruzione): “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.

Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”.

Ne consegue che sono applicabili al corruttore le pene specificamente previste agli artt. 321 e 322, 1° e 2° comma, c.p. sia nell’ipotesi in cui il reato di corruzione sia stato effettivamente consumato attraverso la dazione di denaro od altra utilità, sia nell’ipotesi in cui il reato sia rimasto nella fase del tentativo, poiché il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio non hanno accettato tale dazione.

(f) La corruzione rileva anche nel caso in cui sia realizzata nei confronti di soggetti stranieri i quali, secondo la legge italiana, sono pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. Di conseguenza, il corruttore o l’istigatore alla corruzione soggiace alle medesime pene indicate agli artt. 321 e 322 c.p. qualora il denaro o l’utilità sono offerti o promessi:

(i) “ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

(ii) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

(iii) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

(iv) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;

(v) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio”16;

(vi) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale;

(vii) “a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali”;

(viii) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali;

(ix) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione.

Per completezza si richiama l’art. 320 c.p., a mente del quale “Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio”.

Traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.)

“Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.

La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322- bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.

Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita”.

* * *

La norma è stata introdotta allo scopo di contrastare il fenomeno degli occulti condizionamenti affaristico-clientelari nelle decisioni politiche e amministrative, posti in essere da soggetti a tale scopo retribuiti a causa delle proprie influenze o “entrature”, all’interno di contesti contigui a quelli corruttivi.

La disposizione, pertanto, intende avanzare la soglia della repressione penale, in riferimento ai casi in cui il destinatario della dazione o promessa intende realmente mediare presso un pubblico agente o remunerarlo per un atto contrario ai doveri di ufficio.

Dalla casistica più recente emergono, a titolo esemplificativo, i casi di soggetti, i quali, non rivestendo una qualità pubblicistica, erano stati retribuiti non per il compimento di atti di ufficio estranei alla loro competenza, bensì per la successiva attività che avrebbero dovuto svolgere nel proprio contesto lavorativo sui funzionari competenti.

Frode nelle pubbliche forniture (Art. 356 c.p.)

 

Chiunque commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a euro € 1.032,00.

La pena è aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo precedente.

* * *

La norma tutela il buon e regolare andamento della Pubblica Amministrazione, che viene impedito in presenza di frodi nell’esecuzione di un contratto di fornitura di beni o servizi necessari per lo svolgimento della funzione pubblica.

La frode è ravvisata in ogni violazione contrattuale, purché effetto di malafede, senza che sia necessaria la presenza di artifici e raggiri nei confronti della controparte, e senza l’assunzione di un comportamento ingannevole. Ad esempio, integra il delitto di frode in pubbliche forniture la condotta dolosa di colui che consegna cose in tutto o in parte difformi dalle caratteristiche convenute.

Accanto al fornitore, il delitto può essere realizzato anche dal subfornitore, dal mediatore e dal rappresentante dello stesso, e più in generale da ogni soggetto che abbia assunto l’obbligo di dare esecuzione al contratto.

Induzione a non rendere dichiarazioni o rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria (art. 377-bis c.p.)

 

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti all'autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni.”

* * *

La fattispecie di reato si configura quando un soggetto chiamato a rendere dichiarazioni innanzi all’Autorità Giudiziaria è indotto con violenza o minaccia o per il tramite di una offerta o promessa di denaro o di altra utilità a non rispondere alle domande dell’Autorità Giudiziaria, nelle ipotesi in cui gli sia concessa la facoltà di non rispondere, o a rendere false dichiarazioni.

B. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 1 DEL MODELLO

 

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati in danno della Pubblica Amministrazione si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

C. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

 

Come anticipato al precedente paragrafo A, i reati ivi descritti presuppongono l’instaurazione di rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati facenti parte dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri.

La Società ha provveduto a svolgere un’analisi finalizzata all’individuazione delle attività, al fine di individuare al meglio i presidi necessari per l’eventuale miglioramento del sistema di controllo attualmente esistente.

Vengono, pertanto, definite “Attività a rischio reato” tutte quelle attività che – direttamente o indirettamente – presuppongono l’instaurazione di rapporti con gli organismi sopra descritti, che comportano la gestione di strumenti di tipo finanziario e/o mezzi sostitutivi e/o che, pur non comportando l’instaurazione di rapporti diretti con le entità pubbliche sopra menzionate, possono supportare la commissione dei reati di cui al precedente paragrafo A.

Tenuto conto della peculiarità dell’attività della Società e dei rapporti di carattere negoziale che la stessa intrattiene con i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio, i soggetti comunque appartenenti alle Pubbliche Amministrazioni e i pubblici dipendenti, le attività considerate più specificamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale sono ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

 

1. produzione ed invio alla Pubblica Amministrazione di documenti, anche telematici e/o informatici, contenenti informazioni o dichiarazioni relative alla Società e/o l’attestazione di condizioni per la partecipazione a gare, per ottenere licenze o autorizzazioni, ecc. e/o, in ogni caso, lo svolgimento di attività, a qualunque titolo e per qualsivoglia finalità, che comportino l’invio di documentazione alla Pubblica Amministrazione;
 

2. produzione ed invio alla Pubblica Amministrazione di documenti, anche telematici e/o informatici, contenenti dati di natura fiscale o previdenziale;

3. interventi, in qualsiasi modo effettuato, sul sistema informatico e/o telematico o sui dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico e/o telematico;

4. partecipazione a gare di appalto, ad aste pubbliche, a licitazioni private o a trattative private indette o organizzate dalla Pubblica Amministrazione e svolgimento, in tutto o in parte, di tutti gli adempimenti relativi e connessi, anche nei casi in cui dette Attività siano effettuate con altri partner (RTI, ATI, joint venture, consorzi, ecc.);

5. negoziazione di contratti e convenzioni con la Pubblica Amministrazione;

6. gestione degli adempimenti contrattuali nei confronti della Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento alla fornitura di beni;

7. gestione della fatturazione attiva e della fatturazione passiva nei confronti della Pubblica Amministrazione e gestione dei relativi solleciti di pagamento o delle relative contestazioni;

8. gestione di pagamenti, in qualsivoglia modalità o forma, e/o, in ogni caso, gestione dei flussi finanziari da e verso la Pubblica Amministrazione;

9. gestione delle pratiche volte all’ottenimento o all’utilizzo di finanziamenti, contributi o sovvenzioni pubbliche, mutui agevolati o, in ogni caso, altre erogazioni dello stesso tipo comunque denominate concessi o erogati dalla Pubblica Amministrazione;

10. gestione di rapporti in occasione di verifiche, ispezioni, accertamenti in generale presso la Pubblica Amministrazione o disposti dalla Pubblica Amministrazione presso la Società;

11. incontri personali, comunicazioni scritte e/o telematiche e/o informatiche o contatti telefonici con soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione;

12. gestione di rapporti in occasione di verifiche, ispezioni, accertamenti disposti dalla Pubblica Amministrazione per gli aspetti che riguardano la sicurezza e l’igiene sul lavoro;

13. in ogni caso, qualsiasi rapporto con la Pubblica Amministrazione, sia italiana che straniera, con gli enti a natura pubblicistica o, comunque, svolgenti funzioni o attività pubbliche, con i pubblici dipendenti, con pubblici ufficiali o con persone incaricate di un pubblico servizio;

14. gestione delle pratiche di assunzione del personale della Società.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

Le Attività a rischio reato così identificate costituiscono il punto di riferimento nella definizione delle procedure di controllo da implementare e/o introdurre ai fini dell’adeguamento dell’attuale sistema di controlli interno.

Fermo quanto precede, al fine di conformarsi a quanto previsto nelle Linee Guida, la Società ha altresì provveduto ad individuare le aree all’interno delle quali le Attività a rischio reato previste dalla presente Parte Speciale potrebbero essere poste in essere, affinchè possa essere condotta con maggiore precisione l’attività di controllo della correttezza comportamentale.

I risultati dell’attività di mappatura delle aree nelle quali le Attività a rischio reato potrebbero essere perpetuate sono descritte nell’Allegato (a) alla presente Parte Speciale.

D. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

La presente Parte Speciale è inerente alle condotte poste in essere da amministratori, dirigenti e dipendenti (gli “Esponenti Aziendali”) o terzi con cui la Società intrattiene rapporti di natura contrattuale, quali, ad esempio, agenti, rappresentanti (i “Collaboratori”) che svolgono, a qualsiasi titolo, le Attività a rischio reato (gli Esponenti Aziendali ed i Collaboratori cumulativamente indicati “Destinatari”) identificate nella presente Parte Speciale.

Al riguardo, si precisa che le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e specificazione delle previsioni del Codice Etico, relativamente ai rapporti con la Pubblica Amministrazione.

I Destinatari sono consapevoli che l’attuazione ed adozione di comportamenti che possano, anche solo in astratto, configurare gli estremi di reati sono fermamente respinti e impediti, con ogni mezzo, dalla Società, la cui policy aziendale è fortemente orientata verso la maggiore trasparenza e correttezza possibile nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e con i terzi.

In ogni caso, il processo decisionale afferente le Attività a rischio reato è uniformato ai seguenti criteri e principi:

a) ogni Attività a rischio reato è supportata da debita evidenza scritta (email, rapporti scritti, comunicazioni scritte o corrispondenza). In particolare, ciascun Destinatario coinvolto nell’esercizio di un’Attività a rischio reato deve agire in virtù di evidenze scritte – deleghe scritte, istruzioni operative, atti e documenti di immediata consultazione – che descrivono i profili salienti delle attività o fasi di attività specificamente intraprese o da intraprendere, con specifico riferimento alla descrizione dettagliata dell’operazione, delle autorizzazioni necessarie ad agire e, comunque, opportune, delle informative nei confronti dei soggetti che hanno un potere di decisione e di firma;

b) ogni decisione e ogni contatto finalizzato ad effettuare le Attività a rischio reato risulta da un documento scritto, adottato mediante autorizzazione di soggetto legittimamente e correttamente investito dei relativi poteri autorizzativi degli organi societari a ciò preposti e, a seconda dei casi, anche secondo uno schema di doppie firme congiunte che garantisce la trasparenza ed un efficace controllo sulla legittimità dell’operazione;

c) non vi è mai identità soggettiva tra coloro che pongono concretamente in essere un’Attività a rischio reato e coloro che risultano investiti del potere di destinarvi le necessarie risorse economiche e finanziarie o di autorizzarla;

d) le predette risorse economiche e finanziarie sono sempre puntualmente contabilizzate, in modo da averne debita evidenza scritta.

In generale, è assolutamente vietato ai Destinatari:

1) porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti agli artt. 24 e 25 del D. Lgs. n. 231/01;

2) porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato;

3) porre in essere comportamenti non conformi alle procedure aziendali come previste nell’Allegato (b) della presente Parte Speciale o, comunque, non in linea con i principi e le disposizioni contenute nel Modello e nel Codice Etico;

4) porre in essere qualsiasi situazione di conflitto di interessi nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri in relazione a quanto previsto dalle suddette ipotesi di reato.

Nell’ambito dei suddetti principi generali è fatto espresso divieto ai Destinatari, in particolare, di:

a) compiere azioni o tenere comportamenti che siano o possano essere interpretati come pratiche di corruzione, favori illegittimi, comportamenti collusivi, sollecitazioni, dirette o mediante terzi, di privilegi per sé o per altri;

b) effettuare o promettere elargizioni in denaro, effettuare o promettere pagamenti, di qualsivoglia entità, a pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio e/o a soggetti ad essi assimilati;

c) fare o promettere omaggi e regali a terzi che non siano dipendenti della Società al di fuori delle ricorrenti festività natalizie o pasquali, fatta in ogni caso salva la necessità che tali regali e omaggi siano di modico valore. Deve considerarsi come di “modico valore” un regalo od omaggio che non superi l’importo di Euro 100,00 (centocinquanta/00). Qualora, in occasione delle ricorrenti festività natalizie e pasquali per esigenze e casi di carattere del tutto eccezionale, si presentasse la necessità di distribuire a favore di terzi, ivi compresi pubblici ufficiali o dipendenti della Pubblica Amministrazione e/o di soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri, un regalo od un omaggio che abbia un valore superiore a quello sopra indicato, ciascun Destinatario si obbliga a richiedere il preventivo consenso al Consiglio di Amministrazione e/o del Direttore Commerciale e Amministrativo, avendo cura di informare contestualmente l’OdV. L’eventuale autorizzazione dovrà essere rilasciata esclusivamente al singolo Destinatario richiedente, dovrà essere redatta per iscritto e dovrà contenere le relative motivazioni. In ogni caso, è vietata qualsiasi forma di regalo a pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio italiani (appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o a soggetti ad essa assimilati) od esteri (anche in quei paesi in cui l’elargizione di doni rappresenta una normale consuetudine), o a loro familiari, che possa anche solo in linea astratta rischiare di compromettere l’indipendenza di giudizio di tali soggetti o porli nelle condizioni di voler o dover garantire un qualsiasi vantaggio per la Società. Di tutti i regali od omaggi distribuiti dovrà essere tenuta negli archivi della Società idonea documentazione giustificativa, in modo da consentire all’OdV di svolgere tutte le verifiche che ritenesse necessarie o utili;

d) fare promesse di qualsivoglia genere e specie (assunzione, stage, etc.) in favore di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri, nonché a beneficio di altri individui o entità giuridiche riconducibili alla sfera di interesse di questi ultimi. Al contrario la selezione del personale deve avvenire sulla base di procedure che garantiscano una valutazione dei candidati tenuto conto delle esigenze, previa valutazione dei requisiti di professionalità, preparazione e attitudini previa acquisizione del curriculum vitae e di colloqui specifici;

e) compiere discriminazioni nella selezione, assunzione, formazione, retribuzione e gestione del personale oltre che realizzare forme di favoritismo o di nepotismo (ad es. assumere il candidato in ragione di rapporti di parentela, affinità, rapporti di credito/debito o di lavoro con il candidato);

f) non assicurare, in caso di accertamenti o ispezioni, condotte da parte di soggetti pubblici (es. Guardia di Finanza, INPS, INAIL, ecc.), la presenza di soggetti competenti con riferimento al ruolo che essi assumono nella struttura organizzativa aziendale e avuto riguardo alle eventuali deleghe e procure appositamente rilasciate;

g) non garantire la tracciabilità di tutte le verifiche o ispezioni compiute da parte di rappresentanti della Pubblica Amministrazione mediante la sottoscrizione di verbali da parte di soggetti competenti o dotati di idonei poteri a tal fine;

h) effettuare prestazioni in favore dei Collaboratori che non trovino riscontro o giustificazione alcuna nell’ambito del rapporto negoziale instaurato con tali soggetti, in particolare, effettuare pagamenti in assenza di un documento giustificativo (es. fattura, note spese, note di addebito ecc.) adeguatamente controllato, autorizzato e che corrisponda in termini di soggetto beneficiario, importo dell’elargizione, tempistiche e modalità di pagamento con quanto definito nel documento giustificativo stesso o con quanto formalmente concordato tra la Società e il destinatario del pagamento;

i) concedere a soggetti terzi sconti, premi o la riduzione di qualsiasi altra somma dovuta che non trovi giustificazione nel rapporto contrattuale e che non sia motivata da adeguate ragioni; <

j) accordare e corrispondere in favore dei Collaboratori somme di denaro sconti, premi o ridurre l’importo delle somme dovute al di fuori degli importi contrattualmente pattuiti, o senza che siano motivati da fattori obiettivi o distribuire regalie od omaggi al di fuori delle ipotesi espressamente previste al precedente punto c);

k) redigere e consegnare ai pubblici ufficiali o agli incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri dichiarazioni, dati o documenti in genere aventi contenuti inesatti, errati, incompleti, lacunosi e/o falsi al fine di conseguire erogazioni pubbliche, contributi o finanziamenti agevolati, nonché al fine di conseguire autorizzazioni, licenze e provvedimenti amministrativi, comunque denominati e di qualsivoglia natura;

l) destinare eventuali somme o contributi che, ove del caso, in futuro la Società riceva, a titolo di erogazioni, contributi o finanziamenti, da organismi pubblici nazionali, internazionali o comunitari, a scopi e per finalità diversi da quelli cui erano destinati oppure non utilizzare tali fondi entro i termini perentori eventualmente previsti dal relativo atto autorizzativo;

m) concludere contratti di consulenza con soggetti interni alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri in base ai quali si accordino loro indebiti vantaggi. Al contrario la scelta del fornitore dovrà essere effettuata mediante procedure chiare certe e non discriminati, mediante un confronto, ove possibile, tra le diverse offerte ricevute e orientando la scelta verso fornitori o consulenti che diano le maggiori garanzie sotto il profilo etico, organizzativo, tecnico, finanziario;

n) concludere contratti con i fornitori/consulenti senza formalizzarli mediante la redazione di un contratto, autorizzato debitamente da un soggetto dotato di idonei poteri, ove siano specificate le condizioni contrattuali quali il compenso pattuito e le modalità di prestazione di beni/servizi da fornire/effettuare;

o) gestire in autonomia i rapporti commerciali con i clienti, ivi compresa la Pubblica Amministrazione, in particolare per ciò che concerne la negoziazione, la stipula e la gestione seguente dei contratti di vendita conclusi.

Inoltre viene precisato che:

(i) possibili modifiche e/o integrazioni dei contratti dovranno essere autorizzate da un soggetto diverso da colui che ha negoziato;

(ii) ogni deroga alle condizioni contrattuali definite deve essere approvata da un soggetto gerarchicamente superiore al soggetto che ha provveduto alla negoziazione e alla stipula del contratto;

(iii) il soggetto tenuto alla negoziazione e alla stipula del contratto non può gestire in autonomia le risorse finanziarie della Società;

(iv) deve essere sempre prevista l’esistenza di controlli preventivi/verifiche ex post in grado di garantire che le operazioni di vendita siano eseguite in conformità alle prescrizioni contenute nel Modello e nel Codice Etico, ossia occorre verificare la congruenza fra il contratto, il servizio fornito, la fattura e l’incasso oltre che un’adeguata protezione dei sistemi informatici per assicurare accurate modalità di protezione e conservazione dei dati personali;

p) eseguire in favore di terzi pagamenti in contanti eccedenti l’importo di cui al D.Lgs. 231/2007;

q) con specifico riferimento a quanto previsto al precedente paragrafo C, punto 4, nel caso in cui taluna delle Attività a rischio reato ivi descritte sia effettuata in associazione con altri partner, è fatto obbligo:
(i) condurre adeguate verifiche preventive sui potenziali partner;
(ii) accertare l’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo da parte dei partner e/o, almeno, di un codice etico conforme ai principi di cui al D.Lgs. n. 231/2001;
(iii) assumere periodicamente l’attestazione in cui ciascun partner dichiari di non essere a conoscenza di informazioni o situazioni che possano, direttamente o indirettamente, configurare taluno dei reati presupposto;
(iv) inserire specifiche clausole contrattuali a tutela della Società;
(v) assicurarsi l’accettazione del Codice Etico della Società.

Al fine di attuare i comportamenti sopra indicati:

(v) i rapporti nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri per le suddette Attività a rischio reato sono gestiti da specifici responsabili, come nel successivo paragrafo meglio individuati, i quali devono operare nei limiti delle competenze loro attribuite e, laddove opportuno, in modo congiunto e coordinato;
(vi) i rapporti negoziali instaurati con i Collaboratori devono risultare per iscritto e contenere una adeguata e chiara disciplina dei termini, delle modalità, delle condizioni e dei criteri economici di esecuzione delle prestazioni di volta in volta concordate;
(vii) coloro che svolgono una funzione di controllo e supervisione sugli adempimenti connessi all’espletamento delle suddette attività devono porre particolare attenzione sull’attuazione degli adempimenti stessi e riferire immediatamente all’OdV eventuali situazioni di irregolarità.

E. SISTEMA DI GESTIONE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

Fermo quanto precede, per assicurare l’attuazione e l’osservanza delle norme e delle misure preventive in materia di corruzione, la Società ha adottato il Sistema di Gestione per la Prevenzione della Corruzione, sistema certificato secondo la norma UNI EN ISO 37001.

F. COMPITI DELL'ORGANISMO DI VIGILANZA

 

È compito dell’OdV:

a) verificare che siano emanate e aggiornate le istruzioni standardizzate relative a:
➢ gli atteggiamenti da assumere nell’ambito delle Attività a rischio reato e, in genere, nei rapporti da tenere nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri.

Tali istruzioni devono essere scritte e conservate su supporto cartaceo o informatico.
b) verificare che il Consiglio di Amministrazione adotti efficacemente un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. n. 231/01 al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto;
c) verificare periodicamente, con il supporto delle altre funzioni competenti, la validità di opportune clausole standard finalizzate a garantire:
➢ l’osservanza da parte dei Collaboratori delle disposizioni del D. Lgs. n. 231/01;
➢ la possibilità di effettuare efficaci azioni di controllo nei confronti dei Destinatari al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nel Modello e nelle procedure aziendali;
➢ l’attuazione di meccanismi sanzionatori nei confronti dei Destinatari: il tutto come meglio previsto nella Parte Generale del Modello;

d) indicare, nel rispetto di quanto previsto nella Parte Generale del Modello, al Consiglio di Amministrazione, laddove riscontri nella pratica delle carenze, le eventuali necessarie integrazioni ai sistemi di gestione finanziaria già presenti, con l’evidenza degli accorgimenti opportuni a rilevare l’esistenza di eventuali flussi finanziari atipici e connotati da maggiori margini di discrezionalità rispetto a quanto ordinariamente previsto.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di reati nei confronti della Pubblica Amministrazione nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

Parte Speciale 1

A. I REATI DI CUI AGLI ARTICOLI 24 E 25 DEL D. LGS. N. 231/01

I reati riportati nella presente Parte Speciale presuppongono l’instaurazione di rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati facenti parte dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri6.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità e caratteristiche della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Truffa (art. 640, 2° comma, n. 1, c.p.)

“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 309 a €1.549:

1. se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2. se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità.

2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 7.”

* * *

Il reato di truffa appartiene al novero dei delitti contro il patrimonio.

Ai fini della responsabilità amministrativa degli Enti prevista dal D. Lgs. n. 231/01, è necessario che questo reato sia posto in essere ai danni dello Stato o di altro ente pubblico dai Soggetti Apicali e/o dai Soggetti Sottoposti.

La fattispecie può realizzarsi, ad esempio, quando nella predisposizione di documenti o dati per la partecipazione a procedure di gara, per ottenere licenze o autorizzazioni, si forniscano alla Pubblica Amministrazione informazioni non veritiere od incomplete (ad esempio supportate da documentazione artefatta), al fine di ottenerne l’aggiudicazione o la concessione.

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.)
“La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee”.

* * *

Il reato si configura qualora la condotta di truffa prevista dall’art. 640 c.p. di cui sopra abbia ad oggetto finanziamenti pubblici, comunque denominati, erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea.

La fattispecie può realizzarsi nel caso in cui si pongano in essere artifici o raggiri, ad esempio comunicando dati non veri o incompleti o predisponendo una documentazione falsa, per ottenere finanziamenti pubblici.


Malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis c.p.)

“Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.

* * *

Il reato si realizza nel caso in cui finanziamenti precedentemente ottenuti non vengano destinati alle finalità ed entro i termini per cui sono stati erogati.

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.)

Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a € 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da € 5.164 a € 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.

* * *

Il reato si configura nei casi in cui - mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o mediante l’omissione di informazioni dovute - si ottengano, senza averne diritto, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea.

In questo caso, contrariamente a quanto previsto dall’art. 316-bis c.p. (Malversazione a danno dello Stato), non assume alcun rilievo la destinazione dei finanziamenti pubblici erogati, poiché il reato si consuma al momento dell’indebito ottenimento.

Avendo natura residuale, il reato si configura solo qualora la condotta non integri gli estremi del più grave reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), per la cui sussistenza è, viceversa, necessaria l’induzione in errore mediante artifici o raggiri.

Frode informatica (art. 640-ter, 1°comma, c.p.)

“Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 309 a € 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo comma e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età, e numero 7”.

* * *

Questa ipotesi di reato si configura nel caso in cui, alterando il funzionamento di un sistema informatico o telematico, manipolando o duplicando i dati in esso contenuti, si ottenga un ingiusto profitto arrecando danno allo Stato o ad altro ente pubblico.

La condotta si realizza anche tramite l’alterazione di sistemi informatici per la successiva produzione di documenti attestanti fatti o circostanze inesistenti o, ancora, per modificare dati fiscali o previdenziali di interesse della Società già trasmessi alla Pubblica Amministrazione.

Concussione (art. 317, c.p.)
 

“Il pubblico ufficiale7o l’incaricato di un pubblico servizio8 che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni”.

* * *

Presupposto per la commissione del reato in questione è la condotta di costrizione posta in essere dal pubblico ufficiale ai danni della vittima del reato.

In altri termini, “si ha costrizione o induzione, e cioè esercizio di una pressione psichica da parte del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio sul privato tale da coartarne la volontà, tutte le volte in cui l’abuso della qualità acquisti una preminente importanza prevaricatrice, creando nel soggetto passivo (N.d.R.: vittima del reato) quella situazione di soggezione che esclude ogni possibilità di posizione paritaria tra i due soggetti e che caratterizza il reato di concussione”10.

Il reato in esame presenta profili di rischio limitati ai fini del D. Lgs. n. 231/01: trattandosi, infatti, di un reato proprio di soggetti qualificati (pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio), la responsabilità dell’Ente potrà ravvisarsi solo nei casi in cui i Soggetti Apicali e/o i Soggetti Sottoposti, nell’interesse o a vantaggio della Società, concorrano nel reato del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, ad esempio attraverso un’attività di intermediazione tra il coartato o vittima del reato ed il pubblico ufficiale o l’ incaricato di un pubblico servizio.

Corruzione

Articolo 318 c.p. (Corruzione per l’esercizio della funzione )

“Il pubblico ufficiale, che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità o ne accetta promessa è punito con la reclusione da tre a otto anni”.

Articolo 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio)
“Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni”.

Articolo 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari)

“Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni. Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena e della reclusione da otto a venti anni”.

Articolo 319-quater c.p. (Induzione indebita a dare o promettere utilità)

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi. Ne casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni ovvero con la reclusione fino a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a Euro 100.000,00”.

Articolo 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)
“Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo”.

Articolo 322-bis c.p. (Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri)

“Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, e 323 si applicano anche:

1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei trattati che istituiscono le Comunità europee;

5) a coloro che, nell’ambito di altri Stati membri dell’Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.

5-bis) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale;

5-ter) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di organizzazioni pubbliche internazionali;

5-quater) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali;

5-quinquies) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione.

Le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:

1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;

2) a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali.

Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.”

Si tratta di fattispecie di reato che potenzialmente ed in astratto possono essere realizzate in molte aree aziendali ed a tutti i livelli organizzativi.

(a) I reati di corruzione (artt. 318 e 319 c.p., sopra riportati) si configurano nel caso in cui un pubblico ufficiale12 si faccia dare o promettere, per sé o per altri, denaro o altra utilità per compiere, omettere o ritardare atti del suo ufficio ovvero per compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio.

Questi reati si configurano altresì nel caso in cui l’indebita offerta o promessa sia formulata con riferimento ad atti – conformi o contrari ai doveri d’ufficio – già compiuti dal pubblico.

Ad esempio, sussiste la commissione dei reati in questione quando il pubblico ufficiale, dietro corrispettivo, velocizzi o abbia velocizzato una pratica, la cui evasione è di propria competenza, oppure quando garantisca o abbia garantito l’illegittima aggiudicazione di una gara.

(b) Per quanto riguarda il reato di corruzione in atti giudiziari di cui all’art. 319-ter c.p. sopra riportato, esso si configura nel caso in cui taluno offra o prometta ad un pubblico ufficiale13 denaro o altra utilità per compiere o aver compiuto, omettere o aver omesso, ritardare o aver ritardato atti del suo ufficio ovvero per compiere o aver compiuto atti contrari ai suoi doveri di ufficio: tutto ciò allo scopo precipuo di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo. Potrà dunque essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 319-ter c.p. il Soggetto Apicale e/o il Soggetto Sottoposto che corrompa un pubblico ufficiale (magistrato, cancelliere od altro funzionario) al fine di ottenere la positiva definizione di un procedimento giudiziario.

(c) Il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità si configura qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio induca taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o a un terzo denaro o altra utilità abusando della sua qualità e dei suoi poteri.

Tale fattispecie punisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che interviene, in qualità di intermediario, affinché la propria vittima sia portata a riconoscere utilità al medesimo o a un terzo soggetto.

(d) Le ipotesi di corruzione indicate agli artt. 318, 319 e 319-ter c.p. si differenziano dalla concussione, in quanto tra corrotto e corruttore esiste un accordo finalizzato a raggiungere un vantaggio reciproco, mentre nella concussione il privato subisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.

(e) Per le finalità e gli scopi perseguiti dal Modello, l’esposizione delle fattispecie di reato di corruzione sopra operata non sarebbe completa ed esaustiva, se non venissero riportate di seguito le disposizioni contenute nel Codice Penale relative alle conseguenze negative per il corruttore del pubblico ufficiale e dell’incaricato del pubblico servizio.

A questo proposito, l’art. 321 c.p. (Pene per il corruttore) prevede espressamente che: “Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319-bis, nell'articolo 319-ter, e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità”.

Inoltre, secondo quanto previsto all’art. 322 c.p., 1° 2° e 3° comma, (Istigazione alla corruzione): “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.

Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”.

Ne consegue che sono applicabili al corruttore le pene specificamente previste agli artt. 321 e 322, 1° e 2° comma, c.p. sia nell’ipotesi in cui il reato di corruzione sia stato effettivamente consumato attraverso la dazione di denaro od altra utilità, sia nell’ipotesi in cui il reato sia rimasto nella fase del tentativo, poiché il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio non hanno accettato tale dazione.

(f) La corruzione rileva anche nel caso in cui sia realizzata nei confronti di soggetti stranieri i quali, secondo la legge italiana, sono pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. Di conseguenza, il corruttore o l’istigatore alla corruzione soggiace alle medesime pene indicate agli artt. 321 e 322 c.p. qualora il denaro o l’utilità sono offerti o promessi:

(i) “ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

(ii) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

(iii) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

(iv) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;

(v) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio”16;

(vi) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale;

(vii) “a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali”;

(viii) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali;

(ix) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione.

Per completezza si richiama l’art. 320 c.p., a mente del quale “Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio”.

Traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.)

“Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.

La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322- bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.

Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita”.

* * *

La norma è stata introdotta allo scopo di contrastare il fenomeno degli occulti condizionamenti affaristico-clientelari nelle decisioni politiche e amministrative, posti in essere da soggetti a tale scopo retribuiti a causa delle proprie influenze o “entrature”, all’interno di contesti contigui a quelli corruttivi.

La disposizione, pertanto, intende avanzare la soglia della repressione penale, in riferimento ai casi in cui il destinatario della dazione o promessa intende realmente mediare presso un pubblico agente o remunerarlo per un atto contrario ai doveri di ufficio.

Dalla casistica più recente emergono, a titolo esemplificativo, i casi di soggetti, i quali, non rivestendo una qualità pubblicistica, erano stati retribuiti non per il compimento di atti di ufficio estranei alla loro competenza, bensì per la successiva attività che avrebbero dovuto svolgere nel proprio contesto lavorativo sui funzionari competenti.

Frode nelle pubbliche forniture (Art. 356 c.p.)

 

Chiunque commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a euro € 1.032,00.

La pena è aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo precedente.

* * *

La norma tutela il buon e regolare andamento della Pubblica Amministrazione, che viene impedito in presenza di frodi nell’esecuzione di un contratto di fornitura di beni o servizi necessari per lo svolgimento della funzione pubblica.

La frode è ravvisata in ogni violazione contrattuale, purché effetto di malafede, senza che sia necessaria la presenza di artifici e raggiri nei confronti della controparte, e senza l’assunzione di un comportamento ingannevole. Ad esempio, integra il delitto di frode in pubbliche forniture la condotta dolosa di colui che consegna cose in tutto o in parte difformi dalle caratteristiche convenute.

Accanto al fornitore, il delitto può essere realizzato anche dal subfornitore, dal mediatore e dal rappresentante dello stesso, e più in generale da ogni soggetto che abbia assunto l’obbligo di dare esecuzione al contratto.

Induzione a non rendere dichiarazioni o rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria (art. 377-bis c.p.)

 

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti all'autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni.”

* * *

La fattispecie di reato si configura quando un soggetto chiamato a rendere dichiarazioni innanzi all’Autorità Giudiziaria è indotto con violenza o minaccia o per il tramite di una offerta o promessa di denaro o di altra utilità a non rispondere alle domande dell’Autorità Giudiziaria, nelle ipotesi in cui gli sia concessa la facoltà di non rispondere, o a rendere false dichiarazioni.

B. LE SANZIONI PREVISTE NEL D. LGS. N. 231/01 A CARICO DELL’ENTE PER I REATI INDICATI NELLA PARTE SPECIALE 1 DEL MODELLO

 

Per quanto riguarda le sanzioni a carico dell’Ente per i reati in danno della Pubblica Amministrazione si rinvia all’allegato A della Parte Generale del Modello.

C. LE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

 

Come anticipato al precedente paragrafo A, i reati ivi descritti presuppongono l’instaurazione di rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati facenti parte dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri.

La Società ha provveduto a svolgere un’analisi finalizzata all’individuazione delle attività, al fine di individuare al meglio i presidi necessari per l’eventuale miglioramento del sistema di controllo attualmente esistente.

Vengono, pertanto, definite “Attività a rischio reato” tutte quelle attività che – direttamente o indirettamente – presuppongono l’instaurazione di rapporti con gli organismi sopra descritti, che comportano la gestione di strumenti di tipo finanziario e/o mezzi sostitutivi e/o che, pur non comportando l’instaurazione di rapporti diretti con le entità pubbliche sopra menzionate, possono supportare la commissione dei reati di cui al precedente paragrafo A.

Tenuto conto della peculiarità dell’attività della Società e dei rapporti di carattere negoziale che la stessa intrattiene con i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio, i soggetti comunque appartenenti alle Pubbliche Amministrazioni e i pubblici dipendenti, le attività considerate più specificamente a rischio in relazione ai reati descritti nella presente Parte Speciale sono ritenute le seguenti

Attività a rischio reato:

 

1. produzione ed invio alla Pubblica Amministrazione di documenti, anche telematici e/o informatici, contenenti informazioni o dichiarazioni relative alla Società e/o l’attestazione di condizioni per la partecipazione a gare, per ottenere licenze o autorizzazioni, ecc. e/o, in ogni caso, lo svolgimento di attività, a qualunque titolo e per qualsivoglia finalità, che comportino l’invio di documentazione alla Pubblica Amministrazione;
 

2. produzione ed invio alla Pubblica Amministrazione di documenti, anche telematici e/o informatici, contenenti dati di natura fiscale o previdenziale;

3. interventi, in qualsiasi modo effettuato, sul sistema informatico e/o telematico o sui dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico e/o telematico;

4. partecipazione a gare di appalto, ad aste pubbliche, a licitazioni private o a trattative private indette o organizzate dalla Pubblica Amministrazione e svolgimento, in tutto o in parte, di tutti gli adempimenti relativi e connessi, anche nei casi in cui dette Attività siano effettuate con altri partner (RTI, ATI, joint venture, consorzi, ecc.);

5. negoziazione di contratti e convenzioni con la Pubblica Amministrazione;

6. gestione degli adempimenti contrattuali nei confronti della Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento alla fornitura di beni;

7. gestione della fatturazione attiva e della fatturazione passiva nei confronti della Pubblica Amministrazione e gestione dei relativi solleciti di pagamento o delle relative contestazioni;

8. gestione di pagamenti, in qualsivoglia modalità o forma, e/o, in ogni caso, gestione dei flussi finanziari da e verso la Pubblica Amministrazione;

9. gestione delle pratiche volte all’ottenimento o all’utilizzo di finanziamenti, contributi o sovvenzioni pubbliche, mutui agevolati o, in ogni caso, altre erogazioni dello stesso tipo comunque denominate concessi o erogati dalla Pubblica Amministrazione;

10. gestione di rapporti in occasione di verifiche, ispezioni, accertamenti in generale presso la Pubblica Amministrazione o disposti dalla Pubblica Amministrazione presso la Società;

11. incontri personali, comunicazioni scritte e/o telematiche e/o informatiche o contatti telefonici con soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione;

12. gestione di rapporti in occasione di verifiche, ispezioni, accertamenti disposti dalla Pubblica Amministrazione per gli aspetti che riguardano la sicurezza e l’igiene sul lavoro;

13. in ogni caso, qualsiasi rapporto con la Pubblica Amministrazione, sia italiana che straniera, con gli enti a natura pubblicistica o, comunque, svolgenti funzioni o attività pubbliche, con i pubblici dipendenti, con pubblici ufficiali o con persone incaricate di un pubblico servizio;

14. gestione delle pratiche di assunzione del personale della Società.

Eventuali integrazioni delle suddette Attività a rischio reato potranno essere proposte al Consiglio di Amministrazione dall’OdV nell’espletamento dei propri compiti, per effetto dell’evoluzione dell’attività di impresa o in conseguenza di eventuali modifiche dell’attività svolta dalle singole funzioni aziendali.

Le Attività a rischio reato così identificate costituiscono il punto di riferimento nella definizione delle procedure di controllo da implementare e/o introdurre ai fini dell’adeguamento dell’attuale sistema di controlli interno.

Fermo quanto precede, al fine di conformarsi a quanto previsto nelle Linee Guida, la Società ha altresì provveduto ad individuare le aree all’interno delle quali le Attività a rischio reato previste dalla presente Parte Speciale potrebbero essere poste in essere, affinchè possa essere condotta con maggiore precisione l’attività di controllo della correttezza comportamentale.

I risultati dell’attività di mappatura delle aree nelle quali le Attività a rischio reato potrebbero essere perpetuate sono descritte nell’Allegato (a) alla presente Parte Speciale.

D. I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

La presente Parte Speciale è inerente alle condotte poste in essere da amministratori, dirigenti e dipendenti (gli “Esponenti Aziendali”) o terzi con cui la Società intrattiene rapporti di natura contrattuale, quali, ad esempio, agenti, rappresentanti (i “Collaboratori”) che svolgono, a qualsiasi titolo, le Attività a rischio reato (gli Esponenti Aziendali ed i Collaboratori cumulativamente indicati “Destinatari”) identificate nella presente Parte Speciale.

Al riguardo, si precisa che le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e specificazione delle previsioni del Codice Etico, relativamente ai rapporti con la Pubblica Amministrazione.

I Destinatari sono consapevoli che l’attuazione ed adozione di comportamenti che possano, anche solo in astratto, configurare gli estremi di reati sono fermamente respinti e impediti, con ogni mezzo, dalla Società, la cui policy aziendale è fortemente orientata verso la maggiore trasparenza e correttezza possibile nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e con i terzi.

In ogni caso, il processo decisionale afferente le Attività a rischio reato è uniformato ai seguenti criteri e principi:

a) ogni Attività a rischio reato è supportata da debita evidenza scritta (email, rapporti scritti, comunicazioni scritte o corrispondenza). In particolare, ciascun Destinatario coinvolto nell’esercizio di un’Attività a rischio reato deve agire in virtù di evidenze scritte – deleghe scritte, istruzioni operative, atti e documenti di immediata consultazione – che descrivono i profili salienti delle attività o fasi di attività specificamente intraprese o da intraprendere, con specifico riferimento alla descrizione dettagliata dell’operazione, delle autorizzazioni necessarie ad agire e, comunque, opportune, delle informative nei confronti dei soggetti che hanno un potere di decisione e di firma;

b) ogni decisione e ogni contatto finalizzato ad effettuare le Attività a rischio reato risulta da un documento scritto, adottato mediante autorizzazione di soggetto legittimamente e correttamente investito dei relativi poteri autorizzativi degli organi societari a ciò preposti e, a seconda dei casi, anche secondo uno schema di doppie firme congiunte che garantisce la trasparenza ed un efficace controllo sulla legittimità dell’operazione;

c) non vi è mai identità soggettiva tra coloro che pongono concretamente in essere un’Attività a rischio reato e coloro che risultano investiti del potere di destinarvi le necessarie risorse economiche e finanziarie o di autorizzarla;

d) le predette risorse economiche e finanziarie sono sempre puntualmente contabilizzate, in modo da averne debita evidenza scritta.

In generale, è assolutamente vietato ai Destinatari:

1) porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti agli artt. 24 e 25 del D. Lgs. n. 231/01;

2) porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato;

3) porre in essere comportamenti non conformi alle procedure aziendali come previste nell’Allegato (b) della presente Parte Speciale o, comunque, non in linea con i principi e le disposizioni contenute nel Modello e nel Codice Etico;

4) porre in essere qualsiasi situazione di conflitto di interessi nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri in relazione a quanto previsto dalle suddette ipotesi di reato.

Nell’ambito dei suddetti principi generali è fatto espresso divieto ai Destinatari, in particolare, di:

a) compiere azioni o tenere comportamenti che siano o possano essere interpretati come pratiche di corruzione, favori illegittimi, comportamenti collusivi, sollecitazioni, dirette o mediante terzi, di privilegi per sé o per altri;

b) effettuare o promettere elargizioni in denaro, effettuare o promettere pagamenti, di qualsivoglia entità, a pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio e/o a soggetti ad essi assimilati;

c) fare o promettere omaggi e regali a terzi che non siano dipendenti della Società al di fuori delle ricorrenti festività natalizie o pasquali, fatta in ogni caso salva la necessità che tali regali e omaggi siano di modico valore. Deve considerarsi come di “modico valore” un regalo od omaggio che non superi l’importo di Euro 100,00 (centocinquanta/00). Qualora, in occasione delle ricorrenti festività natalizie e pasquali per esigenze e casi di carattere del tutto eccezionale, si presentasse la necessità di distribuire a favore di terzi, ivi compresi pubblici ufficiali o dipendenti della Pubblica Amministrazione e/o di soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri, un regalo od un omaggio che abbia un valore superiore a quello sopra indicato, ciascun Destinatario si obbliga a richiedere il preventivo consenso al Consiglio di Amministrazione e/o del Direttore Commerciale e Amministrativo, avendo cura di informare contestualmente l’OdV. L’eventuale autorizzazione dovrà essere rilasciata esclusivamente al singolo Destinatario richiedente, dovrà essere redatta per iscritto e dovrà contenere le relative motivazioni. In ogni caso, è vietata qualsiasi forma di regalo a pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio italiani (appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o a soggetti ad essa assimilati) od esteri (anche in quei paesi in cui l’elargizione di doni rappresenta una normale consuetudine), o a loro familiari, che possa anche solo in linea astratta rischiare di compromettere l’indipendenza di giudizio di tali soggetti o porli nelle condizioni di voler o dover garantire un qualsiasi vantaggio per la Società. Di tutti i regali od omaggi distribuiti dovrà essere tenuta negli archivi della Società idonea documentazione giustificativa, in modo da consentire all’OdV di svolgere tutte le verifiche che ritenesse necessarie o utili;

d) fare promesse di qualsivoglia genere e specie (assunzione, stage, etc.) in favore di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri, nonché a beneficio di altri individui o entità giuridiche riconducibili alla sfera di interesse di questi ultimi. Al contrario la selezione del personale deve avvenire sulla base di procedure che garantiscano una valutazione dei candidati tenuto conto delle esigenze, previa valutazione dei requisiti di professionalità, preparazione e attitudini previa acquisizione del curriculum vitae e di colloqui specifici;

e) compiere discriminazioni nella selezione, assunzione, formazione, retribuzione e gestione del personale oltre che realizzare forme di favoritismo o di nepotismo (ad es. assumere il candidato in ragione di rapporti di parentela, affinità, rapporti di credito/debito o di lavoro con il candidato);

f) non assicurare, in caso di accertamenti o ispezioni, condotte da parte di soggetti pubblici (es. Guardia di Finanza, INPS, INAIL, ecc.), la presenza di soggetti competenti con riferimento al ruolo che essi assumono nella struttura organizzativa aziendale e avuto riguardo alle eventuali deleghe e procure appositamente rilasciate;

g) non garantire la tracciabilità di tutte le verifiche o ispezioni compiute da parte di rappresentanti della Pubblica Amministrazione mediante la sottoscrizione di verbali da parte di soggetti competenti o dotati di idonei poteri a tal fine;

h) effettuare prestazioni in favore dei Collaboratori che non trovino riscontro o giustificazione alcuna nell’ambito del rapporto negoziale instaurato con tali soggetti, in particolare, effettuare pagamenti in assenza di un documento giustificativo (es. fattura, note spese, note di addebito ecc.) adeguatamente controllato, autorizzato e che corrisponda in termini di soggetto beneficiario, importo dell’elargizione, tempistiche e modalità di pagamento con quanto definito nel documento giustificativo stesso o con quanto formalmente concordato tra la Società e il destinatario del pagamento;

i) concedere a soggetti terzi sconti, premi o la riduzione di qualsiasi altra somma dovuta che non trovi giustificazione nel rapporto contrattuale e che non sia motivata da adeguate ragioni; <

j) accordare e corrispondere in favore dei Collaboratori somme di denaro sconti, premi o ridurre l’importo delle somme dovute al di fuori degli importi contrattualmente pattuiti, o senza che siano motivati da fattori obiettivi o distribuire regalie od omaggi al di fuori delle ipotesi espressamente previste al precedente punto c);

k) redigere e consegnare ai pubblici ufficiali o agli incaricati di pubblico servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri dichiarazioni, dati o documenti in genere aventi contenuti inesatti, errati, incompleti, lacunosi e/o falsi al fine di conseguire erogazioni pubbliche, contributi o finanziamenti agevolati, nonché al fine di conseguire autorizzazioni, licenze e provvedimenti amministrativi, comunque denominati e di qualsivoglia natura;

l) destinare eventuali somme o contributi che, ove del caso, in futuro la Società riceva, a titolo di erogazioni, contributi o finanziamenti, da organismi pubblici nazionali, internazionali o comunitari, a scopi e per finalità diversi da quelli cui erano destinati oppure non utilizzare tali fondi entro i termini perentori eventualmente previsti dal relativo atto autorizzativo;

m) concludere contratti di consulenza con soggetti interni alla Pubblica Amministrazione e/o ai soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri in base ai quali si accordino loro indebiti vantaggi. Al contrario la scelta del fornitore dovrà essere effettuata mediante procedure chiare certe e non discriminati, mediante un confronto, ove possibile, tra le diverse offerte ricevute e orientando la scelta verso fornitori o consulenti che diano le maggiori garanzie sotto il profilo etico, organizzativo, tecnico, finanziario;

n) concludere contratti con i fornitori/consulenti senza formalizzarli mediante la redazione di un contratto, autorizzato debitamente da un soggetto dotato di idonei poteri, ove siano specificate le condizioni contrattuali quali il compenso pattuito e le modalità di prestazione di beni/servizi da fornire/effettuare;

o) gestire in autonomia i rapporti commerciali con i clienti, ivi compresa la Pubblica Amministrazione, in particolare per ciò che concerne la negoziazione, la stipula e la gestione seguente dei contratti di vendita conclusi.

Inoltre viene precisato che:

(i) possibili modifiche e/o integrazioni dei contratti dovranno essere autorizzate da un soggetto diverso da colui che ha negoziato;

(ii) ogni deroga alle condizioni contrattuali definite deve essere approvata da un soggetto gerarchicamente superiore al soggetto che ha provveduto alla negoziazione e alla stipula del contratto;

(iii) il soggetto tenuto alla negoziazione e alla stipula del contratto non può gestire in autonomia le risorse finanziarie della Società;

(iv) deve essere sempre prevista l’esistenza di controlli preventivi/verifiche ex post in grado di garantire che le operazioni di vendita siano eseguite in conformità alle prescrizioni contenute nel Modello e nel Codice Etico, ossia occorre verificare la congruenza fra il contratto, il servizio fornito, la fattura e l’incasso oltre che un’adeguata protezione dei sistemi informatici per assicurare accurate modalità di protezione e conservazione dei dati personali;

p) eseguire in favore di terzi pagamenti in contanti eccedenti l’importo di cui al D.Lgs. 231/2007;

q) con specifico riferimento a quanto previsto al precedente paragrafo C, punto 4, nel caso in cui taluna delle Attività a rischio reato ivi descritte sia effettuata in associazione con altri partner, è fatto obbligo:
(i) condurre adeguate verifiche preventive sui potenziali partner;
(ii) accertare l’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo da parte dei partner e/o, almeno, di un codice etico conforme ai principi di cui al D.Lgs. n. 231/2001;
(iii) assumere periodicamente l’attestazione in cui ciascun partner dichiari di non essere a conoscenza di informazioni o situazioni che possano, direttamente o indirettamente, configurare taluno dei reati presupposto;
(iv) inserire specifiche clausole contrattuali a tutela della Società;
(v) assicurarsi l’accettazione del Codice Etico della Società.

Al fine di attuare i comportamenti sopra indicati:

(v) i rapporti nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri per le suddette Attività a rischio reato sono gestiti da specifici responsabili, come nel successivo paragrafo meglio individuati, i quali devono operare nei limiti delle competenze loro attribuite e, laddove opportuno, in modo congiunto e coordinato;
(vi) i rapporti negoziali instaurati con i Collaboratori devono risultare per iscritto e contenere una adeguata e chiara disciplina dei termini, delle modalità, delle condizioni e dei criteri economici di esecuzione delle prestazioni di volta in volta concordate;
(vii) coloro che svolgono una funzione di controllo e supervisione sugli adempimenti connessi all’espletamento delle suddette attività devono porre particolare attenzione sull’attuazione degli adempimenti stessi e riferire immediatamente all’OdV eventuali situazioni di irregolarità.

E. SISTEMA DI GESTIONE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

Fermo quanto precede, per assicurare l’attuazione e l’osservanza delle norme e delle misure preventive in materia di corruzione, la Società ha adottato il Sistema di Gestione per la Prevenzione della Corruzione, sistema certificato secondo la norma UNI EN ISO 37001.

F. COMPITI DELL'ORGANISMO DI VIGILANZA

 

È compito dell’OdV:

a) verificare che siano emanate e aggiornate le istruzioni standardizzate relative a:
➢ gli atteggiamenti da assumere nell’ambito delle Attività a rischio reato e, in genere, nei rapporti da tenere nei confronti della Pubblica Amministrazione e/o dei soggetti ad essa assimilati dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli Stati esteri.

Tali istruzioni devono essere scritte e conservate su supporto cartaceo o informatico.
b) verificare che il Consiglio di Amministrazione adotti efficacemente un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. n. 231/01 al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto;
c) verificare periodicamente, con il supporto delle altre funzioni competenti, la validità di opportune clausole standard finalizzate a garantire:
➢ l’osservanza da parte dei Collaboratori delle disposizioni del D. Lgs. n. 231/01;
➢ la possibilità di effettuare efficaci azioni di controllo nei confronti dei Destinatari al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nel Modello e nelle procedure aziendali;
➢ l’attuazione di meccanismi sanzionatori nei confronti dei Destinatari: il tutto come meglio previsto nella Parte Generale del Modello;

d) indicare, nel rispetto di quanto previsto nella Parte Generale del Modello, al Consiglio di Amministrazione, laddove riscontri nella pratica delle carenze, le eventuali necessarie integrazioni ai sistemi di gestione finanziaria già presenti, con l’evidenza degli accorgimenti opportuni a rilevare l’esistenza di eventuali flussi finanziari atipici e connotati da maggiori margini di discrezionalità rispetto a quanto ordinariamente previsto.

L’OdV deve riportare i risultati della propria attività di vigilanza e controllo in materia di reati nei confronti della Pubblica Amministrazione nel rispetto delle modalità e delle tempistiche indicate nella Parte Generale del Modello.

Parte Speciale 9
Delitti di criminalità organizzata

A. DELITTI DI CRIMINALITÁ ORGANIZZATA

La legge 15 luglio 2009, n. 94, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica ha introdotto nel D.lgs. 231/01 l’art. 24 ter: “Delitti di criminalità organizzata”, così come modificati dalla Legge n. 69/2015.

Tra le fattispecie di reato previste dalle normative richiamate merita un maggiore approfondimento l’associazione per delinquere a carattere nazionale e transnazionale.

Infatti, si ritiene che gli altri reati previsti dalle suddette normative non siano applicabili alla realtà della Società.

L’associazione per delinquere (art. 416 c.p.) potrebbe astrattamente supportare qualsiasi finalità illecita, giacché qualunque illecito previsto dal codice penale ovvero da leggi speciali, potrebbe acquisire rilevanza quale “reato scopo” di tale associazione. Tuttavia, un approccio metodologico realistico suggerisce di soffermarsi sugli elementi strutturali dell’associazione delinquenziale e di verificare che il controllo sui possibili reati scopo sia il più efficace possibile.

Il reato di cui all’art. 416 c.p. è caratterizzato dai seguenti elementi fondamentali:

a) vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati;

b) struttura organizzativa, sia pur minima, ma idonea, e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira;

c) indeterminatezza del programma criminoso, diretto alla commissione di una serie indeterminata di delitti;

d) esistenza dell’affectio societatis, consistente nella coscienza e nella volontà dei partecipi di essere associati ai fini dell’attuazione di un programma criminoso indeterminato.

Alla luce di quanto esposto, giova ricordare che i rapporti occasionali con soggetti terzi non possono dar luogo alla fattispecie associativa ex art. 416 c.p., prestandosi gli stessi eventualmente ad una responsabilità concorsuale ai sensi degli artt. 110 ss. c.p.

Un consolidato orientamento giurisprudenziale prevede che “criterio distintivo del delitto di associazione per delinquere, rispetto al concorso di persone nel reato continuato consiste essenzialmente nel modo di svolgersi dell'accordo criminoso, che, nel concorso di persone nel reato continuato, avviene in via occasionale ed accidentale, essendo diretto alla commissione di uno o più reati determinati (…) con la realizzazione dei quali tale accordo si esaurisce, facendo, così, venir meno ogni motivo di pericolo e di allarme sociale; nell'associazione per delinquere, invece, l'accordo criminoso è diretto all'attuazione di un più vasto programma criminoso, per la commissione di una serie indeterminata di delitti, con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, ciascuno dei quali ha la costante consapevolezza di essere associato all'attuazione del programma criminoso, anche indipendentemente ed al di fuori della effettiva commissione dei singoli reati programmati

Va, inoltre, rilevato un recente orientamento della Corte di Cassazione, la quale ha identificato un “vizio di fondo” nel fatto di valorizzare ai fini della responsabilità amministrativa fattispecie di reato “del tutto estranee al tassativo catalogo dei reati-presupposto dell’illecito dell’ente collettivo e come tali oggettivamente inidonee (…) a fondarne la stessa imputazione di responsabilità”. Osserva la Corte, infatti, che non è possibile contestare reati non previsti dal D.Lgs. 231/2001 quali “delitti-scopo del reato associativo (…) poiché in tal modo la norma incriminatrice di cui all’art. 416 c.p. – essa, sì, inserita nell’elenco dei reati-presupposto (…) – si trasformerebbe, in violazione del principio di tassatività (…) in una disposizione “aperta”, dal contenuto elastico, potenzialmente idoneo a ricomprendere nel novero dei reati-presupposto qualsiasi fattispecie di reato, con il pericolo di un’ingiustificata dilatazione dell’area di potenziale responsabilità dell’ente collettivo, i cui organi direttivi, peraltro, verrebbero in tal modo costretti ad adottare su basi di assoluta incertezza, e nella totale assenza di oggettivi criteri di riferimento, i modelli di organizzazione e di gestione”.

Pertanto, in Società sono stati incrementati i controlli sui potenziali reati scopo dell’eventuale vincolo associativo, non essendo possibile creare controlli specifici per il reato associativo. Infatti, tali controlli per essere efficaci, dovrebbero riferirsi alle singole persone fisiche e non alle attività da queste svolte.

Tuttavia, la Società ha previsto principi etici volti al rispetto ed alla tutela dei beni giuridici presi in considerazione dalla fattispecie del reato di associazione per delinquere.

Parte Speciale 10
Reati Tributari

A. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-QUINQUIESDECIES D. LGS. N. 231/01 E LE RELATIVE SANZIONI PREVISTE

L'art. 25-quinquiesdecies rubricato "Reati tributari" è stato introdotto dall’art. 39, comma 2, del D. L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”, e da ultimo modificato dal D. Lgs. n. 75/2020.

Il testo della norma è stato da ultimo modificato dal D. Lgs. n. 75/2020, che ha ampliato il catalogo dei reati ivi previsti.

Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità e caratteristiche della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni:

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, commi 1 e 2-bis, D. Lgs. n. 74/2000)

“1. È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

2-bis. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni”.

* * *

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria. In altre parole, è considerata penalmente rilevante la dichiarazione fraudolenta fondata su falsa documentazione, idonea a creare uno scostamento tra l’effettiva situazione fiscale del contribuente e la relativa rappresentazione documentale, al fine di pagare meno imposte.

Le operazioni rilevanti ai sensi della norma richiamata sono quelle soggettivamente ed oggettivamente inesistenti. In particolare, si hanno:

- operazioni oggettivamente inesistenti quando le fatture attestano un’operazione mai realizzata (c.d. inesistenza oggettiva assoluta o totale) o quando le fatture si riferiscono ad un’operazione realizzata solo in parte, ossia in termini quantitativamente o qualitativamente differenti e inferiori rispetto a quelli rappresentati cartolarmente (c.d. inesistenza oggettiva relativa o parziale);

- operazioni soggettivamente inesistenti quando l’operazione è stata effettivamente posta in essere, ma tra soggetti diversi da quelli figuranti cartolarmente come parti del rapporto.

Il reato si consuma nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale.

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D. Lgs. N. 74/2000)

 

“1. Fuori dai casi previsti dall’articolo 2, è punito con la reclusione da tre a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente:

a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila;

b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, è superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila.

2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

3. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali”.

* * *

La norma si apre con una clausola di sussidiarietà, in quanto opera fuori dai casi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

La condotta, infatti, punisce il compimento di operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, in tal modo indicando in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, con la finalità di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

A titolo esemplificativo, possono costituire altri mezzi fraudolenti le condotte artificiose attive nonché omissive realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà.

Il reato si consuma nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale.

Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, commi 1 e 2-bis, D. Lgs. N. 74/2000)

“1. È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

2. Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

2-bis. Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni”.

* * *

La condotta penalmente rilevante è quella relativa all’emissione o al rilascio di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, con la finalità di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

Per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendono “le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi” (cfr. art. 1, D. Lgs. 74/2000).

Il reato si consuma nel momento dell’emissione della fattura, non essendo necessario che il documento giunga al destinatario, né che quest’ultimo lo utilizzi.

Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, D. Lgs. N. 74/2000)

 

“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”.

 

La norma punisce la condotta attiva di occultamento o distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge, con l’obiettivo di rendere impossibile la verifica dell’amministrazione tributaria.

Il reato si consuma, per la condotta di distruzione, nel momento della soppressione della documentazione e, per la condotta di occultamento, nel momento dell’ispezione da parte dell’Autorità competente.

Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D. Lgs. N. 74/2000)

“1. È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

2. È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.

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La norma punisce due condotte:

a) l’alienazione simulata o il compimento di altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, con la finalità di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte;

b) l’indicazione nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori.

Il reato si consuma nel momento in cui venga posto in essere qualunque atto che possa mettere in pericolo la riscossione della somma dovuta da parte dell’Erario.

Dichiarazione infedele (art. 4, D. Lgs. N. 74/2000)

 

“1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a € 100.000,00;

b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a € 2.000.000,00.

1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.

1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b)”.

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Il delitto di dichiarazione infedele punisce chi evidenzia nelle dichiarazioni tributarie ai fini delle imposte dirette e dell’IVA “elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti”. Il reato si considera commesso nel caso di presentazione di una dichiarazione relativa a dette imposte ideologicamente falsa, perché rappresenta una situazione economico-patrimoniale difforme dal vero, in virtù dell’utilizzo di dati falsi, in modo da indurre in errore l’amministrazione finanziaria.

Per elementi attivi si intendono:

- i redditi fondiari;

- i redditi da capitale;

- i redditi diversi da plusvalenza;

- i redditi di impresa, costituiti dai ricavi, dalle plusvalenze patrimoniali, dalle sopravvenienze attive, dai dividendi, dagli interessi e dai proventi immobiliari;

- i redditi di lavoro autonomo, costituiti dai ricavi derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

Gli elementi passivi rilevanti, invece, sono esclusivamente quelli inesistenti, come sopra definiti.

Il reato non si configura nel caso di non corretta classificazione, di valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, di violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, di non inerenza e di non deducibilità di elementi passivi reali.

Il reato rileva ai fini della responsabilità amministrativa da reato degli enti nel caso in cui sia commesso nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

Omessa dichiarazione (art. 5, D. Lgs. N. 74/2000)

“1. È punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad € 50.000,00.

1-bis. È punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad € 50.000,00

2. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto”.

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Il reato punisce chi:

a) al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte;

b) non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta.

Il reato si consuma nel momento della mancata presentazione della dichiarazione.

Il reato rileva ai fini della responsabilità amministrativa da reato degli enti nel caso in cui sia commesso nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

Indebita compensazione (art. 10-quater, D. Lgs. N. 74/2000)

“1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a € 50.000,00.

2. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai € 50.000,00”.

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La condotta incriminata consiste nella redazione e successivo invio di un Modello F24 ideologicamente falso in quanto rappresentativo di crediti non spettanti o inesistenti che – imputati in compensazione – determinano, come effetto negativo dell’azione, il mancato versamento, totale o parziale, delle somme dovute.

I crediti non spettanti o inesistenti rilevanti ai fini della commissione del reato in esame sono quelli per i quali è consentita la compensazione in sede di versamento unitario e, in particolare:

1) imposte dei redditi, relative addizionali e ritenute alla fonte;

2) IVA;

3) imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’IVA;

4) IRAP;

5) contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa;

6) contributi previdenziali ed assistenziali dovuti da imprenditori e committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa;

7) premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

8) interessi previsti in caso di pagamento rateale;

9) altre entrate individuate con decreto del Ministero delle finanze;

10) credito d’imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche;

11) somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell’incremento addizionale comunale debbono riversare all’INPS.

Il reato rileva ai fini della responsabilità amministrativa da reato degli enti nel caso in cui sia commesso nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

Si precisa che gli artt. 4, 5 e 10-quater del D. Lgs. N. 74/2020 costituiscono fonte di responsabilità per l’ente esclusivamente nel caso in cui ricorrano le seguenti condizioni:

a) la condotta deve avere quale fine l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto;

b) il reato deve essere commesso nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea;

c) dal reato deve poter conseguire un danno complessivo pari o superiore a dieci milioni di euro.

B ATTIVITA’ A RISCHIO REATO

L’attività di risk assessment ha identificato, ai sensi dell’art. 6 del Decreto, le seguenti attività sensibili nell’ambito delle quali possono essere commessi i reati di cui all’art. 25 quinquiesdecies del Decreto medesimo:

1. Tenuta e custodia della documentazione obbligatoria e delle scritture contabili;

2. Emissione e registrazione di fatture o note di credito verso clienti;

3. Registrazione di fatture di acquisto;

4. Acquisto e vendita di cespiti aziendali /gestione di operazioni Straordinarie;

5. Stipulazione di contratti di consulenza;

6. Attività di ricerca di contributi in conto capitale o in conto esercizio attraverso strumenti di cosiddetta "Finanza Agevolata", perizie su cespiti da utilizzarsi in ambito fiscale, ecc.;

7. Preparazione del bilancio;

8. Gestione dei contenziosi tributari;

9. Calcolo delle imposte e preparazione degli adempimenti dichiarativi;

10. Effettuazione di operazioni con parti correlate;

11. Stipula di contratti di sponsorizzazione, erogazione liberalità, concessione di omaggi.

Eventuali integrazioni delle suddette attività a rischio potranno essere indicate dall’Amministratore Delegato di SIAS SPAB o da altri soggetti apicali, anche su proposta dell’Organismo di Vigilanza, al quale viene dato mandato di individuare le relative ipotesi e di proporre al CdA le opportune misure preventive.

C I DESTINATARI ED I COMPORTAMENTI DA ASSUMERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITÀ A RISCHIO REATO

C.1 Destinatari

La presente Parte Speciale prevede, a carico degli Esponenti Aziendali, in via diretta, ed a carico dei Collaboratori esterni:

l’obbligo di:

1) tenere comportamenti trasparenti e corretti, assicurando il rispetto delle norme di legge e regolamentari e delle procedure aziendali interne, in tutte le attività finalizzate alla redazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, alla redazione del bilancio, delle relazioni o delle comunicazioni sociali previste dalla legge e, più in generale, di qualunque documento giuridicamente rilevante nel quale si evidenzino elementi economici, patrimoniali e finanziari dell'impresa;

2) conservare la documentazione contabile-amministrativa con precisione e diligenza, consentendone la completa accessibilità da parte delle Funzioni competenti, degli Organi di controllo interno ed in occasione di eventuali verifiche da parte dell'Autorità Pubblica;

3) tenere comportamenti trasparenti e corretti, assicurando il rispetto delle norme di legge e regolamentari nella predisposizione delle operazioni straordinarie relative alla alienazione-cessione di beni aziendali;

4) tenere comportamenti trasparenti e corretti, assicurando il rispetto delle norme di legge e regolamentari nella gestione delle transazioni fiscali;

ed il divieto di:

1) emettere, contabilizzare e conseguentemente inserire nelle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto fatture indirizzate a soggetti diversi dai reali destinatari, ovvero per importi non corrispondenti a quanto descritto nel documento stesso;

5) pagare, contabilizzare e conseguentemente inserire nelle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto fatture o altri documenti per operazioni – anche parzialmente – inesistenti;

6) compiere operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, ovvero avvalendosi di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’Amministrazione finanziaria;

7) occultare, in tutto o in parte, le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione;

8) compiere operazione di alienazione simulata o qualsiasi altro atto fraudolento sui beni della Società idoneo a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva;

9) fornire false indicazioni – in particolare, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi – nell’ambito delle transazioni fiscali.

C.2 Comportamenti da Assumere

Di seguito sono descritte le modalità di attuazione dei principi sopra richiamati in relazione alle diverse aree di rischio ed ai reati presupposto di cui alla presente sezione:

Alterazione, occultamento o distruzione delle scritture contabili
(ipotesi di reato astrattamente a rischio: art. 10 D. Lgs 74/2000)
La Società custodisce in modo corretto ed ordinato le scritture contabili e gli altri documenti di cui sia obbligatoria la conservazione prevista per legge anche ai fini fiscali, approntando difese fisiche e/o informatiche che impediscano eventuali atti di distruzione e/o occultamento. Sono previste diverse procedure per la tenuta dei libri e registri obbligatori ai fini fiscali, civilistici e di controllo interno volta a garantire una corretta annotazione dei fatti rilevanti riguardanti l’attività della Società.

Fatture false
(ipotesi di reato astrattamente a rischio: art. 2, 3 e 8 D. Lgs. 74/2000)
La Società pone in essere una serie di misure idonee ad assicurare che il personale aziendale, nell'ambito delle rispettive competenze, non emetta fatture o rilasci altri documenti per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi di commettere un'evasione fiscale. Sono implementati processi sistemici e predisposte procedure che regolano tutto il processo di emissione delle fatture/note di credito nei confronti dei clienti. La Società si è dotata di una procedura che regola tutti i passaggi relativi all’acquisto di materiali e servizi quali: l’emissione dell’ordine al fornitore, il controllo della ricezione di materiali, il controllo dell’adempimento dei servizi, l’efficacia del processo di contabilizzazione della fattura. Ulteriori attività di controllo volte a mitigare il rischio di operazioni inesistenti sono inoltre costituite da: Analisi dell'Amministratore Delegato e del Consiglio di Amministrazione della bozza di bilancio, della Nota Integrativa e della Relazione sulla gestione.

Cessione o acquisto di cespiti in assenza di contabilizzazione
(ipotesi di reato astrattamente a rischio: art. 11, comma 1°, D. Lgs. 74/2000)
La Società ha adottato una procedura che definisce le responsabilità, il controllo e la documentazione necessarie per la vendita e per l’acquisto e la gestione di beni mobili ed immobili.

Fatture per prestazioni di consulenza inesistenti o di valore nettamente superiore a quello di mercato
(ipotesi di reato astrattamente a rischio: art. 2, D. Lgs. 74/2000)
La Società ha adottato una procedura che definisce le modalità di selezione, incarico, monitoraggio e gestione dei servizi di consulenza. Nessuna attività può essere svolta da un consulente in assenza di un preventivo contratto scritto. Nessun contratto può essere sottoscritto senza la preventiva approvazione, richiesta mediante il modello previsto da procedura disponibile nella Intranet aziendale. Al fine della contabilizzazione e del successivo pagamento delle fatture relative a servizi di consulenza, è necessario che le stesse siano approvate mediante firma da parte delle persone individuate nella specifica procedura aziendale.

Bilancio non corretto e dichiarazioni dei redditi non conformi
(ipotesi di reato astrattamente a rischio: art. 2, 3 e 8 D. Lgs. 74/2000)
La Società ha adottato un set di procedure che regolano il processo di preparazione del bilancio.

Rischi legati ai contenziosi tributari
(ipotesi di reato astrattamente a rischio: art. 11, comma 2°, D. Lgs. 74/2000)
Periodicamente vengono analizzati tutti i contenziosi tributari in essere. Nella valutazione dei conteziosi la Società si avvale, oltre che della propria struttura interna, del supporto di uno Studio di consulenza esterno.

Dichiarazioni non fedeli o fraudolente
(ipotesi di reato astrattamente a rischio: art. 2 e 3 D. Lgs. 74/2000)
Tutte le dichiarazioni fiscali (Unico/770/IVA) sono predisposte sulla base delle istruzioni ministeriali, riflesse di volta in volta all'interno delle istruzioni operative.

La società si avvale del supporto di un consulente esterno per la gestione di tematiche fiscali e di alcuni aspetti contabili. La dichiarazione dei redditi ed il modello 770 sono inoltre sottoscritti dalla società che effettua l'attività di revisione legale dei conti ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 39/2010.

Il sistema di controllo prevede inoltre l’abilitazione all’effettuazione delle scritture contabili nel sistema informatico gestionale solamente per il personale autorizzato destinatario di adeguata formazione nella redazione dei documenti contabili societari e nella definizione delle poste valutative.

D. COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

E’ compito dell’OdV di SIAS:

➢  verificare che siano emanate e aggiornate le istruzioni standardizzate relative agli atteggiamenti da assumere nell’ambito delle Attività sensibili e, in genere, nei comportamenti da tenere nell’ambito dell’emissione delle fatture, nella contabilizzazione delle fatture passive e degli atri documenti di spesa, nella redazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto;

➢  verificare che il Consiglio di Amministrazione adotti efficacemente un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. n. 231/01 al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati tributari;

➢  indicare al Consiglio di Amministrazione, laddove riscontri nella pratica delle carenze, le eventuali necessarie integrazioni ai sistemi di gestione finanziaria già presenti, con l’evidenza degli accorgimenti opportuni a rilevare l’esistenza di eventuali flussi finanziari atipici e connotati da maggiori margini di discrezionalità rispetto a quanto ordinariamente previsto.